lettera al “manifesto” di teresa gennari


Leggo nell'agenda del Manifesto del convegno alla Casa Internazionale delle
donne dal titolo "Ancora un'alba di maltrattamenti e stalking: nuovi
scenari". Vado quindi sul sito della Casa Internazionale e tra i primi
intereventi in scaletta  ne trovo alcuni che mi lasciano allibita. Il primo
intervento sarà della dott.ssa Matone, Capo Gabinetto della min. Carfagna,
che abbiamo avuto modo di ascoltare più e più volte di fronte al plastico
della famosa villetta di Cogne ospite fissa di Bruno Vespa sui delitti di
cronaca più solleticanti nel nostro paese. A seguire interverrà..il Capo
della Squadra Mobile di Roma,  Dott. Vittorio Rizzi, che dovrebbe illustrare
le nuove strategie efficaci (quelle prima  non lo erano o non c'erano
proprio?)  contro la violenza sulle donne. Ci sarà quindi il Ten Colonnello
dei Carabinieri Giorgio Manzi  che illustrerà, bontà sua, le "nuove risposte
ai loro bisogni" dove le bisognose sono le vittime della violenza. Che avrà
mai pensato un tenente colonnello dei bisogni delle vittime di violenza?
Seguiranno workshop con donne in arrivo da tutto il mondo. L'inconto tra
donne da diverse parti del mondo è qualcosa di prezioso. Quello che non
capisco è come si possa nello stesso luogo difendere il diritto delle donne
a non  essere violentate e violate e ospitare CHI tace delle violenze sulle
donne nei CIE (l'ispettore Vittorio Addesso è stato denunciato da due
ragazze nigeriane per tentato stupro e non abbiamo sentito nessuna
istituzione preoccuparsi per le due ragazze all'interno dei campi di
internamento per clandestine/i sballottate in giro per l'Italia come
punizione per il loro coraggio) CHI tace sulla ripetuta istigazione al
silenzio da parte dei militi delle due armi quando una donna va a denunciare
uno stupro o le botte subite dal coniuge (ma si sa al centro del loro
pensiero, istituzionale e personale, c'è la salvaguardia in primis della
sacralità della famiglia).  Da Genova in poi i suddetti militi, usi obbedir
tacendo, hanno sempre dimostrato quanto gli piaccia picchiare
lavoratrici/ori,precarie/i e l'hanno sempre fatto con solerzia e cattiveria
come la scorsa settimana con la caccia nei vicoli dietro la Prefettura di
Roma con  feriti tra i manifestanti.  Chi chiederà conto di queste violenze
al Capo della Squadra Mobile di Roma?  Oppure ci interessiamo solo della
violenza di genere e quella sui corpi di chi lavora e protesta e di chi è
senza lavoro e protesta lo stesso non ci interessa. E intanto ieri in  Val
Susa altro scempio della democrazia, altre botte sui manifestanti! . Ma noi
con chi parliamo?
Teresa Gennari

RU-486 LIBERE DI SCEGLIERE

http://leanarchie.over-blog.net/

fonte immagine:le blog de lea

 

RU-486 LIBERE DI SCEGLIERE

Dopo mesi di polemiche nel luglio 2009 l’Agenzia Italiana per il
Farmaco(AIFA) ha dato il via libera per la commercializzazione in Italia
del Mefegyne, o RU-486, o pillola abortiva. Da febbraio il farmaco sarà
disponibile negli ospedali.
La RU-486 è un farmaco che permette alla donna di abortire senza
sottoporsi ad intervento chirurgico. Inibisce lo sviluppo dell’embrione
causando il distacco, l’eliminazione della mucosa uterina e la dilatazione
del collo dell’utero, con un processo simile a quello delle mestruazioni.

COME FUNZIONA:
In presenza di personale medico, la donna assume da una a tre compresse di
Mifegyne (Mifepristone) entro la settima settimana (49 giorni) dall’inizio
dell’ultima mestruazione.  Poco dopo puo’ rientrare a casa. Dopo due
giorni bisogna sottoporsi ad una visita medica che accerti l’espulsione
del materiale gravidico e quindi l’effettiva interruzione della
gravidanza. Se questa non è avvenuta viene somministrata la prostaglandina
che  induce contrazioni uterine e provoca l’espulsione dei tessuti
embrionali mediante un sanguinamento vaginale (che può durare da 7 a 30
giorni). La donna rimane in osservazione per alcune ore. Circa due
settimane dopo viene effettuata una visita di controllo.
Secondo gli studi effettuati l’interruzione di gravidanza avviene nel
92-99% dei casi con l’assunzione di entrambi i farmaci, nell’80% dei casi
con l’assunzione di solo Mifepristone. Se l’interruzione non fosse
avvenuta sarà necessario sottoporsi all’aspirazione chirurgica.
 
