Europride 2011: 11/06/11 @Roma
Partenza da piazza dei 500 alle 15.
Europride 2011: 11/06/11 @Roma
Partenza da piazza dei 500 alle 15.
Articolo dal Corriere, ma qualcosa più di movimento su SlutWalk London…
Lo stupro non è colpa delle donne che “se la sono andate a cercare”, come la società a volte vorrebbe raccontarci. A dirlo, questa volta, non sono solo le statistiche (secondo cui una donna su tre è vittima di violenze sessuali) ma centinaia di migliaia di persone comuni che da Seattle a Sidney sono scese in piazza per protestare contro l’abitudine, anche in occidente, di criminalizzare le donne per gli stupri subiti, dando vita al movimento internazionale SlutWalks, (le marce delle puttane).
Tutto è iniziato lo scorso 24 gennaio quando, durante un seminario su prevenzione e sicurezza alla York University di Toronto, il poliziotto canadese Michael Sanguinetti ha rivolto l’infelice raccomandazione alle studentesse:
“Evitate di vestirvi come puttane se non volete diventare vittime”.
Da facebook a twitter alla blogosfera femminista la risposta delle donne è stata corale e fulminea.
Migliaia si sono date appuntamento a Toronto per organizzare la prima di innumerevoli marce di protesta contro l’odioso pregiudizio che avvelena anche i nostri sistemi giudiziari. “Ne abbiamo abbastanza” spiega la 25enne Heather Jarvis, vittima di uno stupro a soli 14 anni e una delle 5 fondatrici del movimento SlutWalk Toronto, “non protestiamo solo contro l’idea o contro il poliziotto: marciamo per cambiare il sistema”.
Dopo la SlutWalk che si è svolta a Boston l’8 maggio, il tam tam ha raggiunto Europa, Australia e Asia. Il prossimo appuntamento è fissato in contemporanea a Londra e Amsterdam per il prossimo 4 giugno.
Ogni donna, bella o brutta, giovane o attempata, sa esattamente di cosa si parla, per averlo vissuto sulla propria pelle. L’esternazione del poliziotto Sanguinetti, che peraltro non è stato allontanato dal servizio come sarebbe stato giusto, è la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Molte di voi ricorderanno le forti proteste che si levarono in Italia nel 1999 quando un Giudice della Corte Suprema sancì che una donna in jeans non poteva essere vittima di violenza “senza consenso”, data l’impossibilità di sfilare senza aiuto i pantaloni.
Persino un giornale liberal come il New York Times è finito nella bufera di recente per un controverso articolo sullo stupro di gruppo ai danni di una ragazzina di una scuola elementare del Texas, “colpevole”, secondo il giornalista James McKinley Jr. di “truccarsi e vestirsi in una maniera più adeguata ad una donna di 20 anni”.
“Si dà la colpa al padrone se qualcuno irrompe nella sua bella casa?”, punta il dito Elizabeth Webb, animatrice della marcia svoltasi a Dallas lo scorso 23 aprile, anche lei vittima di violenza sessuale. “Lo stupro è un’esperienza già molto traumatica”, teorizza la Webb, “imputarne la responsabilità a chi lo subisce ingigantisce la ferita psicologica”.
Speriamo che il messaggio venga recepito anche dal giudice di Manitoba che lo scorso febbraio ha assolto uno stupratore (“un maldestro Don Giovanni”, l’ha definito) che non aveva saputo resistere all’adescamento della sua vittima, “colpevole” di aver indossato
“una maglietta troppo attillata senza reggiseno, tacchi alti e make-up”, rendendo secondo lui “inevitabile” l’aggressione sessuale.
PER L’ACCECANTE VISIBILITA’ DELLE DONNE, CON LE DONNE MIGRANTI
Il 20 febbraio diverse donne migranti e italiane si sono incontrate a Bologna per ragionare insieme sul conquistare una visibilità verso lo sciopero e le manifestazioni del prossimo primo marzo, ma non solo.
