La volontà di sapere

La Storia della sessualità è composta
da tre
volumi: oltre a quello già citato, furono pubblicati L’uso dei
piaceri
e La cura di sé, editi in Italia da
Feltrinelli, a cui
è da aggiungersi l’inedito, Les aveux de la chair.

Obiettivo dell’autore è quello di ricostruire la
genealogia
della sessualità, come indica anche il titolo, indagare le relazioni fra
formazioni di sapere e dispositivi di potere, analizzare i processi di
costituzione della moderna arte di governo (intesa come insieme di
tecniche
destinate a dirigere il comportamento degli uomini, nel corso di tutta
la loro
vita e in tutti gli aspetti della loro esistenza), a partire dal governo
delle
anime del cristianesimo primitivo, ricostruire i modi in cui il
soggetto, in
diverse epoche e in diversi contesti istituzionali, è stato costituito
come
oggetto di conoscenza, oggetto di un discorso vero.

"Quel che è caratteristico delle società moderne non è che abbiano condannato il sesso a restare nell’ombra, ma che sianoo condannate a parlarne sempre, facendolo passare per il segreto".

 

 

"là
dove c’è potere c’è resistenza e (…) tuttavia, o piuttosto proprio per
questo, essa non è mai in posizione di esteriorità rispetto al potere. Bisogna
dire che si è necessariamente ‘dentro’ il potere, che non gli si ‘sfugge’, che
non c’è, rispetto ad esso, un’esteriorità assoluta, perché si sarebbe
immancabilmente soggetti alla legge? O che, se la storia è l’astuzia della
ragione, il potere sarebbe a sua volta l’astuzia della storia – ciò che vince
sempre? Vorrebbe dire misconoscere il carattere strettamente relazionale dei
rapporti di potere. Essi non possono esistere che in funzione di una
molteplicità di punti di resistenza, i quali svolgono, nelle relazioni di
potere, il ruolo di avversario, di  bersaglio, d’appoggio, di sporgenza
per una presa. Questi punti di resistenza sono presenti dappertutto nella trama
del potere. Non c’è dunque rispetto al potere un luogo del grande
Rifiuto – anima della rivolta, focolaio di tutte le ribellioni, legge pura del
rivoluzionario. Ma delle resistenza, che sono degli esempi di specie:
possibili, necessarie, improbabili, spontanee, selvagge, solitarie, concertate,
striscianti, violente, irriducibili, pronte al compromesso, interessate o sacrificali;
per definizione, non possono esistere che nel campo strategico delle relazioni
di potere. Ma questo non vuol dire che ne siano solo la conseguenza, il segno
negativo, che costituisce, rispetto alla dominazione essenziale, un rovescio in
fin dei conti sempre passivo, destinato indefinitamente alla sconfitta. Le
resistenze non dipendono da un qualche principio eterogeneo; ma non sono
nemmeno illusione o promessa necessariamente delusa. Sono l’altro termine nelle
relazioni di potere, vi s’iscrivono come ciò che sta irriducibilmente di fronte
a loro. Sono dunque, anch’esse, distribuite in modo irregolare; i punti, i
nodi, i focolai di resistenza sono disseminati con maggiore o minore densità
nel tempo e nello spazio, facendo insorgere talvolta gruppi o individui in modo
definitivo, accendendo improvvisamente certi punti del corpo, certi momenti
della vita, certi tipi di comportamento. (…) Come la trama delle relazioni di
potere finisce per formare uno spesso tessuto che attraversa gli apparati e le
istituzioni senza localizzarsi esattamente in essi, così la dispersione dei
punti di resistenza attraversa le stratificazioni sociali e le unità
individuali. Ed è probabilmente la codificazione strategica di questi punti di
resistenza che rende possibile una rivoluzione, un po’ come lo Stato riposa
sull’integrazione istituzionale dei rapporti di potere”.

King Kong Théorie

consigli per la lettura…
da King Kong Girl di Virginie Despentes

…..scrivo dalla parte delle racchie, per le racchie, le vecchie, le camioniste, le frigide, le mal scopate, le inscopabili, le isteriche, le tarate, tutte le escluse dal gran mercato della bella donna….


