COMUNICATO STAMPA ALL REDS RUGBY ROMA

Ci troviamo con rabbia a commentare il video trasmesso ieri sera dal TG3 e
comparso in rete il 29 agosto scorso, stesso giorno in cui, a San Paolo,
Fabio è stato accoltellato poco dopo la fine della giornata in memoria di
Renato Biagetti.
Renato è stato ucciso due anni fa a Focene, mentre usciva da una festa, da
2 ragazzi vicini agli ambienti della destra estrema. Anche il recente
agguato è opera di “estremisti di destra” per usare le parole del
sindaco, il quale ha condannato l’azione squadrista di pochi giorni fa ed
espresso solidarietà ai ragazzi aggrediti.
In questo caso la scelta della vittima potrebbe non essere stata casuale,
visto che nel gruppo di amici che ha subito l’aggressione è stato
accoltellato proprio chi aveva chiuso la manifestazione con un discorso dal
palco. Per fortuna, Fabio potrà guarire.
Le istituzioni e la cittadinanza romana non possono tollerare il ritorno
dello squadrismo che riemerge dagli anni più vergognosi del nostro
passato.
Abbiamo tutti problemi reali da affrontare: il costo dell’abitare, il
caro vita, la precarietà, la possibilità di fare sport, di fare musica,
di studiare. Continueremo a farlo. Dovremo farlo tutti, noi che a Roma
viviamo, lavoriamo, studiamo.
Quegli aggressori, invece, vogliono impedirlo. Per questo vorrebbero essere
chiamati "fascisti", oppure "nazional-socialisti". Di sicuro sono vili
canaglie.
Da questo ambiente deriva il video, mandato in onda dal TG3, che mostrava
l’azione di intimidazione compiuta da squadristi fuorilegge durante una
gara ufficiale verso noi All Reds Rugby Roma, squadra ospite, ma anche nei
riguardi della società che ospitava l’incontro e del rugby italiano. In
questo filmato vengono perpetrati insulti, minacce e diffamazioni a nostro
carico ed affermazioni revisioniste che infangano la memoria storica del
nostro paese. Tutto ciò dimostra la premeditazione e lo scopo "politico"
di quell’azione ma ne rende solo in parte tutto  il suo carattere
intimidatorio e violento.
Dimostra, inoltre, la volontà di fornire un esempio, un modo di
comportarsi assolutamente estraneo e contrario allo spirito e alla realtà
del rugby. Uno spirito a cui gli All Reds si sono sempre ispirati,
immaginando e considerando questo sport come un sano veicolo di
aggregazione, crescita e socialità, e che ci ha permesso di creare un
legame di leale e reciproco rispetto e agonismo con tutte le realtà
rugbistiche laziali.
Chiediamo che la FIR condanni pubblicamente, formalmente e chiaramente
l’azione ed i suoi autori e che, con questo, chiarisca se intende tollerare
o meno che tali personaggi continuino a minare lo spirito e la pratica di
questo nobile sport.
Chiediamo inoltre a tutti e a tutte, ai cittadini, alle associazioni
democratiche, alle istituzioni, alle società sportive, ai giocatori, agli
appassionati, di isolare e condannare quelle azioni e quelle persone che
nulla possono e devono avere a che fare con il nostro mondo.

Aggressione fascista dopo i concerti per Renato

AGGREDITI 3 COMPAGNI, ACCOLTELLATO COMPAGNO DEL L38 SQUAT

Alle 4,30 della notte del 30 Agosto di ritorno dall’iniziativa al parco di San Paolo, che dal pomeriggio aveva visto partecipare migliaia di persone e che ha ricordato la vile aggressione che porto’ alla morte di Renato Biagietti all’uscita della festa reggae sulla spiaggia di Focene, con coltelli e bastoni circa 10 topi di fogna hanno atteso nascosti nel buio che tutti fossero andati via per colpire alle spalle quattro compagni isolati che tornavano alle macchine.
Il primo atto dell’aggressione è stata una serie di coltellate alla gamba da dietro senza provocazione e senza dire una parola alla pronta reazione dei compagni gli infami sono scappati.
Questo gesto evidentemente vuole rivendicare politicamente la matrice infame e fascista e la vile pratica della lama dell’omicidio di Renato.
Il nostro affetto e la nostra rabbia ai nostri compagni aggrediti, con Renato nel cuore.