DIFFERENZA ABORTO CHIRURGICO-RU486
Entrambi i metodi sono efficaci e sicuri. In rari casi il medico deve
sconsigliare l’uno o l’altro per ragioni legate alla salute della donna
coinvolta.Esistono pero’ delle differenze riguardanti il periodo entro il
quale la donna si deve decidere e anche riguardanti la percezione dei due
metodi.  L’interruzione farmacologica si offre per le donne che sono
giunte rapidamente alla decisione di interrompere la gravidanza. Le donne
che si decidono piu’ tardi o hanno bisogno di un tempo di riflessione piu’
esteso, devono ricorrere all’intervento chirurgico che viene eseguito
generalmente dopo la 7° settimana.
Con la RU-486 si evita l’intervento chirurgico e l’eventuale anestesia.
Mentre l’operazione dura poco tempo il procedimento della RU-486 dura
almeno 3 giorni.
Le perdite di sangue con l’intervento sono di breve durata e poco
abbondanti mentre con la  RU-486 sono più prolungate.
Con l’intervento chirurgico i dolori prolungati sono rari, mentre con la
RU-486 i dolori addominali possono essere più o meno prolungati.
Con la RU-486 c’è una riduzione dei tempi di attesa negli ospedali e un
miglioramento delle  condizioni per le donne che devono affrontare un
aborto.

ALTROVE:
Molte donne in Europa, dove è commercializzata  da circa 20 anni,
utilizzano la pillola RU486; si tratta di circa il 30% del totale delle
interruzioni di gravidanza. In Francia si eseguono con la Ru486 un terzo
di tutti gli aborti volontari.
Attualmente la RU486 è in uso in tutti i Paesi della Comunità Europea, ad
eccezione di Italia (in cui è in fase di sperimentazione soltanto in
alcune regioni) e Irlanda.

COSA NON E’:
La pillola abortiva non è la pillola del giorno dopo, che viene assunta
entro 72 dal rapporto a rischio e che previene il CONCEPIMENTO ed è quindi
da considerarsi un anticoncezionale d’emergenza (prima si assume, più
probabilità ci sono che faccia effetto).

QUESTIONI CONTROVERSE:
Gli antiabortisti stanno sollevando la polemica sulla obbligatorietà della
"ospedalizzazione" di  almeno tre giorni consecutivi.Dal 2005 in alcune
regioni italiane è  in corso una sperimentazione e tutta questa attività è
 monitorata  dalle relazioni annuali che il Ministero della salute deve
produrre  sull’applicazione della legge 194.

Dopo la sperimentazione il rischio è che venga imposto il ricovero ospedaliero per 3 giorni,
quando la 194 non lo impone. Questo permetterebbe alle aziende ospedaliere,
che non vogliano utilizzare la ru486 di addurre come scusa la mancanza di posti letto.

Altro problema è l’idea di permettere l’utilizzo della pillola alle sole
donne che superano una sorta di test socio-psicologico. Il test
consentirebbe di vietare la pillola per le categorie considerate più a
rischio: le donne che non hanno conoscenze linguistiche adeguate
(straniere da poco in Italia), chi risiede ad oltre un’ora da un ospedale,
chi non ha un’alta tolleranza al dolore, le donne sole o prive di
assistenza, quelle prive di un’auto. È un’ipotesi che tuttavia non potrà
essere imposta, semmai pilotata attraverso protocolli di intesa con le
Regioni.

