PinkCleaners – Ripulisci il tuo orgoglio dal Pink Market!

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Siamo il collettivo femminista le Ribellule di Roma, che dal 2005 si è impegnato a combattere la violenza contro le donne, ogni fascismo razzismo e sessismo, ogni limitazione dell’autodeterminazione, nei territori, in ospedali, C.I.E., carceri e camere da letto.
Per questo, prendiamo parola per denunciare il clima e lo contraddizioni politiche dei Pride in tutte le città.

Il Pride per noi ha sempre rappresentato un momento di contraddizioni: da una parte la rivendicazione della rivolta di Stonewall del 1969 e la nascita del movimento LGBTQI  e dall’altra la rappresentanza mainstream delle associazioni.

Riconosciamo le stessa radice della violenza eteronormata di quella sul corpo delle donne: si passa dagli stupri ai pacchetti sicurezza, alla repressione, alla normalizzazione, alla riduzione delle donne a soggetti deboli da mettere sotto tutela. Dall’omofobia al tentativo di integrare le soggettività lgbtqi innescando un sistema oppressivo, di neutralizzare ogni tipo di conflittualità creando l’esigenza di essere “come tutti gli altri”, quei “normali” che sgomitano e sono pronti a schiacciare chiunque per farsi togliere la libertà in cambio di un leggero riconoscimento.

Le istituzioni ti fanno sentire impotente per porsi garanti della tua esistenza, in cambio ti si richiede alienazione e produttività. Devi diventare uno strumento per annientare i suoi nemici, devi essere paladin@ della legalità sul piano interno e della civiltà su quello globale. E allo stesso modo, il mercato liberista fagocita le differenze per ridurle a merce: dalle diversità alla diversificazione del prodotto, da soggetti conflittuali a target commerciali.
Per pinkwashing e omonazionalismo qui.

Non a caso, a patrocinio del Pride nazionale di Palermo compaiono due brand: Confindustria e l’ambasciata Usa.
Questa partecipazione avviene in Sicilia, una terra che gli USA hanno devastato con basi militari, interventi economici e politici, loschi e palesi, e in un momento in cui le comunità sono ricattate sul piano della vita e del profitto.
La loro è stata una scelta politica ben precisa: mettere chi partecipa al Pride contro le lotte territoriali e viceversa.

Noi siamo femministe, lesbiche, queer e favolosità varie e stiamo con i/le NOMUOS!

In Italia, la crisi economica in corso arriva alla fine di un processo lungo vent’anni di depauperimento delle forme di vita e di ampliamento delle diseguaglianze.
Confindustria tana! La crisi siete voi.

Al Pride ha messo il bollino anche la Croce Rossa, responsabile di violenze nei confronti di chi fugge da situazioni di povertà, guerra e limitazione dei diritti umani, anche sul piano dell’orientamento sessuale!!!

Per questo abbiamo deciso di informare chi sta attraversando il Pride su quali sono i processi che si stanno verificando sui nostri corpi e di ripulire il Pride dal Pink Market che controlla i corpi e omologa i desideri e per spazzare via l’immagine gay-friendly che Confindustria, Ambasciata USA e anche la Croce Rossa utilizzano per distrarre dalle violazioni, violenze e i crimini che compiono.

La Questura di Roma vieta il corteo in ricordo di Giorgiana Masi e contro il femminicidio

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Dopo 2 giorni di trattativa con la Questura di Roma, i gruppi e le associazioni di donne, i collettivi autorganizzati e liberi individui, promotori della giornata del 12 maggio in ricordo di Giorgiana Masi, contro il femminicidio e in contestazione alla “Marcia per la vita” convocata dall’oltranzismo cattolico, ricevono il divieto di manifestare in qualsiasi luogo adiacente al percorso della marcia.
Si tratta dell’ennesima dimostrazione di come l’operato delle forze dell’ordine sia asservito ai poteri del governo cittadino e allo stato del vaticano, nascondendo una marcia tutta politica sotto le vesti di manifestazione sportiva, e adducendo motivi di ordine pubblico.
Giorgiana Masi come centinaia di persone il 12 maggio del 1977 erano in strada sfidando, anche quella volta, il divieto di manifestare.
Oggi come ieri saremo nelle strade del centro di Roma, partendo da Piazza Campo de Fiori fino ad arrivare a Ponte Garibaldi.
Con o senza autorizzazioni noi costruiremo la nostra giornata.
La nostre vite sono autodeterminate e la nostra rabbia non si placa.

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Sabato 6 aprile abbiamo attraversato il centro di Roma, un non-luogo  che è ormai  solo una vetrina per turisti. Con la SlutWalk, femministe, soggettività e collettivi lgbti, Queer, Cagne e favolosità varie si sono riappropriat@ delle strade da cui quotidianamente sono esclus@.
Siamo partit@ dal Teatro Valle, abbiamo fatto lo struscio al Pantheon, abbiamo inveito sotto il Parlamento e abbiamo  canzonato le boutique di via del Governo Vecchio. Poi ci siamo sciolt@ in una pomiciata collettiva a piazza Navona.

La Slutwalk di Roma è stata il punto di arrivo di un percorso e di un ragionamento sul corpo, per trovare collettivamente un modo con cui risignificarlo in senso politico.
Si è svolta all’interno del Festival “Da Mieli a Queer” perché abbiamo individuato nella normalizzazione e nell’omologazione i processi attraverso cui il controllo sociale reprime desideri e scelte.
La Slutwalk è un insieme di pratiche, per noi è stata l’occasione di intraprendere percorsi e tessere alleanze con altre soggettività che, come le donne, vengono stigmatizzate in base a scelte sessuali e attività riproduttive.
FUCK PATRIARCHY!

Il corpo, svincolato dalle imposizioni e dai condizionamenti esterni che lo rendono oggetto, diventa soggetto che rivendica bisogni e desideri all’interno di una collettività complessa; un soggetto che rivendica il diritto inalienabile di attraversare spazi pubblici e privati senza subire violenza, anche sotto forma di uno sguardo morboso.

Nella cultura in cui siamo immers@  le donne passano automaticamente da vittime di violenza ad ammaliatrici di uomini. Nella differenza delle storie ciò che rimane è il meccanismo giudicante (solo per fare alcuni esempi si potrebbe partire da “Processo per stupro” fino ai più recenti casi di violenza : Montalto di Castro, San Sepolcro, L’Aquila).

Con la SlutWalk ribaltiamo la logica della marginalizzazione con quella della rivendicazione, a partire dalla parola Puttana: la più usata per offendere le donne.
Nel nominarci Puttane abbiamo deciso di riappropriarci e gridare a squarciagola una parola che ci incolpa, spesso e volentieri, di andarci a cercare stupri e violenze con le nostre minigonne e le nostre scollature profonde.

Noi rivendichiamo il diritto di essere libere, di andare dove ci pare, baciare chi ci pare e scopare con chi ci pare.