NIENTE RESTERA’ IMPUNITO!

L38 SQUAT
Indymedia Roma

Con rabbia e con amore

Con Renato nel cuore,
ma anche per Carlo, Dax, Federico e Nicola che sono Ognuno di Noi
Venerdì 29 agosto 08 
dalle 18 alle 24
Parco della Basilica di San Paolo
Via Ostiense, Roma. 
 
Due anni senza il sorriso di Renato. 
Sono passati ormai 2 anni da quando , il 27 agosto del 2006, Renato,

uscendo da una dance hall reggae sulla spiaggia di Focene, insieme alla sua

fidanzata e al suo amico Paolo, fu aggredito da due giovani scesi dalla

loro auto coltelli alla mano. 

Gli urlarono di tornare a casa, che quello non era il loro territorio.

Colpirono Renato che, a 26 anni, morì poche ore dopo in ospedale.

Nella disperazione di quei giorni i familiari, gli amici e i compagni si

trovano a spiegare una scomoda verità: chi esce di casa armato di coltello

per colpire chiunque possa essere considerato diverso, altro, di colore,

gay, di sinistra, è un fascista. Che solo a Roma, nell’anno precedente

c’erano state più di 130 aggressioni di matrice fascista.

Oggi, che sono passati quasi 2 anni, si apre il processo per l’imputato

minorenne. Il PM sostiene che Renato sia stato ucciso al termine di

“banale diverbio degenerato per futili motivi”, e così lo uccidono una

seconda volta.
madrixromacittaperta 
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Libertà e solidarietà per gli/le antifascisti/e

antifuck

 

In Italia come in Germania gli/le antifascisti/e continuano ad essere
perseguitati/e e incarcerati/e.
Andrea Neff è una compagna rinchiusa attualmente nella prigione di Pankow
a Berlino. É stata condannata a 14 mesi di detenzione per una serie di
accuse abbastanza pretestuose come aver distribuito dei volantini contro un
CPT presso i loro uffici amministrativi, per essere stata fermata con delle
uova con del pepe irritante durante una manifestazione antifascista, per
essere stata fermata con del pepper-spray (legale in Germania) in un
villaggio della Baviera dove nei pressi si teneva un raduno di vecchi
gerarchi delle SS hitleriane e infine per avere fatto un occupazione di
qualche ora in una casa abbandonata.
Christian Sümmermann è perseguitato da parecchio tempo dallo stato
tedesco per il suo attivismo antifascista e anche lui sta scontando in
questi mesi la sua condanna nelle galere tedesche. Christian ha subito un
processo con modalità antiterrorismo quando invece doveva rispondere
solamente di aver collaborato alla costruzione di una barricata con
cassonetti ed un’auto rovesciata per bloccare un corteo neonazista a
Berlino.

Entrambi subiscono un regime carcerario estremamente duro che impone
restrizioni economiche, impedimenti sulle visite e nella comunicazione con
l’esterno, arrivando fino alla violazione dei diritti umani elementari
negando a Christian i medicinali e le cure necessarie e indispensabili a
combattere l’epatite c da cui è affetto.
Il 19 giugno è il compleanno di Christian e per questa data è stata
indetta una giornata di mobilitazione internazionale per richiedere che
possa usufruire dei benefici garantiti dalla legge tedesca e tornare libero
allo scadere dei 2/3 della pena (ad agosto 2008).

Giovedì 19 giugno ore 10 saremo davanti all’ambasciata tedesca di Roma
(Via S. martino della Battaglia,4) con un sit-in per richiedere la
liberazione degli e delle antifascisti/e.

La nostra solidarietà va a Emiliano, compagno dell’Università, che sta
ancora agli arresti per essersi difeso dall’aggressione dei fascisti di
Forza Nuova all’Università La Sapienza.

Libertà per Christian, Andrea ed Emiliano Liberi/e tutti/e

Gruppo di solidarietà con Andrea e Christian di Roma

 

Lettera aperta al movimento lgt antifascista e al movimento antifascista tutto

di  
Graziella Bertozzo

Il nostro paese sta accelerando la corsa verso una compiuta forma di
fascismo: credo che ci sia bisogno di una risposta immediata.