LA LEGGE 194:
* l’interruzione deve essere effettuata da un medico in  una struttura
ospedaliera pubblica, oppure convenzionata autorizzata, O ANCHE  in un
poliambulatorio pubblico adeguatamente attrezzato (art.8)
* il certificato serve alla donna ad ottenere l’intervento  e, SE
NECESSARIO, il ricovero (art.8).
Quindi in nessuna parte della 194 si parla di obbligo di  ospedalizzazione
per l’Ivg, ma si fa solo riferimento al fatto che della  procedura deve
occuparsene un medico, e all’interno di una struttura  autorizzata a
farlo.
*Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza e’ tenuto a fornire
alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle
nascite, nonche’ a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che
devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignita’ personale
della donna. (art.14)
*La legge prevede, a carico delle Regioni, l’aggiornamento del personale
ospedaliero  "sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose
dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per
l’interruzione della  gravidanza" :
*Le regioni, d’intesa con le universita’ e con gli enti ospedalieri,
promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti
ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui
metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e
sull’uso delle tecniche piu’ moderne, piu’ rispettose dell’integrita’
fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della
gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali
possono partecipare sia il personale sanitario ed esercente le arti
ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le questioni
relative all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto,
ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l’interruzione della
gravidanza. Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le
regioni redigono un programma annuale d’aggiornamento e di informazione
sulla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e
assistenziali esistenti nel territorio regionale.(art.15)

QUINDI?
La RU-486 è un’alternativa a cui abbiamo diritto, dobbiamo essere libere
di scegliere consapevolmente se e come abortire. Dobbiamo avere accesso a
tutte le informazioni e tutte le possibilità per gestire
una gravidanza indesiderata. Non vogliamo essere ostaggio della
disinformazione bigotta e di comportamenti punitivi nei nostri confronti.
Non dobbiamo scontare nessuna pena, non abbiamo nessuna colpa da espiare
col dolore.
Le amministrazioni si dovrebbero preoccupare non tanto di scelte che spettano solo

e unicamente alla donna, ma piuttosto di offrire strutture
che possano prevenire gravidanze indesiderate e sostenere maternità consapevoli.
 
Abbiamo bisogno di luoghi in cui la donna possa trovare le cure e
l’accoglienza necessarie ad affrontare serenamente ogni sua scelta.
E mezzi (casa, reddito, servizi) che sostengano
l’autodetrminazione di tutte e tutti, con o senza permesso di soggiorno.

[Aborto, migrazioni, moratorie] La pazienza ha un limite – Alle coincidenze non crediamo più

Un documento da infoaut.org delle compagne dell’askatasuna e del collettivo femminista rossefuoco. Una bella panoramica sulla situazione attuale della donna in Italia.


E’ stata approvata ieri, 15 luglio, la mozione presentata da Rocco
Buttiglione, presidente dell’UDC, che impegna il governo italiano a
promuovere, con le opportune modalità di presentazione e supporto, una
risoluzione delle Nazioni Unite che condanna l’uso dell’aborto come
strumento di controllo demografico ed afferma il diritto di ogni donna
a non essere costretta o indotta ad abortire, favorendo politiche che
aiutino a rimuovere le cause economiche e sociali dell’aborto,
altrimenti nota come "moratoria internazionale dell’aborto".

Continua a leggere

[Milano] Dal CIE di via Corelli…

 

 

Premessa:
siamo esseri umani simili a voi italiani, l’unica differenza è che
siamo nati in un altro paese povero. Inoltre non abbiamo avuto la
possibilità di metterci in regola per diversi motivi e per avere un
lavoro onesto e in regola. Ciò ci ha spinti a fare dei lavori saltuari
in nero.
Purtroppo una minoranza di noi, per la disperazione e la
fame, hanno commesso per la maggior parte dei piccoli reati ed ha
scontato i suoi sbagli con il carcere.
Tuttavia vi racconto la
situazione pietosa che viviamo in questo luogo maledetto, il quale non
auguro a nessuno, quale che sia la sua nazionalità, nero o bianco.
Siamo qui di tutte le razze, qualcuni non stanno di buona salute e
hanno bisogno di cure a causa del malfunzionamento del centro sanitario
e la carenza di medicinali. Gli alimenti sono insufficienti e
malconditi. Inoltre siamo fuori dal mondo, dato che il giornale non
entra.
L’unico televisore che esiste è coperto da una spessa rete
metallica che rende la vista quasi inpossibile. I bagni sono luridi ed
addirittura per entrare ci vuole una mascherina con la paura di
prendere qualche malattia infettiva. Sapete che ci danno lenzuola di
carta, non quelle normali?
Perché? Vi rispondo io: perché sanno che
alcuni di noi sono arrivati all’estrema disperazione e non vedono l’ora
di farla finire, per dare un taglio a questa sofferenza.
Ognuno di
noi ha la sua storia personale che lo tormenta. Ci sono persone che
hanno i familiari in Italia e non vogliono separarsi. Altri hanno
bambini o fidanzati da cui non vogliono dividersi. Altri, dopo anni di
lavoro, a causa della crisi mondiale, hanno perso il lavoro e adesso
rischiano di essere rimpatriati. Come è possibile
mandare via una persona che ha trascorso metà della sua vita qui in Italia? Che quasi non parla più nella sua
lingua
originale che quella italiana e dopo aver perso i suoi affetti del suo
paese? Sicuramente si sentirà più straniero al suo paese.
C’è una
curiosa storia di un compagno che si trova con noi per essere
rimpatriato. Ha un processo in corso, se fosse rimpatriato sarebbe
condannato per contumacia. Cioè non sarà presente, e questo mi sembra
ingiusto.
Infine passare sei mesi in questo scandaloso e vergognoso
luogo, per ben dirlo, un gulag, è incivile, disumano, in un paese
avanzato come l’Italia.