Già l’anno scorso molte donne hanno scioperato e sono scese in piazza, accettando la sfida di mostrare che cosa succede se i migranti e le migranti che vivono in Italia decidono di incrociare le braccia per un giorno, e con loro tutti gli italiani e le italiane stanchi di vedere attaccati il loro lavoro e i loro diritti, stanchi del razzismo istituzionale.
Già l’anno scorso c’erano molte donne ma non quante avrebbero potuto, e soprattutto non quante avrebbero voluto esserci. Perché scioperare, determinare la propria presenza, far sentire la propria voce è per le donne, migranti e italiane, una doppia sfida.
L’assenza delle donne è determinata dal doppio incarico al quale sono costrette: il lavoro di cura e domestico (pagato o non pagato) e lo sfruttamento nei posti di lavoro che colpisce soprattutto le donne migranti.
Questa situazione, determinata da un sistema patriarcale (che non ha né cultura né nazione, né religione, ma che è universale) passa attraverso l’attacco quotidiano alle operaie della casa, alle mogli, alle lavoratrici isolate, e si articola in svariate maniere.
In Italia, la legge Bossi-Fini è lo strumento utilizzato per riaffermare, in forme sempre nuove e violente, il linguaggio del patriarcato. Una legge che colpisce due volte le donne migranti tramite il contratto di soggiorno per lavoro che le rende lavoratrici ricattabili (sia nelle fabbriche sia nelle case), sempre a rischio di diventare “clandestine”, di essere rinchiuse nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) ed espulse.
E ancora: la legge Bossi Fini rafforza il patriarcato che è nelle case perché le donne migranti che sono in Italia per ricongiungimento famigliare dipendono dal permesso di soggiorno del marito e per loro è difficile o impossibile – anche in assenza di supporti concreti – liberarsi dalla subordinazione o dalla violenza domestica che, come capita anche a moltissime donne italiane, spesso esercitano i mariti.
Inoltre la legge Bossi-Fini riproduce su scala transnazionale la divisione sessuale del lavoro riproduttivo. Il lavoro domestico e di cura è sempre destinato alle donne, migranti o italiane che siano, anche se una parte delle donne è riuscita a liberarsi almeno parzialmente da questo «destino domestico» pagando un’altra donna. Finché le donne migranti saranno riconosciute solo come «ruoli» (mogli, prostitute che possono riscattarsi solo come vittime, badanti e colf sulle quali si amministra il nuovo welfare privato, pagato dalle donne) la libertà di tutte le donne è sotto attacco.
Per questo è necessario oggi conquistare la parola e la visibilità politica delle donne, soprattutto di quelle migranti. Perché le migrazioni delle donne mettono in discussione le strutture sociali e patriarcali sia nei paesi di partenza sia in quelli di arrivo. Da questa potenza, oltre le reali difficoltà, dobbiamo muovere insieme il passo verso una presenza politica. Una presenza che ci faccia prendere e riprendere la parola!
A Bologna è stato chiaro che noi donne, migranti e italiane, non siamo più disposte ad accettare che il nostro sfruttamento e la nostra subordinazione siano giustificati da stati, culture, tradizioni o religioni. Non siamo più disposte ad accettare un antirazzismo neutro o il linguaggio politicamente corretto di un multiculturalismo che giustifica le aggressioni contro le donne che accadono all’interno delle comunità e delle famiglie. Criticare questa realtà non vuol dire fare una crociata razzista colpendo indiscriminatamente tutta le comunità migranti ma vuol dire criticare le pratiche patriarcali esercitate da uomini sia immigrati sia italiani. Vuol dire riaffermare una battaglia per la libertà delle donne, migranti e italiane.
Per questo chiamiamo il nostro sfruttamento e la nostra subordinazione (quelli imposti dalla legge Bossi-Fini e quelli raccontati come “tradizione”) con il loro vero nome: patriarcato.
Proponiamo alle donne, dentro e fuori il movimento dei migranti e antirazzista, a tutte coloro che stanno scendendo nelle piazze per affermare la propria libertà di donne contro un potere che si esercita prima di tutto sui loro corpi, di costruire una propria visibilità accanto alle donne migranti, prima di tutto nelle piazze del primo marzo.