"Allora vuol dire che le piaceva". Gli uomini, in tutta sincerità, ignorano fino a che punto non ci si possa difendere dal dispositivo di indebolimento delle ragazze, fino a che punto sia scrupolosamente organizzato per garantire che essi trionfino senza rischiare granchè, quando aggrediscono le donne. Credono, mellifluamente, che la loro superiorità sia dovuta alla loro grande forza. Non li disturba il fatto di battersi carabina contro coltello a serramanico. Giudicano la lotta paritaria, i beati cretini. è tutto qui il segreto della loro tranquillità di spirito.
 
E’ stupefacente come nel 2006, mentre tanta gente va in giro con computer palmari in tasca, apparecchi fotografici, cellulari, rubriche digitali, musica, non esista il minimo oggetto che si possa introdurre nella fica quando si esce per una passeggiata, e usare per lacerare l’uccello del primo stronzo che ti scivola dentro. forse rendere il sesso femminile inaccessibile con la forza non è auspicabile. Bisogna che resti aperta, e timorosa, una donna. se no, che cosa definirebbe la mascolinità?
Poststupro, il solo comportamento tollerato consiste nel rivolgere la violenza contro se stesse. Aumentare di venti chili, per esempio. Uscire dal mercato del sesso, dato che si è state sciupate, sottrarsi da sole al desiderio. In francia non si uccidono le donne a cui è successo, ma ci si aspetta da loro che abbiamo la decenza di autosegnalarsi come mercanzia danneggiata, inquinata. Puttane o imbruttite, che escano spontaneamente dal vivaio delle sposabili.
Lo stupro fabrica infatti le migliori puttane. Una volta aperte con la forza, esse conservano talora a fior di pelle un avvizzimento che piace agli uomini, qualche cosa di disperato e di seducente. Lo stupro è spesso iniziatico, taglia nella carne viva per fare della donna una donna offerta, che non si richiude mai più del tutto. sono sicura che c’è come un odore, qualcosa che i maschi riconoscono che li eccita ulteriormente.
Ci si ostina a fare come se lo stupro fosse straordinario e periferico, al di fuori della sessualità, evitabile. Come se non riguardasse che poche persone, aggressori e vittime, come se rappresentasse una situazione eccezionale, che non dice niente del resto. Mentre è, al contrario, al centro, nel cuore, fondamento delle nostre sessualità. Rito sacrificale centrale, è onnipresente nelle arti, fin dall’antichità, rappresentato nei testi, dalle statue, nei dipinti, una costante attraverso i secoli. nei giardini di parigi come nei musei, rappresentazioni di uomini che violentano le donne. Nelle Metamorfosi di Ovidio, si direbbe che gli dei passino il tempo a voler prendere delle donne che non sono d’accordo, a ottenere ciò che vogliono con la forza. facile, per loro che sono degli dei. E quando rimangono incinte, è ancora su di esse che le donne degli dei si vendicano. La condizione femminile, il suo alfabeto. Sempre colpevoli di ciò che ci viene fatto. Creature condiderate responsabili del desiderio che suscitano. Lo stupro è un programma politico preciso: scheletro del capitalismo, è la rappresentazione cruda e diretta dell’esercizio di potere. Esso designa un dominante e organizza le regole del gioco per permettergli di esercitare il suo potere senza restrizioni. rubare, strappare, estorcere, imporre, che la sua volontà si eserciti senza ostacoli e che egli goda della sua brutalità, senza che la parte avversa possa porre resistenza. Godimento nell’annullamento dell’altro: mi prendo tutti i diritti su di te, ti costringo a sentirti inferiore, colpevole e degradata.
Lo stupro è caratteristico dell’uomo, non la guerra, la caccia, la violenza o le barbarie, ma lo stupro, che le – finora – non hanno mai fatto proprio. La mistica maschile deve essere costruita come qualcosa di pericoloso per natura, criminale, incontrollabile. A questo titolo deve essere rigorosamente sorvagliata dalla legge, regolamentata dal gruppo. Oltre il velo del controllo della sessualità femminile appare il primo scopo del politico: formare il carattere virile come asociale, pulsionale, brutale. E lo stupro serve innanzi tutto da veicolo a questa costatazione: il desiderio dell’uomo è più forte di lui, non può dominarlo. si sente dire ancora spesso "grazie alle puttane, ci sono meno stupri", come se i maschi non potessero controllarsi, dovessero scricarsi in qualche modo. Convizione politica costruita, e non l’evidenza naturale – pulsionale – che si vuole far credere. Se il testosterone facesse di loro degli animali dalle pulsioni indomabili, ucciderebbero tanto facilmente quanto volentano. E’ lungi dall’essere così. I discorsi sulla questione del maschile sono zeppi di residui oscurantistici. Lo sturpo, l’atto condannato di cui non si deve parlare, sintetizza un complesso di convinzioni fondamentali riguardanti la virilità.