A NOME DI TUTTI I DETENUTI, O MEGLIO, DI OGNI SEQUESTRATO DEL CENTRO DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE DI VIA CORELLI


milano, 10 luglio 2009

Sordi ad ogni richiamo…[contro il carcere tutti i giorni]

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Sordi al richiamo della Costituzione,
sordi a qualsiasi forma e sostanza di buon senso. Lo abbiamo più volte ribadito:
le carceri sono diventate discariche dove rinchiudere esseri umani indesiderati.
Adesso si aggiungono anche i così detti clandestini colpevoli, a dire del
governo, di essere privi di documenti… Nulla importa se non hanno commesso
alcun reato e se cercano solo un posto dove sopravvivere. Sicurezza non è
garanzia di lavoro, garanzia di assistenza sanitaria, di educazione scolastica,
diritto ad una vita dignitosa e non pura sopravvivenza. Sicurezza è solo, per
coloro che vivono nell’agio dei Palazzi di potere, repressione e reclusione.
Senza sconti, senza possibilità di ricostruirsi una vita, senza affettività,
senza progetti per il futuro. 
Adesso con il così detto "pacchetto
sicurezza", con il reato di clandestinità, limitando la possibilità di usufruire
dei benefici o di misure alternative alla custodia cautelare (con la scusa,
infatti, di assicurare il carcere a coloro che commettono l’infame reato dello
stupro hanno escluso da quella possibilità tanti imputati di vari
altri 
reati) le carceri sono rigonfie di persone (perché di persone si
tratta!) sempre più stipate.
Così per noi sarà sempre più ridotta la
possibilità di lavorare e, forse è bene ricordare che il carcere, la detenzione,
costa. Senza soldi in carcere non si vive. I costi di qualsiasi prodotto sono
ben più elevati 
di quelli esterni dato che, a differenza dei consumatori che
sono fuori da queste mura, noi detenuti-clienti non possiamo "punire" il
commerciante di turno privandolo dei nostri acquisti e/o rivolgendoci ad altri.
Come dire: chi lucra sui detenuti non teme concorrenza! A ciò si aggiunga che lo
stipendio mensile di un detenuto lavorante è chiamato "mercede" (termine
medioevale) che rispecchia esattamente la realtà retributiva: una miseria
regolata da non si sa quale contratto sindacale! E adesso siamo al colmo! Per
rendere più "sicura" la società vogliono costruire ancora più carceri e così si
è pensato bene di far pagare gli stessi detenuti recuperando i soldi necessari a
questi 
"grandiosi progetti edilizi" dalla Cassa delle Ammende. Una tassa che
viene prelevata dalle nostre "mercedi" (se definitivi e lavoranti) e fino ad
oggi utilizzata per progetti di reinserimento dei detenuti. Di fatto la Gozzini
è tecnicamente cancellata. Al di là da qualsiasi ipocrisia democratica è lo
stesso articolo 27 della Costituzione che 
viene totalmente beffeggiato!
Niente benefici, alcun programma di formazione lavorativa, nessuna prospettiva
di riprendere il filo di una vita sospesa. Solo la cinica ironia per noi
detenuti di rivendicare la nostra partecipazione economica per ogni mattoncino
del nuovo braccio, che conterrà decine di nuovi reclusi. E poi c’è da sperare
che i reclusi non siano minori di anni tre! Altra aberrazione di questo sistema.
Tutti si scandalizzano nessuno fa’ nulla di concreto oltre che blaterare false
promesse per la soluzione di questa ignobile situazione. Però il ministro della
Giustizia con evidente soddisfazione su qualche TG annuncia che il 41 bis,
strumento di tortura (e non perché lo diciamo noi detenuti ma così definito in
varie sedi istituzionali europee e da varie associazioni per i diritti umani),
prolungato per quattro anni (!!!), sarà anche più duro. Nel 41 bis non ci sono
solo i nomi famosi, sempre sbattuti in prima pagina come giustificazione della
tortura applicata in cotanto democratico Paese; a regime 41 bis ci sono persone
che vivono come fantasmi murati… Privati non solo di qualsiasi 
relazione
affettiva (almeno che non si ritenga che un’ora di colloquio e 10 m di
telefonata mensile possano anche lontanamente servire a mantenerla ) ma a
restrizioni assurde che nulla hanno a che fare con la pericolosità sociale (una
sola doccia al giorno anche durante l’enorme calura, nessun pacco alimentare né
possibilità di cucinare).
Ci dicono sempre che non è il momento, che nessuno
è interessato ai diritti delle persone detenute, eppure vogliamo continuare a
farci sentire sapendo bene che le nostre voci, da sole, possono ben poco, se non
riusciamo a sensibilizzare coloro che sono fuori da queste mura. Per questo e
tanto altro abbiamo deciso di procedere con una forma di protesta pacifica che
consisterà nella rinuncia agli acquisti tramite "domandina" e "sopravvitto" (dal
10 al 19 luglio) e a una battitura giornaliera (dalle 15 alle 15,30) dal 10 al
15 luglio.
Roma, 10 luglio 2009
Detenute della Sezione di Alta
Sicurezza di Rebibbia Roma