Ma proponiamo di avviare un percorso di assemblee, a livello locale e nazionale, per far valere anche oltre il primo marzo la voce e la presenza delle donne, con le donne migranti. Perché la loro assenza dalle piazze è un silenzio assordante. Perché la visibilità che le donne si riprendono sarà accecante.
Le Donne del Coordinamento Migranti Bologna e Provincia.
Associazione Todo Cambia, Milano.
Associazione Trama di Terre, Imola.
Rete Intrecci: Associazione Donne in Cammino per la Famiglia, Forlì-Cesena; Associazione. Il Ventaglio, Bologna; Associazione ANNASSIM, Bologna; Associazione Che la Festa continui, Casalecchio (Bo); Associazione Donne del Mondo, Forlì-Cesena; Associazione UDI, Modena; Ass. Differenza Maternità, Modena, Ass. Donne in nero; Ass Vagabonde, Parma.
Per adesioni: migranda2011@gmail.com
Indecorose e libere!
In questa fase di profonda crisi, politica, economica, e culturale il tema della sessualità assume
una nuova centralità. Il ruolo delle donne viene infatti strumentalizzato da dinamiche di potere e da discorsi tradizionalisti.
La direzione politica di Berlusconi è stata artefice di feroci leggi che agiscono sul corpo delle donne, vittimizzandolo e stigmatizzandolo: la 40 sulla fecondazione assistita, l’abrogazione della legge contro le dimissioni in bianco (che permette l’esclusione delle donne dal mercato del lavoro) e l’aumento dell’età pensionabile sono solo alcuni esempi eclatanti delle politiche messe in campo dal Governo.
A questi si aggiungono i ripetuti attacchi alla legge sull’aborto; la dequalificazione e privatizzazione delle strutture sanitarie come, ad esempio, i consultori (vedi la proposta di legge Tarzia per la regione Lazio) o l’ostracismo contro la diffusione della pillola abortiva RU486.
Gli scandali degli ultimi mesi che hanno avuto al centro la condotta sessuale del presidente del Consiglio fanno emergere un quadro di relazioni torbide e corrotte, relegate ai peggiori stereotipi: espressione di un sessismo arcaico e volgare e di violenza sulle donne.
D’altra parte, gli appelli che in questi ultimi giorni hanno chiamato a manifestare si rivolgono alle donne “per bene”, madri, mogli e lavoratrici, assumendo di fatto come prospettiva la separazione tra donne rispettabili e non rispettabili. Il rischio in cui incorrono queste posizioni è di colpire e stigmatizzare indiscriminatamente chi “vende il proprio corpo”, ma non i discorsi e le pratiche sessiste responsabili di tale dinamica. Invece di opporsi realmente ad una certa idea retrograda della sessualità, non fanno che riproporne, in modo simmetrico, i contenuti.
Invece, in questo momento di crisi del potere e dell’autorità, messa in evidenza da numerose piazze che abbiamo attraversato, abbiamo una straordinaria occasione per suscitare una rivolta delle donne. Affermiamo l’importanza di una sessualità libera e consapevole svincolata dalla mercificazione e dalle norme imposte, in cui decisivi siano il riconoscimento dei desideri, la liberazione dagli stereotipi, e l’esercizio dell’autodeterminazione.
Ci vogliono addomesticate… NOI SAREMO INDISPONIBILI E RIBELLI!
Oltre l’indignazione rabbia e autodeterminazione!
In questa fase di profonda crisi, politica ed economica, il tema della sessualità assume una nuova centralità; in questo contesto il ruolo delle donne viene nuovamente determinato e strumentalizzato da dinamiche di potere e ordini discorsivi ideologici e tradizionalisti.
Sicuramente da tempo c’è bisogno di una mobilitazione di donne contro il governo e il suo premier e non di certo solo per gli scandali sessuali. Le donne italiane si collocano tra gli ultimi posti in Europa per libertà e condizioni di vita, soprattutto in un quadro in cui il governo combina l’adesione incondizionata all’integralismo cattolico con quella ai dogmi del liberalismo sfrenato.