(n.d.ribellule; guerra alla guerra!!!…hihihi…)    

lettera al “manifesto” di teresa gennari


Leggo nell'agenda del Manifesto del convegno alla Casa Internazionale delle
donne dal titolo "Ancora un'alba di maltrattamenti e stalking: nuovi
scenari". Vado quindi sul sito della Casa Internazionale e tra i primi
intereventi in scaletta  ne trovo alcuni che mi lasciano allibita. Il primo
intervento sarà della dott.ssa Matone, Capo Gabinetto della min. Carfagna,
che abbiamo avuto modo di ascoltare più e più volte di fronte al plastico
della famosa villetta di Cogne ospite fissa di Bruno Vespa sui delitti di
cronaca più solleticanti nel nostro paese. A seguire interverrà..il Capo
della Squadra Mobile di Roma,  Dott. Vittorio Rizzi, che dovrebbe illustrare
le nuove strategie efficaci (quelle prima  non lo erano o non c'erano
proprio?)  contro la violenza sulle donne. Ci sarà quindi il Ten Colonnello
dei Carabinieri Giorgio Manzi  che illustrerà, bontà sua, le "nuove risposte
ai loro bisogni" dove le bisognose sono le vittime della violenza. Che avrà
mai pensato un tenente colonnello dei bisogni delle vittime di violenza?
Seguiranno workshop con donne in arrivo da tutto il mondo. L'inconto tra
donne da diverse parti del mondo è qualcosa di prezioso. Quello che non
capisco è come si possa nello stesso luogo difendere il diritto delle donne
a non  essere violentate e violate e ospitare CHI tace delle violenze sulle
donne nei CIE (l'ispettore Vittorio Addesso è stato denunciato da due
ragazze nigeriane per tentato stupro e non abbiamo sentito nessuna
istituzione preoccuparsi per le due ragazze all'interno dei campi di
internamento per clandestine/i sballottate in giro per l'Italia come
punizione per il loro coraggio) CHI tace sulla ripetuta istigazione al
silenzio da parte dei militi delle due armi quando una donna va a denunciare
uno stupro o le botte subite dal coniuge (ma si sa al centro del loro
pensiero, istituzionale e personale, c'è la salvaguardia in primis della
sacralità della famiglia).  Da Genova in poi i suddetti militi, usi obbedir
tacendo, hanno sempre dimostrato quanto gli piaccia picchiare
lavoratrici/ori,precarie/i e l'hanno sempre fatto con solerzia e cattiveria
come la scorsa settimana con la caccia nei vicoli dietro la Prefettura di
Roma con  feriti tra i manifestanti.  Chi chiederà conto di queste violenze
al Capo della Squadra Mobile di Roma?  Oppure ci interessiamo solo della
violenza di genere e quella sui corpi di chi lavora e protesta e di chi è
senza lavoro e protesta lo stesso non ci interessa. E intanto ieri in  Val
Susa altro scempio della democrazia, altre botte sui manifestanti! . Ma noi
con chi parliamo?
Teresa Gennari

Comunicato sullo stupro avvenuto nella ex-scuola “8 marzo”

 


 

Alcuni
giorni fa all’interno della scuola occupata “8 marzo” tre uomini occupanti
hanno agito violenza contro una donna ospite, anche
lei, dell’occupazione. La donna ha denunciato gli stupratori.

Noi
ci schieriamo a fianco di questa donna a cui riconosciamo il coraggio della
denuncia ed esprimiamo a lei tutta la nostra solidarietà.

 Purtroppo
la nostra esperienza politica e sociale ci ha insegnato che la sopraffazione
degli uomini sulle donne avviene anche in quegli ambienti che dovrebbero essere
liberi, come gli spazi di movimento, e che tali
violenze
 non cesseranno mai di esistere se non vengono costantemente messi
in discussione i rapporti di potere tra i generi e contemporaneamente
e
fermamente condannati gli atteggiamenti e i comportamenti sessisti che
troppo spesso  vengono  assunti come “normali” in una società
patriarcale e uomo-centrica e passano pertanto in secondo piano.