E spiego subito chi, secondo me, è responsabile dell’introduzione del
fascismo in un paese, della produzione di pogrom, dell’omicidio di vittime
innocenti: è responsabile il piccolo o grande dittatore di turno, ma anche i
suoi ministri-fantoccio; è responsabile il generale che ordina di uccidere
ma anche il soldato che esegue quell’ordine, è responsabile il picchiatore
che uccide un ragazzo per strada, ma anche chi si volta dall’altra parte. E’
responsabile quel veronese che in autobus grida "vicino a sto negro no me
sento" (trad: non mi siedo), ma anche chi non interviene e non si
scandalizza (episodio raccontato dai compagni  di scuola di uno degli
assassini veronesi di Nicola).

Credo che tutti/e noi che ci definiamo antifascisti/e, ma – a maggior
ragione – il movimento lgt,  avremmo dovuto inorridire e denunciare il
nazismo, l’orrore, la violenza che trasudavano dalle foto delle trans e
delle ragazze rincorse fra gli sterpi dai poliziotti e insultate da una
folla di teppisti l’altro giorno a Roma.  Oppure togliamo il "t" dalla
sigla, visto quanto siamo stati/e bravi/e ad assumerci una scena che troppo
da vicino ricorda le foto dei nazisti all’opera nei primi anni 40.

Ero a Verona, sabato 17 maggio, e anche a me, seppure lesbica, ha dato noia
che l’arcigay pensasse di essere parte di uno spezzone glbt che invece non c’era
proprio.

Quella era una manifestazione che voleva denunciare che il tiro si era
alzato, che ad essere colpiti/e non erano più solo i/le migranti, i/le rom,
i/le trans, le lesbiche, i gay. Che voleva dire che a Verona – laboratorio
di destra – il fascismo aveva già alzato il tiro e aveva ucciso un ragazzo
qualsiasi. Prima ancora che lesbica io a Verona volevo essere una donna, una
qualsiasi donna: solo come tale posso porre il mio corpo contro la barbarie
che ci apprestiamo a vivere. Io a Verona non ero la lesbica Graziella, io a
Verona ero Nicola, perché lo avevo preso sul serio lo striscione di
apertura.

A Verona nel ’95, con il Comitato "Alziamo la testa", contribuii ad
organizzare una precedente manifestazione per denunciare l’attacco fascista
contro gay e lesbiche portato avanti da quell’amministrazione di destra,
molto simile all’attuale. Fin da subito abbiamo avuto chiara una cosa: che
alla barbarie non saremmo bastati/e noi, non sarebbe bastata la scomparsa
delle lesbiche, dei gay, dei/delle trans da Verona e dal mondo.

Fin da allora avemmo chiaro che la battaglia prioritaria avrebbe dovuto
essere per il diritto di tutti/e a non essere linciati/e da quella folla
inferocita che alcuni/e di noi avevano e avrebbero visto da vicino, istigata
da inviti all’omicidio pronunciati in consiglio comunale, che solo con una
battaglia politica generale avremo potuto cercare di salvare la nostra
dignità, la nostra autodeterminazione, la nostra stessa vita. E la linea di
demarcazione oggi sta lì: l’orrore nazista del secolo scorso ci insegue da
vicino, e mie/i/* compagni/e di percorso politico possono essere solo coloro
che non temo si trasformino domani in una folla che mi vuol linciare o in
una folla che si gira dall’altra parte.

Non importa di quale delle due folle si fa parte: il fascismo ha bisogno di
entrambe per vincere, e oggi, in Italia, le sta trovando. Purtroppo anche in
quello che si definisce movimento lgt che, mi spiace dirlo, ma di fronte a
quelle trans con la pelle strappata dai rovi, con le mani dei poliziotti
addosso, con la folla che godeva del loro dolore, rischia di girarsi dall’altra
parte.

Me compresa, in un assurdo tentativo di nasconderci nella folla che non
vede. Perché è troppo doloroso, o perché non siamo stati/e noi – in quel
momento – ad essere alla gogna.