Roma – Protesta nel carcere di Rebibbia, Comunicato del reparto Camerotti

PROTESTA NEL CARCERE DI REBIBBIA

Le sottoscritte detenute, attualmente ristrette presso la c.c. femminile di Rebibbia ed ubicate nel reparto ubicotti, informano che a partire dal 12 luglio fino al 19 luglio dalle 6 alle 6.30, dalle 15 alle 15,30, e dalle 21 alle 22 inizieranno una protesta con battitura ed astensione parziale della spesa del sopravitto ad esclusione di generi di prima necessità . Le motivazioni e richieste della protesta sono le seguenti:

1 COLLOQUI: si richiede l’abolizione dell’alternanza dei colloqui del sabato, causa sovraffollamento. Alla consegna del pacco si richiede la separazione tra indumenti e generi alimentari. Si richiede una maggior elasticità da parte degli agenti per agevolare i rapporti tra detenute e famigliari. Si richiede di autorizzare un distributore automatico con ogni genere alimentare da consumare durante il colloquio.

2 SPESA: non viene distribuita regolarmente. I prezzi del sopravvitto sono eccesivi.

3 OPERATORI ESTERNI ED INTERNI: educatore e psicologo non effettuano regolarmente colloqui con le detenute, poiché sono sempre assenti

4 MEDICINALI E SANITA’: mancanza di medicinali specifici, terapie somministrate con orari irregolari. Visite mediche insufficienti o inesistenti. Nessun rispetto dell’igiene, ad esempio lamette in comune e senza controllo da parte della gente al momento della consegna, docce sporche, senza porte, otturate e senza acqua calda, idem per quanto riguarda i lavandini

5 ATTIVITA’ ESTIVE: nessuna attività ricreativa durante il periodo estivo; si richiede l’apertura della biblioteca almeno una volta alla settimana

6 MATERIALE VARIO: mancanza di buste con manici. Mancanza di prodotti disinfettanti e assorbenti. Mancanza di attrezzi da palestra. Ascensore continuamente guasto il che comporta grandi problemi per la distribuzione del vitto e della spesa. Si richiede la possibilità di usufruire del ferro da stiro tutti i giorni. Mancanza del kit di pronto intervento su tutti i posti di lavoro

7 VAGLIA E SVINCOLO: tempo di attesa troppo lungo

8 BAMBINI: inammissibilità dei bambini nelle sezioni che non possono accoglierli

9 RAPPORTI DISCIPLINARI: vengono inflitti con troppa facilità, isolamenti ingiustificati

10 SUSSIDIO MINISTERIALE: carenza di lavoro e sostegno per coloro che non usufruiscono dei colloqui. Mancanza della retribuzione per i corsi scolastici.