La direzione politica di Berlusconi è stata artefice feroci leggi che agiscono sul corpo delle donne, vittimizzandolo e stigmatizzandolo: la 40 sulla fecondazione assistita, l’abrogazione della legge contro la pratica delle dimissioni in bianco, che consente il licenziamento delle lavoratrici in gravidanza, l’aumento dell’età pensionabile sono solo alcuni esempi eclatanti delle politiche messe in campo dal Governo.
A questi si aggiungono i ripetuti attacchi alla legge sull’aborto; la dequalificazione e privatizzazione delle strutture sanitarie come, ad esempio, i consultori (vedi la proposta di legge Tarzia per la regione Lazio), l’ostracismo contro la diffusione della pillola RU486. Tutto questo in un paese che disinveste completamente sui giovani e sul futuro, tagliando i finanziamenti all’università e precarizzando selvaggiamente il lavoro. Donne e migranti sono i soggetti che subiscono le maggiori conseguenze di questo sistema politico, vedendo negate le garanzie fondamentali ad un’esistenza libera e dignitosa. Non da ultimo, l’istituzione dei CIE, veri e propri Lager, in cui le donne sono costantemente esposte alla violenza e all’arbitrio.
Gli scandali degli ultimi mesi che hanno avuto al centro la condotta sessuale del presidente del Consiglio fanno emergere un quadro di relazioni torbide e corrotte, in cui il ruolo della donna viene relegato ai peggiori sterotipi espressione di un sessismo arcaico e volgare.
D’altra parte, gli appelli che in questi ultimi giorni hanno chiamato a manifestare si rivolgono alle donne “per bene”, madri, mogli e lavoratrici, assumendo di fatto come prospettiva la separazione tra donne rispettabili e non rispettabili, invocando la difesa di una moralità univoca e astratta. Il rischio in cui incorrono queste posizioni è di colpire e stigmatizzare indiscriminatamente chi “vende il proprio corpo”, ma non i discorsi e le pratiche sessiste responsabili della dinamica complessiva. Invece di opporsi realmente ad una certa idea retrograda e tradizionale della sessualità, non fanno che riproporne, in modo simmetrico, i contenuti.
Crediamo invece che i nodi politici da rimettere al centro siano di tutt’altra natura. Centrale è la questione della redistribuzione delle ricchezze tra chi fa i profitti e chi sta pagando questa crisi, tra chi possiede palazzi e chi non ha casa, tra chi si giova di stipendi milionari e chi non ha un lavoro.
Ma crediamo soprattutto che sia giunto il momento che le donne prendano in prima persona parola ed esprimano la propria posizione su temi che le coinvolgono direttamente. Da tempo la sessualità delle donne viene controllata e disciplinata, ricondotta alla mera riproduzione e all’uso del piacere maschile, in un quadro ambiguo in cui se da un lato le prostitute vengono criminalizzate ed emarginate dalla società attraverso i pacchetti sicurezza e le campagne moraliste, dall’altro, nei palazzi politici, se ne fa uso e consumo.
E’ significativo che il momento di maggiore difficoltà del governo Berlusconi sia prodotto da una questione di rapporti sociali che hanno al centro la questione di genere. Questa volta sarebbe davvero una straordinaria occasione per suscitare una rivolta delle donne, che affermi l’importanza di una sessualità libera e consapevole svincolata dalla mercificazione e dalle norme imposte, in cui decisivi siano il riconoscimento dei desideri, la liberazione dagli stereotipi, e l’esercizio dell’autodeterminazione.
E’ con questo sentimento che attraverseremo la giornata del 13, perché pensiamo che sia imprescindibile una presa di parola pubblica e determinata da parte di tutte, per costruire un nuovo immaginario che affermi di nuovo la vera libertà delle donne.
Ci vogliono addomesticate… NOI SAREMO INDISPONIBILI E RIBELLI!
actiona,donneingenere,donnedasud,escinfosex,lefacinorosse,lemalefiche,lameladieva, leribellule
e si consola pure col Bunga Bunga, i processi brevi e le scarcerazioni ad amiche e amici…
L’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso è stato assolto…
Ascolta su Radio Onda Rossa il commento dell’avvocato di Joy, Eugenio Losco, e di una compagna.
