Se toccano una toccano tutte!

ciriguarda tutte

TOCCANO UNA TOCCANO TUTTE

Il 6 dicembre inizia il processo d’appello contro il miliare stupratore dell’Aquila.

Il 12 febbraio 2012, in una discoteca di Pizzoli (L’Aquila), una giovane donna di 20 anni è stata stuprata e ridotta in fin di vita.
Per questa violenza è stato processato Francesco Tuccia, un militare in servizio all’Aquila nel quadro dell’operazione “Strade Sicure”, inaugurata nel 2008 e imposta a L’Aquila nel dopo terremoto. Con lui quella sera c’erano altri 2 militari, mai indagati né ascoltati , uno, figlio di un vice commissario e l’altro, nipote di un magistrato.
La ragazza è stata ridotta in fin di vita e le sono state procurate lesioni gravissime e permanenti.

Il 18 ottobre 2012 a l’Aquila si è aperto il processo, svoltosi a porte chiuse.
Quel giorno eravamo lì al tribunale de L’Aquila. Abbiamo presidiato quel tribunale ogni volta per dire che la violenza contro le donne, agita da uomini, con o senza divisa, ci riguarda tutte. Uomini, militari. La divisa è solo l’ulteriore aggravante.
Abbiamo presidiato quel tribunale perché una di noi è lì e non vogliamo lasciarla sola, in una dinamica processuale che si rivela sempre e comunque contro di noi, perché è parte di un sistema che usa, sfrutta e violenta le donne per autoriprodursi.
Con l’udienza del 31 gennaio 2013 si è concluso il primo grado del processo con una sentenza di condanna a 8 anni per violenza sessuale e lesioni gravi.
Ad oggi, Tuccia, ai domiciliari dai primi di giugno senza alcuna restrizione, sta lavorando presso una associazione in quel di Altavilla Irpinia (provincia di Avellino), suo luogo di origine.
La corte d’appello ha stabilito per il 6 dicembre 2013 l’inizio delle udienze di appello.

Tante sono le connivenze, gli intrecci e le protezioni reciproche in questa “vicenda”, sul piano politico e non solo. Tante sono le domande, sul “non coinvolgimento” degli altri 2 militari lì con Tuccia quella notte, sui “molteplici ruoli” degli avvocati di Tuccia sul territorio aquilano e non solo e sulle responsabilità di quello che è successo all’interno dell’ospedale la notte in cui la ragazza è stata portata lì.
Tante e complesse sono le riflessioni scaturite a partire da noi. E proprio perché non crediamo nella giustizia dei tribunali, ma crediamo e pratichiamo la vicinanza e la solidarietà tra donne, e sappiamo e riconosciamo che la forza delle donne, dentro e fuori i tribunali, ovunque, viene da noi stesse e dalle relazioni con le altre, stiamo continuando a costruire un percorso di riflessione e lotta!
militariallaquila@anche.no