 
Abbiamo
invece appreso, con rabbia e rammarico, che la donna non ha ricevuto alcun tipo
di solidarietà da parte degli altri occupanti. Anzi è stata letteralmente
cacciata fuori dalla 8 marzo dopo essere stata picchiata! Inoltre non solo gli
occupanti,  continuano a convivere
tranquillamente con gli uomini violenti, ma, a quanto ci viene riferito,
iniziano a girare voci che denigrano la donna per il suo stile di vita e per i
suoi comportamenti: un copione che da sempre accompagna gli episodi di violenza
contro le donne quando queste denunciano pubblicamente la violenza subita. 

 
Tra
le persone accusate di violenza c’è Sandro Capuani, un occupante che, pur non
avendo mai fatto parte del CSOA Macchia Rossa, è stato coinvolto nel
procedimento giudiziario contro alcuni militanti e una militante del centro
sociale e della 8 marzo occupata.

 
Esprimiamo
la nostra netta condanna nei confronti di tale soggetto a cui, da ora in
avanti, neghiamo ogni forma di sostegno politico, legale ed umano.

 
A
questo punto ci aspettiamo ogni sorta di strumentalizzazione da parte dei
carabinieri della stazione di villa Bonelli e dai cosiddetti giornalisti loro
sodali, vista la fervida fantasia di cui hanno saputo dare prova. Questo non
toglie nulla alla drammaticità dei fatti.

 
Nell’ottobre
del 2007 c’era stata un’altra grave aggressione ai danni di una occupante della
“8 marzo” da parte del suo compagno. Allora, però, il comportamento degli/delle
occupanti era stato ben diverso: l’aggressore era stato messo in fuga ed il
massimo sostegno era stato fornito alla donna, arrivando anche a testimoniare
in tribunale sull’avvenuta aggressione.

 
Dal
14 settembre 2009, data del ben noto arresto di alcuni compagni e di una
compagna, le cose sono cambiate. Hanno tentato di farci credere che in
un’occupazione dove ci sia un’assemblea che si
dà delle regole finalizzate ad una convivenza civile ed al contrasto di
comportamenti violenti, in particolare contro le donne, è da considerarsi un
crimine. Un crimine da punire con la galera. O almeno questo, secondo il
teorema accusatorio costruito da magistratura e carabinieri, è quello che
vogliono farci credere.

 
Nei
mesi successivi a quella data la situazione all’interno della “8 marzo” non ha
fatto che peggiorare: dietro l’esplicita minaccia della repressione, i
meccanismi di autogestione hanno smesso di funzionare, compagni e compagne sono
stati progressivamente allontanati/e dall’occupazione, che si è di fatto
auto-isolata dal contesto cittadino della lotta per la casa. A parte alcuni che
hanno tentato di evitarlo, la maggioranza deglidelle occupanti, sempre dietro
la minaccia dei carabinieri, ha di fatto abbandonato la strada
dell’autorganizzazione, accettando la convivenza con informatori e spie,
tralasciando la lotta e negando nei fatti la solidarietà ai compagni e alla
compagna inquisiti.

 
Per
tutti questi motivi, purtroppo, ad oggi i compagni e le compagne del CSOA
Macchia Rossa non hanno nulla a che fare con la gestione dell’occupazione “8
marzo” e dichiarano pubblicamente e politicamente la loro estraneità a quello
che accade in un’occupazione gestita dai carabinieri e priva delle fondamenta
dell’autorganizzazione sociale, della lotta e della solidarietà.

 
CSOA
Macchia Rossa – Magliana

RU-486 LIBERE DI SCEGLIERE

http://leanarchie.over-blog.net/

fonte immagine:le blog de lea

 

RU-486 LIBERE DI SCEGLIERE

Dopo mesi di polemiche nel luglio 2009 l’Agenzia Italiana per il
Farmaco(AIFA) ha dato il via libera per la commercializzazione in Italia
del Mefegyne, o RU-486, o pillola abortiva. Da febbraio il farmaco sarà
disponibile negli ospedali.
La RU-486 è un farmaco che permette alla donna di abortire senza
sottoporsi ad intervento chirurgico. Inibisce lo sviluppo dell’embrione
causando il distacco, l’eliminazione della mucosa uterina e la dilatazione
del collo dell’utero, con un processo simile a quello delle mestruazioni.