Riportiamo un comunicato circolato oggi immediatamente dopo la sentenza di assoluzione. Lo sottoscriviamo pienamente, ricordando che la lotta non finisce qui.
SCANDALO!
E’ terminato da poco il processo con rito abbreviato nei confronti dell’ispettore di PS Vittorio Addesso. Il tribunale accogliendo la richiesta del PM LO HA ASSOLTO!!!!!!!! Non abbiamo mai creduto e non crediamo nella giustizia dei tribunali, ma l’esito ci conferma che quando viene agita violenza nei confronti delle donne e in particolare dallo stato, lo stesso si autoassolve sempre , ribadendo l’immunità e l’impunità dei suoi funzionari. Tutte le realtà che si occupano dei Cie e della violenza nei confronti delle donne devono attivarsi e mobilitarsi per smascherare la natura della sentenza. La ribellione delle donne alla violenza è sempre un percorso in salita e, quando coinvolge le istituzioni, a violenza si aggiunge violenza. E’ necessario continuare a lottare!!!!!
Questo è un appello urgente a tutte le donne, le lesbiche, i gruppi, associazioni e reti femministe da parte di Amargi Women’s Solidarity Cooperative.
Pinar Selek, femminista, sociologa, pacifista, antimilitarista, scrittrice e tra le fondatrici di Amargi, si trova ad affrontare di nuovo il rischio di un ergastolo in un processo per cui è stata già assolta due volte.
Come l’opinione pubblica in parte conosce già, è diventata un bersaglio a causa della sua ricerca sociologica condotta nel 1996, relativa alle condizioni del conflitto armato tra la Turchia e il Kurdistan e alle possibilità di riconciliazione. Condotta in detenzione preventiva, la ricerca le è stata sequestrata ed è stata pesantemente torturata per farle dire i nomi delle persone curde che aveva intervistato. Siccome si è rifiutata di dare alle autorità i nomi delle sue fonti, è stata arrestata. Mentre era già in carcere, il suo nome è stato collegato ad una esplosione avvenuta nel Bazar delle spezie di Istanbul e lei è accusata di aver preso parte a questa presunta cospirazione contro il governo. Durante il processo vennero smentite e annullate le false dichiarazioni ottenute torturando Pinar. Finalmente dopo due anni e mezzo Pinar Selek viene rilasciata. Tuttavia, anche se è stata assolta per ben due volte, la 9° Camera penale della Suprema Corte ha deciso di contestare per la seconda volta la sentenza di assoluzione e ha chiesto che Pinar Selek venga giudicata di nuovo chiedendo una pesante condanna a 36 anni di reclusione. L’Assemblea Penale Generale ha respinto l’obiezione del procuratore capo e ha inviato la causa alla 12° Corte dei crimini aggravati di Istanbul, che in passato aveva dato l’assoluzione.
Il caso di Pinar Selek verrà quindi ancora una volta riesaminato, il 9 febbraio 2011, dalla 12° Corte dei crimini aggravati di Istanbul, a Besiktas.
A questo punto tutte le azioni di solidarietà con Pinar Selek sono di vitale importanza e vi chiediamo di sostenere la nostra lotta per la giustizia, attraverso:
• la partecipazione personale all’udienza del 9 febbraio, o inviando un comitato di osservazione al processo
• l’organizzazione di conferenze stampa, o la scrittura di vostre dichiarazioni di sostegno politico come gruppi, organizzazioni politiche, associazioni
• la diffusione di questo appello e della campagna di informazione sul caso di Pinar Selek per renderlo visibile nel vostro paese/Stato
• la firma della petizione per la campagna di sostegno a Pinar Selek – organizzato dal PEN Germania (http://www.ps-signup.de/)
Questa petizione sarà annunciata pubblicamente dal PEN Germania il giorno del processo, in una conferenza stampa a Istanbul. Qualsiasi contributo a questa petizione fino al giorno del processo è assolutamente benvenuto.