Da più parti si invita il movimento lgt al pragmatismo, alla ricerca del
dialogo, anche con rappresentanti delle istituzioni che si ispirano ad
ideologie fasciste. So di non sembrare pragmatica, eppure credo di esserlo,
e molto. Ma il pragmatismo e il dialogo sono utilizzabili in un contesto
civile, mentre quello che vedo oggi è tutto fuorché civile. E allora le
pragmatiche operazioni di giocarsi visibilità nelle manifestazioni o sui
media (cosa che anch’io in altri tempi ho fatto) oggi mi sembrano ridicole
di fronte a quanto sta avvenendo. E ridicolo mi sembra un "movimento lgt"
che invita Alemanno al cinema o la Carfagna ai pride e che vorrebbe
spiegarle cos’è la discriminazione, o che scherza sull’abbigliamento che ci
viene richiesto, e intanto lascia sole quelle persone di fronte alla folla.

Non mi importa parlare alla Carfagna, vorrei tanto – invece – trovare parole
per quelle trans, per quelle ragazze, e trovarle con voi, a cui scrivo
questa lettera aperta. Vorrei ricordare che quelle sono – come noi – le
compagne di strada di cui ci ha lungamente parlato Ornella Serpa, la cui
morte abbiamo pianto solo pochi giorni fa.

Tutti/e al pride con un bel triangolo rosa, ma non messo da noi, messo da
loro. Ma per 365 giorni all’anno, quel triangolo, e non tutti/e in gruppo,
ma nei nostri paesi, nelle nostre città, sul posto di lavoro. Come le trans
trascinate via a Roma e fotografate come un trofeo. Questo è quello che
rischiamo.

Un pride incosciente di tutto ciò può essere solo una dichiarazione di
incapacità politica di rispondere a quanto sta avvenendo, una regressione
all’epoca pre-movimento lgt.

L’imbarazzo che ho provato di fronte alla promozione del pride con tono
festaiolo nella circostanza veronese è qualcosa di più di semplice
imbarazzo: è la paura di perdere dignità e autorevolezza come movimento glt
di fronte a quelle poche realtà rimaste dalla nostra parte. Non dalla parte
lgt, ma dalla parte della dignità umana, della civiltà, della laicità, del
rispetto, dell’autodeterminazione.

E’ la paura che dimostrare tale debolezza e incapacità politica ci porti ad
essere le prossime vittime, esattamente come nella notte dei lunghi
coltelli.

Se ci sono gay, lesbiche o trans che fanno parte delle folle che si girano
dall’altra parte e vogliono venire al pride, per quanto mi riguarda possono
pure venire, la strada è di tutti/e.

Io starò fisicamente accanto a loro, ma non camminerò con loro. Oggi in
Italia c’è bisogno di dire altro dal "siamo tutti uguali". Uguali a chi?
Alla maggioranza? No, io non sono uguale, anche se a volte rischio di
esserlo: io non mi voglio girare dall’altra parte, la voglio guardare in
faccia quella trans della foto. Voglio riconoscere in tutte le altre persone
presenti in quella foto i suoi aguzzini. Voglio riconoscere la violenza
fascista che ha prodotto quel dolore: riconoscerla è l’unico modo per
potermi definire antifascista, altrimenti sono l’antifascista della
domenica, esattamente come i cattolici della domenica.

Quando nel 1994 si fece il primo pride a Roma, io ero molto orgogliosa di
appartenere a un movimento di donne e uomini coraggiosi/e che, per la prima
volta in Italia, sfidavano la paura degli scarsi numeri per gridare non il
proprio essere uguali, ma per l’appunto il proprio essere diversi, ma non in
quanto lesbiche, gay o trans, bensì in quanto donne e uomini che non
abbassavano la testa.

Ecco, abbiamo bisogno di ancora più coraggio, e di intelligenza, per
resistere, come movimento e come singoli/e: non possiamo permetterci di
cullare nelle beate saune e discoteche proprio nessuno, e non possiamo
permetterci di avere accanto delle persone inaffidabili che credono di
vivere nel migliore dei mondi possibili, e che le unioni civili magari ce le
dà questo governo.

Può essere che ce le dia, ma solo se siamo ariani e abbiamo almeno 50.000
euro di reddito l’anno.

E intanto linciamo i/le rom e le trans brasiliane, così siamo fino in fondo
uguali a tutti quell’altri.