11 DIGITALE TERRESTRE: si richiede l’ installazione del ricevitore terrestre

12 RACCOLTA DIFFERENZIATA: si richiede di poter effettuare la raccolta differenziata per batterie e plastica

13 MISURE CAUTELARI ALTERNATIVE: i giudici non concedono misure alternative alla detenzione carceraria.

14 SOVRAFFOLLAMENTO: il reparto camerotti prevede tre piani di 15 celle da tre detenute per un totale di 115, attualmente ne ospita 182

15 AMNISTIA: questa protesta si rivolge anche alle istituzioni affinché concedano l’amnistia considerando che sono tantissimi anni che non viene data

Roma 06/07/2209 firme delle 182 detenute del reparto camerotti

PRESIDIO DAVANTI AL CIE DI PONTE GALERIA

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GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2009, DALLE ORE 16.30

Nelle giornate in cui si svolgerà il G8 vogliamo stare a Ponte Galeria,

 mentre i cosiddetti “grandi della terra” saranno nascosti dentro una caserma

 a parlare della crisi. I governi del mondo chiamano a gran voce la libera circolazione 

delle merci e dei capitali, pretendendo di fermare e controllare i flussi migratori, 

mentre l'unica possibilità di movimento concessa alle persone sembra essere quella legata 

al mercato del turismo o allo sfruttamento del lavoro. 

Respingimenti, politiche securitarie e detenzioni indiscriminate sembrano essere le uniche 

risposte che i cosiddetti paesi industrializzati sono intenzionati a praticare per fronteggiare

 questa crisi economica e sociale che hanno contribuito a creare.

Vogliamo stare a Ponte Galeria perché nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione) 

finiscono persone rastrellate per strada mentre tornano a casa dopo una giornata 

di lavoro sottopagato, mentre fanno la fila per rinnovare il permesso di soggiorno, 

oppure mentre aspettano un amico per uscire la sera. 

Puoi aver lavorato per vent'anni in Italia, puoi essere nata o nato qui, 

ed essere recluso solo perché non hai il permesso di soggiorno.

All'interno dei CIE viene quotidianamente calpestata la dignità umana. 

Non è garantita l'assistenza igienico-sanitaria: spesso manca l'acqua calda,

 non c'è ricambio di asciugamani e le persone dormono su lenzuoli usa e getta 

che sono costrette ad utilizzare per settimane. 

Ogni persona ha diritto a un solo litro d'acqua al giorno, anche nei periodi più caldi. 

Molto spesso le persone detenute vengono imbottite di psicofarmaci, 

cosa che ha portato a collassi fisici, mentre viene rifiutata la possibilità di farsi

 visitare da un medico. Persone affette da malattie contagiose vengono lasciate a

contatto con le altre, aumentando il rischio di epidemie, nell'indifferenza del personale

 sanitario e delle forze di polizia.

Chi è detenuto denuncia una carenza di comunicazione pressoché totale e le poche 

informazioni che sono disponibili non vengono tradotte nelle diverse lingue. 

L'assistenza legale minima non è garantita. 

Le decisioni sulla detenzione e sulle espulsioni sono affidate ad avvocati civilisti

 e giudici di pace, che non hanno le competenze necessarie per gestire i casi che si trovano

 di fronte.Pestaggi e abusi da parte della polizia e della Croce Rossa 

(che gestisce il CIE di Ponte Galeria) sono all'ordine del giorno e chiunque si trovi 

a protestare subisce violenze fisiche e intimidazioni. 

Solo a Ponte Galeria negli ultimi tre mesi si sono registrate due morti: Salah Soudani, 

morto in circostanze poco chiare dopo che il personale sanitario ha rifiutato di fornirgli 

l’assistenza medica, e Nabruka Mimuni, che viveva in Italia da trent'anni e che, 

dopo aver ripetutamente minacciato di togliersi la vita piuttosto che essere rimpatriata, 

è stata lasciata in balia del proprio destino.