Il caso di Pinar Selek è già diventato un simbolo della lotta per la libertà e contro tutte le ingiustizie. Avendo rapporti molto stretti con gruppi “marginalizzati” dal sistema, Pinar Selek è molto conosciuta in Turchia e all’estero per i suoi libri sulla violenza contro le donne transgender a Istanbul, sulla storia delle lotte pacifiste in Turchia e, infine, sulla costruzione della mascolinità nel contesto del servizio militare. Questo ultimo libro Sürüne Sürüne Erkek Olmak (Condurre una vita da cani: la mascolinità) è pubblicato anche in Germania con il titolo, Zum Mann gehätschelt. Zum Mann gedrillt.
Da 12 anni, molti noti intellettuali turchi e stranieri, hanno dichiarato il loro aperto sostegno a Pinar Selek partecipando anche personalmente al suo processo. PEN Germania conduce una campagna internazionale di sostegno e solidarietà che è disponibile all’indirizzo
http://www.pen-deutschland.de/htm/aktuelles/pinar-selek , aufruf.php
Per maggiori informazioni e/o per qualsiasi proposta di sostegno a Pinar Selek si prega di contattare:
solidarietapinarselek.italia@gmail.com (comitato di solidarietà con Pinar Selek, Italia)
halatanigizplatformu@gmail.com (indirizzo email per la campagna turca “sempre testimoni per Pinar”)
karinkarakasli@yahoo.com (membro della campagna di sostegno a Pınar Selek)
yaseminsevval@yahoo.com (portavoce internazionale della campagna di sostegno)
Solidaritepinarselek.france@gmail.com (comitato di solidarietà con Pinar Selek, Francia)
http://pinarselek.fr (sito francese)
http://www.pinarselek.com/public/page_item.aspx?id=829
http://www.pinarselek.com/public/destek.aspx?id=45
E’ di nuovo l’ora della solidarietà
unitevi tutte a noi!
Amargi Women’s Solidarity Cooperative/Istanbul
Abbiamo scelto in questi giorni di non intervenire nel circo della “mediatizzazione” del lavoro della procura milanese sulle indagini che riguardano fatti di prostituzione e concussione ascrivibili a note persone della politica, del giornalismo e dell’imprenditoria dello spettacolo. Non crediamo che sia di aiuto all’accertamento della verità esagerare con il clamore ne a farne capire la gravità.
Oggi però ancora una volta siamo a constatare che le giovani donne sentite come persone informate sui fatti, coinvolte in modo diverso nell’inchiesta, sono usate ed esposte sui media con grave pregiudizio della loro reputazione. Alcune certamente ci stanno per farsi pubblicità ma altre non desiderano questo tipo di popolarità e ne sono certamente ferite e umiliate.
La loro reputazione e le loro vite non saranno più le stesse, questo in futuro potrà pregiudicare il loro lavoro ed emarginarle anche socialmente.
Il primo effetto si è già visto con lo sfratto che hanno avuto quelle che abitano a via Olgettina.
Vergognosa e senza scrupoli l’indignazione dei condomini che non esitano nel buttarle in strada ma che magari non si indignano verso chi questo sistema ingiusto e corruttore di accesso al lavoro nello spettacolo lo ha messo in piedi.
Giustamente l’On. Rosy Bindi oggi si indigna per lo sfratto dato alle ragazze in nome del decoro condominiale mentre tantissimi non si preoccupano del decoro delle istituzioni. E’ auspicabile che molti altri si indignino per come si sta insultando e degradando la reputazione delle ragazze aspiranti attrici e ballerine che certamente ogni giorno devono affrontare ricatti di ogni genere per fare carriera. Perché si insultano loro invece di condannare un sistema dove per emergere devi prostituirti? Non è spesso così anche nel giornalismo per esempio? E in quanti altri settori?
Se ci fosse più onestà intellettuale si metterebbero in discussione con maggior enfasi e responsabilità la drammatica situazione dei giovani e del lavoro.
Cosa dicono i tanti sindaci che per il decoro pubblico stanno vessando le povere prostitute di strada e i loro clienti? Come è che non sentiamo le loro voci? Questi campioni di destra e di sinistra che se ne stanno nei palazzi istituzionali e si esibiscono con le fasce tricolori non pensano che sia il caso di difendere il decoro del Paese? O si muovono solo per raccattare qualche voto e qualche soldo dai più sfigati nei propri feudi?