Il 7 giugno prossimo ci sarà il pride di Roma e ci voglio essere, ci voglio
essere con un cartello al collo con scritto "sono una trans brasiliana"
perché oggi in Italia c’è davvero bisogno di una nuova Stonwell, ma anche di
una nuova resistenza. E non mi basterà sfilare per le vie del centro, ma
vorrei tanto andare in quel luogo dove atti di barbarie si stanno compiendo
sugli stessi soggetti che diedero vita al primo Stonwell.

Credo che sia un dovere morale di chi si ritiene movimento lgt e/o
antifascista non concludere il pride di Roma 2008 a ballare o a divertirsi,
ma portando un segnale di civiltà in quei luoghi dove anche quella sera ci
saranno persone in balia di picchiatori fascisti.

E’ un invito, un invito a resistere forse poco pragmatico, ma siamo
totalmente dentro ad un regime da cui sarà possibile uscire solo dopo tante
altre morti, che saranno via via più barbare e più generalizzate, e non
credo che abbiamo molti altri strumenti che non si chiamino antifascismo e
resistenza.

Lettera Aperta-Comitato Madri per Roma Città Aperta

 


Ancora una volta, nel nostro paese, a Verona, una vita è perduta per l’aggressione
da parte di giovani che hanno come idea guida il razzismo, l’intolleranza del diverso.


L’uso della violenza
fisica e verbale è segno di una scomparsa della capacità critica che
spinge il violento a proclamarsi giudice e boia del suo avversario
dichiarato o anche di qualsiasi categoria egli senta come nemica.

Il razzismo,come caccia al diverso, allo straniero, al povero, al deviante, a chi non accetta di appartenere al gruppo;

la cultura sessista,
omofoba, intollerante, escludente che nasconde la paura e l’incapacità
di misurarsi con altre culture, di mettersi in discussione;

la mitizzazione e l’uso della forza, delle armi, dei coltelli che vengono sfoderati e mostrati in ogni occasione;

la diffusione di
numerose bande di adolescenti che incombono sui quartieri di periferia;
portano un unico segno, quello dell’ideologia della sopraffazione,
dell’odio per le minoranze e le diversità. Sono figli di una mistica
razzista che si richiama ai principi fondanti dell’ideologia fascista e
nazista.

Nelle stanze di chi ha
ucciso Nicola Tomassoli a Verona sono stati trovati i simboli del
fascismo e del nazismo. Sulle braccia di chi ha ucciso Renato Biagetti
a Roma  erano tatuati i simboli della estrema destra.

Non vedere le
dimensioni di questi fenomeni, anzi continuare a darne interpretazioni
riduttive significa non capire che non stiamo parlando di ‘gruppetti’ e
meno che mai di nostalgici ma di una parte di giovani italiani che
guarda al passato non solo come insieme di simboli ma come prova che si
può passare all’azione contro un mondo che non funziona e non può
funzionare proprio perché è democratico e tollerante.

Eppure questa  violenza
non si cancella con le rivisitazioni della nostra storia ma piuttosto
nel cercare di conoscere e capire come e perchè  si senta "escluso" e
"potente" chi  vive come una gara e una sfida costante la  vita della
polis, qualunque sia la sua situazione geografica e anagrafica.

Le istituzioni, i
massmedia, gli uomini di cultura sono chiamati a rispondere
rispettivamente della loro inerzia e dei tanti opportunismi che anche
in queste ore permettono di dare dignità di analisi socio-politica a
quelle che sono solo pericolose farneticazioni.

Se solo, al primo
assalto, alla prima aggressione, al primo saluto romano, fossero state
applicate tempestivamente le leggi che in Italia mettono al bando il
fascismo e il razzismo,.


Se solo la parola sicurezza  fosse interpretata come battaglia per una cultura della tolleranza e del rispetto delle diversità.

Se solo la parola
antifascismo invece di essere messa ad equa distanza dalla parola
fascismo, fosse interpretata come l’azione continua dei cittadini
democratici contro ogni forma di razzismo e intolleranza. Se
continuassimo a considerarlo un valore fondante

Nicola e Renato sarebbero ancora qui con noi.

E’ necessario interrogarci su cosa è oggi o che cosa può essere oggi l’antifascismo.