Non è pensabile che persone che hanno scelto di andarsene dal proprio paese d’origine, 

mettendo spesso a rischio la propria vita per costruirsi un futuro migliore, 

o per fuggire da un presente di oppressione, si trovino ad essere rinchiuse in un lager di stato.

La clandestinità non é un reato, ma una condizione imposta da politiche razziste, xenofobe,

 basate sullo sfruttamento. Noi non ci consideriamo “italiani” o stranieri ma siamo tutti e 

tutte abitanti del mondo.Reclamiamo la libertà di movimento di tutte e tutti.

Vogliamo la chiusura di tutti i Centri di Identificazione ed Espulsione.

Rifiutiamo la società dei recinti e delle frontiere.

GIOVEDÌ 9 LUGLIO, DALLE ORE 16.30

PRESIDIO A PONTE GALERIA: MUSICA, VOCI, PAROLE.

Portiamo tutta la nostra creatività, la nostra rabbia e la nostra forza davanti a quelle mura.

L'appuntamento è nel parcheggio della fermata "Fiera di Roma" del trenino per 

Fiumicino aeroporto(Via Gaetano Rolli Lorenzini angolo Via Cesare Chiodi).

Other languages: Continua a leggere

Incontro internazionale per la libera circolazione delle persone: lotte contro i CPT, CIE, e frontiere.

Barcellona 1-4 Ottobre

L’esistenza delle frontiere implica la necessità di trasgredirle.

E’ importante problematizzare lo spazio dal quale si parla, la Fortezza Europa, fondata e rifondata attraverso secoli di politica colonialista, che ridefinisce la repressione di una forma selettiva, inseguendo e penalizzando la libera circolazione delle persone, trasformando ad alcuni in produttori sotto controllo e altri in “illegali”, inseguiti e rinchiusi.

Per la sua ridefinizione, la Fortezza Europa crea fronti di guerra, territori militarizzati; sviluppa tecnologie di controllo sociale ogni volta più sofisticate; incentiva la figura del nemico interno, controllato, scovato , eliminato e deportato; criminalizza atti di solidarietà con gli immigrati, ed estende un rete di lager che, mediante la complicità e la collaborazione dei paesi di origine degli immigrati, inizia molto prima di arrivare alle frontiere e si estende per tutta la Unione Europea.

La definizione dell’altro è fondamentale per la gestione della guerra capitalista, è il nemico necessario. Gli stessi che sfruttano gli immigrati, formano i vari secondini di turno, mentre i mezzi di comunicazione massiva non smettono di propagandare messaggi di un razzismo protetto e “politicamente corretto”, che la popolazione accetta attraverso il discorso del multiculturalismo e quando no, attraverso la paura dell’insicurezza, creando la figura del cittadino sbirro che denuncia e collabora con il meccanismo dell’espulsione.

Le forme di controllo, oggi, convergono verso un modello unico ogni volta sempre più repressivo e totalitario. Questo sistema impone delle condizioni che ai migranti e ai reclusi non lasciano altra alternativa che lo scontro e la ribellione. A Ceuta e Melilla centinaia di “sin papeles” si sono uniti per assaltare le frontiere dello stato Spagnolo. A Lampedusa (Italia), a Vincennes (Francia), a Patras (Grecia), a Steenokkerzeel (Belgio) e in molti altri luoghi sono stati gli stessi detenuti che si sono ribellati e organizzati per bruciare le proprie strutture di reclusione. Conseguentemente a questi fatti, compagni con o senza permesso di soggiorno, ci siamo mobilizzati di fronte alle frontiere e ai lager di stato, realizzando azioni, campagne e lotte autorganizzate in distinti paesi.

Per questo sentiamo l’ urgenza di condividere esperienze di lotta e abbiamo deciso di convocare un incontro internazionale di discussione e dibattiti. Vi invitiamo a condividere le vostre idee, tattiche ed esperienze, e a discutere proposte di strategie future durante le giornate dal 1 al 4 ottobre.

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RESPINGIAMO IL PACCHETTO SICUREZZA!