Concita De Gregorio e le donne del PD hanno lanciato un appello a tutte le donne italiane che si sentono offese a dire BASTA, molto suggestivo, anch’io mi sento offesa come prostituta onesta, donna e cittadina. Sarebbe davvero bello che tutte le donne di ogni classe si mobilitassero e riuscissero a costringere un politico dipinto come sàtiro alla ritirata. Si mostrerebbe al mondo che in questo Paese le donne nonostante tutto contano qualcosa. Ma il loro tentativo è stato subito fagocitato dai maschi di partito i quali lo hanno trasformato in una vastissima e generale raccolta di firme. Forse temevano che le donne da sole potessero riuscirci? Perché diciamocelo sarebbe stato un successo tutto al femminile di cui poi si sarebbe dovuto tenere conto nei futuri equilibri all’interno del partito.
Ma mi chiedo, sarebbe una vera vittoria sfrattare un governo perché il premier è scivolato sulla prostituzione quando invece ci sarebbero ragioni politiche, sociali e di democrazia, e altre ben più gravi per mandare a casa alcuni di costoro.
Il lavoro sessuale per alcune migliaia di persone che scelgono liberamente è un lavoro, è inutile negarlo, confutarlo, condannare e svilire le persone che lo praticano. Serve essere onesti e ammetterlo definendone chiaramente i contorni, i diritti e i doveri, per non lasciarlo nell’illegalità e nelle mani della criminalità.
Pia Covre
Comitato per i Diritti delle Prostitute
Pordenone 21-01-11
14 dicembre: contro la crisi esplode la rabbia.
L’unica risposta di governo e magistratura è la repressione.
Il 14 dicembre, a Roma, la piazza era gremita di studenti, lavoratori e lavoratrici, precari e precarie, migranti, cittadini aquilani e di Terzigno e molti altri ancora, a cui il governo da anni sta facendo pagare il prezzo della crisi, negando loro qualunque prospettiva di una vita dignitosa.
Quel giorno la piazza ha manifestato in massa la sua giusta rabbia, mentre a poche centinaia di metri uno dei governi più corrotti che questo paese abbia mai avuto si assicurava la sopravvivenza attraverso la compravendita di consensi parlamentari.
Per tutta risposta le forze dell’ordine rastrellavano persone per le vie del centro di Roma, e si scatenavano le dichiarazioni forcaiole degli uomini politici di vario colore. Costoro, abbandonando per un momento le loro invettive alle “toghe rosse”, hanno invocato un vigoroso intervento della magistratura.
Quel giorno sono state arrestate 23 persone. Uno di loro, Mario, è tutt’ora in regime di arresti domiciliari nonostante sia incensurato ed accusato di reati “minori”. Un altro, benché minorenne, sarà sottoposto fino a giugno agli arresti domiciliari.
Il 23 dicembre 2010 si è tenuta la prima udienza del processo contro Mario e gli altri compagni/e arrestati\e. Il processo è stato rinviato al 24 gennaio.
Il motivo per il quale i giudici hanno negato la libertà a Mario è la permanenza in Italia di un “clima di tensione sociale”. Per fortuna è stata almeno respinta l’assurda richiesta avanzata da Alemanno per la costituzione di parte civile del Comune di Roma, in quanto a Mario non è addossata nessuna “lesione dell’arredo urbano”.
Ai numerosi compagni/e presenti in aula – studenti, lavoratori, amici degli imputati – l’atteggiamento dei giudici non è apparso né sereno, né imparziale , ma anzi costoro sono sembrati partecipi e schierati con il clima fazioso e colpevolista voluto dal governo all’indomani del 14 dicembre.
Ad oggi è ormai noto alla cittadinanza che gli arrestati sono stati rastrellati a caso e accusati genericamente del reato di “resistenza in concorso”.
Del resto, è fallito anche il tentativo di dividere i manifestanti in “buoni e cattivi” sia per la compattezza del movimento, sia perché larga parte della società ha riconosciuto alla protesta motivazioni valide e concrete: la crisi economica e sociale che il paese sta attraversando non solo mette in pericolo il nostro futuro, ma cosa ben più grave, è un attacco al nostro presente e la protesta contro tutto ciò non può essere semplicemente ignorata e repressa.