Noi ne siamo convinte: l’antifascismo oggi significa   diritti, uguaglianza,  partecipazione,  pace.

 

Comitato Madri per Roma Città Aperta

http://madrixromacittaperta.noblogs.org/


  

 

 

LIBERIAMO PIAZZE LIBERIAMOCI TUTT@

25 aprile 2008 sono
passati più di 60 ann,noi ricordiamo,ma c’è chi si oppone,vuole
cancellare la RESISTENZA dalla memoria comune,legittima politiche
razziste e fasciste reprimendo chi tutti i giorni R_ESISTE.

"i
deboli non combattono,quelli più forti lottano forse per un’ora,quelli
ancor più forti lottano per molti anni,ma quelli fortissimi lottano per
tutta la vita. Costoro sono indispensabili"                 Bertold
Brecht

25 aprile a Roma Verona e Palermo tra lotta e repressione.La Resistenza non si ferma.

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AGGUATO FASCISTA


A pochi giorni dalla data in cui Valerio Verbano venne ucciso nel 1980, questa mattina ad un altro ragazzo della stessa età, 19 anni, è
stato teso un agguato dai fascisti, sotto casa, in zona Vigne Nuove.


Il ragazzo, impegnato nella lotta all’interno delle scuole, è dovuto
ricorrerre a ricovero per le numerose lesioni craniche riportate.
E’
già la terza
aggressione da quando la campagna elettorale dei fascisti
di Fiamma Tricolore e de La Destra di Storace, è cominciata.

Non
ha soste la campagna elettorale dei fascisti di Fiamma tricolore. Dopo
aver chiesto invano e in ginocchio una poltrona a Berlusconi e Fini, si
sono accontentati dell’accordo con la Destra di Storace, che li ha
rinvigoriti nella loro attività preferita: le aggressioni agli
studenti, ai precari, agli occupanti di casa e agli antifascisti della
città. Oggi pomeriggio, alle 16, nel quartiere di Vigne Nuove, due
fascisti di circa 26-27 anni, hanno aggredito all’uscita di casa
Simone, 19 anni, studente dei collettivi romani e attivista dell’Horus
occupato. I due miserabili, dopo essersi appostati per diverso tempo,
lo hanno picchiato con tirapugni, ferendolo alla testa e procurandogli
diverse lesioni. La pronta reazione di Simone ha messo in fuga i due
attempati esponenti di Blocco studentesco.
Simone è stato medicato al pronto soccorso dove gli sono stati applicati
alcuni punti di sutura.
 Dopo l’aggressione squadrista di poche settimane fa nei confronti di un
attivista di Action, pestato sul luogo di lavoro, si ripete una scena
già vista, fatta di violenza e impunità. Simone è un compagno attivo
nelle lotte studentesche e nei percorsi di movimento, tra i
protagonisti della
recente mobilitazione antifascista dell’8 febbraio che ha impedito a
Fiam
ma tricolore di occupare il teatro Brancaccio per una parata xenofoba e fascista. L’aggressione, inoltre, avviene a pochi giorni
dall’inaugurazione della Palestra Popolare Valerio Verbano, nel vicino quartiere del Tufello,
prevista per venerdì 22 febbraio, anniversario dell’uccisione di Valerio da parte dei fascisti dei Nar.
I fatti e le circostanze confermano due elementi: da una parte, la
doppia strategia di Fiamma tricolore, fatta di aggressioni squadriste e
spregiudicate alleanze politico-elettorali con la destra di governo,
alla ricerca di qualche poltrona in parlamento, in comune, in municipio
o in
qualche condominio; dall’altra, la totale impunità di questi atti,
garantite dall’inerzia e la complicità delle forze dell’ordine, della
magistratura e delle istituzioni, locali e nazionali.
Roma democratica e antifascista chiama tutte le forze sociali,
politiche e di movimento a prendere pubblicamente posizione e di

mobilitarsi per una nuova e radicale pratica antifascista. Domani,
lunedì 18 febbraio, alle 12, a piazza Sempione, all’Horus occupato,
conferenza stampa. Venerdì 22
febbraio, alle 17, da via Monte Bianco, corteo cittadino e inaugurazione della Palestra Popolare Valerio Verbano.

I compagni e le compagne di Roma