COME FUNZIONA:
In presenza di personale medico, la donna assume da una a tre compresse di
Mifegyne (Mifepristone) entro la settima settimana (49 giorni) dall’inizio
dell’ultima mestruazione.  Poco dopo puo’ rientrare a casa. Dopo due
giorni bisogna sottoporsi ad una visita medica che accerti l’espulsione
del materiale gravidico e quindi l’effettiva interruzione della
gravidanza. Se questa non è avvenuta viene somministrata la prostaglandina
che  induce contrazioni uterine e provoca l’espulsione dei tessuti
embrionali mediante un sanguinamento vaginale (che può durare da 7 a 30
giorni). La donna rimane in osservazione per alcune ore. Circa due
settimane dopo viene effettuata una visita di controllo.
Secondo gli studi effettuati l’interruzione di gravidanza avviene nel
92-99% dei casi con l’assunzione di entrambi i farmaci, nell’80% dei casi
con l’assunzione di solo Mifepristone. Se l’interruzione non fosse
avvenuta sarà necessario sottoporsi all’aspirazione chirurgica.
 
DIFFERENZA ABORTO CHIRURGICO-RU486
Entrambi i metodi sono efficaci e sicuri. In rari casi il medico deve
sconsigliare l’uno o l’altro per ragioni legate alla salute della donna
coinvolta.Esistono pero’ delle differenze riguardanti il periodo entro il
quale la donna si deve decidere e anche riguardanti la percezione dei due
metodi.  L’interruzione farmacologica si offre per le donne che sono
giunte rapidamente alla decisione di interrompere la gravidanza. Le donne
che si decidono piu’ tardi o hanno bisogno di un tempo di riflessione piu’
esteso, devono ricorrere all’intervento chirurgico che viene eseguito
generalmente dopo la 7° settimana.
Con la RU-486 si evita l’intervento chirurgico e l’eventuale anestesia.
Mentre l’operazione dura poco tempo il procedimento della RU-486 dura
almeno 3 giorni.
Le perdite di sangue con l’intervento sono di breve durata e poco
abbondanti mentre con la  RU-486 sono più prolungate.
Con l’intervento chirurgico i dolori prolungati sono rari, mentre con la
RU-486 i dolori addominali possono essere più o meno prolungati.
Con la RU-486 c’è una riduzione dei tempi di attesa negli ospedali e un
miglioramento delle  condizioni per le donne che devono affrontare un
aborto.

ALTROVE:
Molte donne in Europa, dove è commercializzata  da circa 20 anni,
utilizzano la pillola RU486; si tratta di circa il 30% del totale delle
interruzioni di gravidanza. In Francia si eseguono con la Ru486 un terzo
di tutti gli aborti volontari.
Attualmente la RU486 è in uso in tutti i Paesi della Comunità Europea, ad
eccezione di Italia (in cui è in fase di sperimentazione soltanto in
alcune regioni) e Irlanda.

COSA NON E’:
La pillola abortiva non è la pillola del giorno dopo, che viene assunta
entro 72 dal rapporto a rischio e che previene il CONCEPIMENTO ed è quindi
da considerarsi un anticoncezionale d’emergenza (prima si assume, più
probabilità ci sono che faccia effetto).

QUESTIONI CONTROVERSE:
Gli antiabortisti stanno sollevando la polemica sulla obbligatorietà della
"ospedalizzazione" di  almeno tre giorni consecutivi.Dal 2005 in alcune
regioni italiane è  in corso una sperimentazione e tutta questa attività è
 monitorata  dalle relazioni annuali che il Ministero della salute deve
produrre  sull’applicazione della legge 194.

Dopo la sperimentazione il rischio è che venga imposto il ricovero ospedaliero per 3 giorni,
quando la 194 non lo impone. Questo permetterebbe alle aziende ospedaliere,
che non vogliano utilizzare la ru486 di addurre come scusa la mancanza di posti letto.

Altro problema è l’idea di permettere l’utilizzo della pillola alle sole
donne che superano una sorta di test socio-psicologico. Il test
consentirebbe di vietare la pillola per le categorie considerate più a
rischio: le donne che non hanno conoscenze linguistiche adeguate
(straniere da poco in Italia), chi risiede ad oltre un’ora da un ospedale,
chi non ha un’alta tolleranza al dolore, le donne sole o prive di
assistenza, quelle prive di un’auto. È un’ipotesi che tuttavia non potrà
essere imposta, semmai pilotata attraverso protocolli di intesa con le
Regioni.