Tenere ulteriormente agli arresti domiciliari Mario è una iniqua punizione, una pena prima della sentenza.
Inoltre si preannunciano ulteriori e numerosi provvedimenti penali nei confronti di centinaia di partecipanti alla giornata del 14 dicembre.
E’ quindi quanto mai necessario che tutti coloro che hanno animato la piazza del 14 dicembre facciano sentire la loro voce durante la prossima udienza per esprimere la loro solidarietà a Mario e a tutti e tutte gli/le arrestati/e.
Lunedì 24 gennaio
Ore 9:30
Presidio a Piazzale Clodio
La nostra passione Contro la vostra repressione
Mario libero
Tutte Liberi
Sostegnolegale14dicembre(at)autistici.org
Di fronte al nostro corpo fatto a pezzi, ci riprendiamo il nostro corpo.
“Non l’avevo mai vista veramente. Non mi era mai venuto in mente di guardarla. La mia vagina esisteva su un piano astratto. Sembrava così riduttivo e goffo guardarla, distese sui lucidi tappetini azzurri, con i nostri specchietti in mano. Mi ha fatto pensare ai primi astronomi coi loro telescopi primitivi.
Sulle prime l’ho trovata piuttosto inquietante, la mia vagina. Come la prima volta che vedi un pesce sventrato e scopri quell’altro mondo complesso e sanguinolento all’interno, proprio sotto la pelle. Era così cruda, così rossa, così fresca. E quello che mi sorprendeva di più era la quantità di strati. Strati dentro strati, che si aprono su altri strati. La mia vagina era come un evento mistico che continua a dispiegare un altro aspetto di sé, il che è in realtà un evento in sé, ma lo capisci solo dopo.
La mia Vagina mi ha lasciato stupefatta. Non riuscivo a parlare quando è venuto il mio turno.
Ero ammutolita. Avevo aperto gli occhi su ciò che la coordinatrice del laboratorio chiamava “stupore vaginale”. Volevo solo starmene lì distesa sul mio tappetino, con le gambe aperte, a esaminare la mia vagina per sempre.
Era meglio del Grand Canyon, antica e piena di grazia. Aveva l’innocenza e la freschezza di un vero giardino all’inglese. Era buffa, molto buffa. Mi ha fatto ridere. Poteva giocare a nascondino, aprirsi e chiudersi. Era una bocca. Era il mattino. E poi, per un istante, mi è venuto in mente che eram e , la mia vagina: era chi ero io . Non era un’entità a sé. Era dentro di me.
(…)
Non dovevo trovarla . Dovevo essere. Essere la clitoride. Essere la mia vagina. Mi sono sdraiata e ho chiuso gli occhi. Ho messo giù lo specchio. Mi sono guardata galleggiare al di sopra di me stessa. Mi osservavo avvicinarmi lentamente al mio io e a rientrarvi. Mi sentivo come un astronauta che rientra nell’atmosfera terrestre. E stato molto calmo il rientro: calmo e dolce. Rimbalzavo e atterravo. Atterravo e rimbalzavo. Entravo nei miei muscoli, nel cuore e nelle cellule e poi, ecco, scivolavo dentro la vagina. Improvvisamente era tutto così facile e io ci stavo comoda. Ero calda, pulsante, pronta, giovane e viva. E poi, senza guardare, con gli occhi ancora chiusi, ho messo il dito su ciò che tutt’a un tratto era diventato me. Ho sentito un piccolo tremito dapprima, che mi ha convinto a restare. Poi il tremito è diventato un terremoto, un’eruzione, con gli strati che si dividevano e si suddividevano. Il terremoto si disperdeva in un antico orizzonte di luce e silenzio, che si apriva su una piana di musica e colori e innocenza e nostalgia, e io mi sentivo collegata, unita mentre mi dimenavo sul mio tappetino blu.
La mia vagina è una conchiglia, un tulipano e un destino. Arrivo mentre incomincio già a partire. La mia vagina, la mia vagina, io.”
EVE ENSLER, I monologhi della vagina
Il testo completo.