Your sexiest photo


 

 

GIOVEDÌ 25 GIUGNO, ORE 18.00
ASSEMBLEA PUBBLICA IN PIAZZA DELLA MARRANELLA

Dopo mesi di discussioni, rinvii e voti di fiducia che hanno ignorato
ogni forma di protesta, il governo Berlusconi si appresta ad approvare
definitivamente in senato il disegno di legge 733, noto come "pacchetto
sicurezza": una legge che nega i diritti fondamentali delle persone,
siano esse migranti che native.

Il pacchetto introduce il reato d’ingresso e
soggiorno illegale, che colpisce le persone migranti, cancellando il
loro diritto a esistere, all’assistenza sanitaria, all’istruzione e
alla casa. Se il ddl sarà approvato, chi è senza permesso di soggiorno
non potrà più ricevere cure mediche, riconoscere figlie e figli alla
nascita, sposarsi o inviare i soldi a casa.

Si introducono le ronde mentre in nome del "decoro
urbano" continuano gli sgomberi e la ghettizzazione degli insediamenti
rom e le aggressioni di stampo razzista e xenofobo. Le ordinanze dei
sindaci limitano il diritto a incontrarsi nei parchi e nei luoghi
pubblici o a manifestare per le strade e nelle università.

Prima ancora di essere approvato, il pacchetto
sicurezza ha già ucciso: dalla donna incinta morta dissanguata a Bari
per la paura di essere denunciata in ospedale, alle persone morte nei
CIE (centri di identificazione ed espulsione) per le violenze, perché
non ricevono un’assistenza sanitaria adeguata o per la disperazione di
vedersi consegnare un decreto di espulsione, che significa essere
rispedite/i in luoghi di conflitto o nelle carceri libiche, spesso dopo
aver vissuto e lavorato duramente e senza diritti per molti anni nel
nostro paese.

Ma c’è una parte della società che in questi mesi ha
espresso nei modi più disparati il proprio dissenso: medici e
insegnanti, migranti, rifugiati/e e richiedenti asilo, scuole
d’italiano, donne, femministe e lesbiche, gay e trans, studenti e
occupanti di casa, singoli/e e associazioni vogliono respingere al
mittente il pacchetto sicurezza e le politiche razziste di questo
governo. A Roma, come in molte altre città italiane, si sono
moltiplicate le iniziative che hanno denunciato con forza le condizioni
di vita nei CIE e la brutalità delle politiche dei respingimenti,
protestando contro una legge che, dietro una falsa esigenza di
sicurezza, nasconde la chiara volontà politica di gestire in maniera
repressiva la crisi che stiamo vivendo.

Crediamo che sia necessario sentirsi tutte e tutti
coinvolti in quanto sta accadendo, creare spazi di dibattito sempre più
ampi e moltiplicare le iniziative di protesta in ogni città, a partire
dalle giornate di discussione e approvazione del pacchetto sicurezza.

Vogliamo prendere la parola, per lottare insieme,
italiane/i e migranti, a partire dai nostri territori, perché
desideriamo una società aperta all’incontro tra tutte le differenze,
perché l’unica sicurezza che vogliamo è libertà e diritti per tutte e
tutti!

  • Per coordinarci e organizzare momenti di denuncia pubblica sulle norme razziste del pacchetto sicurezza, nella giornata di martedì 30 giugno, nelle modalità che ognuna/o deciderà di mettere in pratica;

  • per dire che noi non siamo spie, che noi non denunciamo, che l’unica
    cosa che respingiamo è il pacchetto sicurezza e che saremo davanti al
    senato mercoledì 1° luglio, durante la discussione del ddl 733, per gridare forte la nostra rabbia;

  • per costruire insieme una mobilitazione nazionale contro i lager che chiamano CIE e il razzismo di Stato nel prossimo autunno;

la Rete contro il pacchetto sicurezza invita tutte e tutti a partecipare a un momento di incontro pubblico: giovedì 25 giugno, alle ore 18.00,
in piazza della Marranella, nel quartiere di Torpignattara, dove
convivono tanti/e cittadini/e del mondo e dove il razzismo
istituzionale sta tentando di alimentare l’odio per la diversità e la
guerra tra poveri/e.

RETE CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA
http://nopacchettosicurezza.noblogs.org
pacchettosicurezza@anche.no