LA LEGGE 194:
* l’interruzione deve essere effettuata da un medico in  una struttura
ospedaliera pubblica, oppure convenzionata autorizzata, O ANCHE  in un
poliambulatorio pubblico adeguatamente attrezzato (art.8)
* il certificato serve alla donna ad ottenere l’intervento  e, SE
NECESSARIO, il ricovero (art.8).
Quindi in nessuna parte della 194 si parla di obbligo di  ospedalizzazione
per l’Ivg, ma si fa solo riferimento al fatto che della  procedura deve
occuparsene un medico, e all’interno di una struttura  autorizzata a
farlo.
*Il medico che esegue l’interruzione della gravidanza e’ tenuto a fornire
alla donna le informazioni e le indicazioni sulla regolazione delle
nascite, nonche’ a renderla partecipe dei procedimenti abortivi, che
devono comunque essere attuati in modo da rispettare la dignita’ personale
della donna. (art.14)
*La legge prevede, a carico delle Regioni, l’aggiornamento del personale
ospedaliero  "sull’uso delle tecniche più moderne, più rispettose
dell’integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per
l’interruzione della  gravidanza" :
*Le regioni, d’intesa con le universita’ e con gli enti ospedalieri,
promuovono l’aggiornamento del personale sanitario ed esercente le arti
ausiliarie sui problemi della procreazione cosciente e responsabile, sui
metodi anticoncezionali, sul decorso della gravidanza, sul parto e
sull’uso delle tecniche piu’ moderne, piu’ rispettose dell’integrita’
fisica e psichica della donna e meno rischiose per l’interruzione della
gravidanza. Le regioni promuovono inoltre corsi ed incontri ai quali
possono partecipare sia il personale sanitario ed esercente le arti
ausiliarie sia le persone interessate ad approfondire le questioni
relative all’educazione sessuale, al decorso della gravidanza, al parto,
ai metodi anticoncezionali e alle tecniche per l’interruzione della
gravidanza. Al fine di garantire quanto disposto dagli articoli 2 e 5, le
regioni redigono un programma annuale d’aggiornamento e di informazione
sulla legislazione statale e regionale, e sui servizi sociali, sanitari e
assistenziali esistenti nel territorio regionale.(art.15)

QUINDI?
La RU-486 è un’alternativa a cui abbiamo diritto, dobbiamo essere libere
di scegliere consapevolmente se e come abortire. Dobbiamo avere accesso a
tutte le informazioni e tutte le possibilità per gestire
una gravidanza indesiderata. Non vogliamo essere ostaggio della
disinformazione bigotta e di comportamenti punitivi nei nostri confronti.
Non dobbiamo scontare nessuna pena, non abbiamo nessuna colpa da espiare
col dolore.
Le amministrazioni si dovrebbero preoccupare non tanto di scelte che spettano solo

e unicamente alla donna, ma piuttosto di offrire strutture
che possano prevenire gravidanze indesiderate e sostenere maternità consapevoli.
 
Abbiamo bisogno di luoghi in cui la donna possa trovare le cure e
l’accoglienza necessarie ad affrontare serenamente ogni sua scelta.
E mezzi (casa, reddito, servizi) che sostengano
l’autodetrminazione di tutte e tutti, con o senza permesso di soggiorno.

13/2/2010 manifestazione nazionale NO VAT

 

 

 

 

 

x info:facciamo breccia

 

Il 13 Febbraio 2010 per il quinto anno scendiamo ancora in piazza
contro il Vaticano per denunciarne l’invadenza nella politica
italiana: è infatti uno degli attori che agiscono nelle complesse
dinamiche di potere sottese a un sistema autoritario e repressivo.

L’11 febbraio 1929 i Patti Lateranensi sancivano la
saldatura tra Vaticano e regime fascista, oggi le destre agitano il
crocefisso per legittimare un ordine morale in linea con
l’integralismo delle gerarchie vaticane, lo strumentalizzano per
costruire un’identità nazionale razzista e una declinazione della
cittadinanza eterosessista e familista.

Da una parte le destre criminalizzano immigrate ed
immigrati, istigano a una vera “caccia all’uomo”, li/le
rappresentano come la concorrenza nell’accesso alle risorse
pubbliche mentre nessuno affronta il problema di un welfare
smantellato e comunque disegnato su un modello sociale che non c’è
più. D’altra parte la chiesa cattolica  legittima
esclusivamente questo modello di società, basato sulla famiglia
eterosessuale  tradizionale, sulla divisione dei ruoli sessuali,
dove un genere è subordinato all’altro e lesbiche, gay e trans non
hanno alcun diritto di cittadinanza.

Su un altro fronte, destra moderata e sinistra
riformista attuano il tentativo di procedere ad un’assimilazione
selettiva dei soggetti minoritari sulla base della disponibilità
espressa a offrirsi docilmente a legittimare discorsi razzisti,
eterosessisti e repressivi. E’ prevista l’inclusione solo di quelle
soggettività che non mettono in discussione il potere: c’è un
piccolo posto anche per gay, lesbiche e trans e per altre figure
della diversità, purché confermino l’ordine razzista, sessista e
repressivo.

In questo quadro, nel movimento lgbtq, abbiamo
assistito alla comparsa di “nuovi” soggetti che ne usano le
parole d’ordine per produrre un ribaltamento della realtà: a
protezione delle soggettività supposte deboli pongono i loro
carnefici. Chi legittima questi “nuovi” soggetti, contribuisce a
produrre un ulteriore spostamento a destra, a normalizzare la
presenza delle destre radicali nel dibattito pubblico.

Fuori da queste lotte interne al potere, 
dobbiamo constatare la diffusa e asfissiante presenza di un’etica
cattolica, un modello di politica che propone come uniche alternative
di “rinnovamento” il moralismo e il giustizialismo. Sappiamo che
se oggi  il Vaticano appare meno interventista è solo perché
non ne ha bisogno: già nel nostro paese possiede il monopolio
dell’”etica” che abbraccia indistintamente governo e
opposizione parlamentare che fanno a gara – come sempre – ad
inginocchiarsi all’altare del giustizialismo e del buonismo
ipocrita.

Respingiamo il tentativo di  espropriare anche
i movimenti di lesbiche, gay, trans e femministe, di categorie
fondamentali quali l’antifascismo, altrimenti l’ambiguità politica
finirebbe per rendere le nostre soggettività complici di
quest’ordine morale e politico che concede una legittimazione
vittimizzante e minoritaria in cambio dell’assuefazione alla
repressione.

Contrastiamo questo potere che, dove non
addomestica, reprime e, attraverso l’ordine morale vaticano, assume
dispositivi di disciplinamento e controllo sociale che negano
qualunque tipo di autodeterminazione: l’autodeterminazione sociale ed
economica dei e delle migranti, l’autodeterminazione dei corpi e
degli stili di vita di donne, gay, lesbiche e trans,  ogni
percorso di autorganizzazione, di dissenso e di conflitto.

Denunciamo che quando il  processo di
addomesticamento non si compie viene utilizzato il carcere, il CIE
(centri di identificazione ed espulsione), la repressione, la paura,
la noia, la solitudine, l’intimidazione e la criminalizzazione per
neutralizzare gli elementi di dissenso non previsti e non gestibili:
migranti, movimenti, studenti, lavoratori e lavoratrici,
disoccupati/e.

Riaffermiamo che antirazzismo, antifascismo,
antisessismo sono  lotte, necessarie l’una  all’altra, da
condurre anche contro l’uso strumentale delle libertà di donne e
lgbt per rafforzare e legittimare un modello razzista.

Portiamo in piazza i nostri percorsi di
autodeterminazione nell’acutizzarsi della crisi economica e dello
smantellamento dello stato sociale – in particolare della scuola e
dell’università –  che tanto spazio lascia alle imprese private
e  confessionali.

Riaffermiamo le diversità e le differenze sociali,
sessuali, culturali, contro l’identità nazionale razzista e
eterosessista che ci vogliono imporre e contro l’ordine morale
vaticano.

Portiamo in piazza i nostri percorsi di liberazione
per ribadire la nostra volontà di agire nello spazio pubblico per
produrre trasformazione sociale e culturale.

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Durante
la manifestazione verranno promossi i  preservativi
ENCANTO
prodotti dalla

Brigata
Di Strada In Appoggio Alla Donna "Elisa Martinez"