Louise Michel (Vroncourt, 29 maggio 1830 – Marsiglia, 9 gennaio 1905) fu una insegnante e anarchica francese.

Ovunque l’uomo soffre nella società maledetta, ma nessun dolore è paragonabile a quello della donna.

(Quando dice ad un pretendente che se vuole sposarla deve uccidere
l’imperatore) rischiate la vostra vita, perché io rischio la mia libertà.

Non ho voluto essere razione di carne per l’uomo né dare schiavi
ai Cesari.

Mercati dove si vendono le belle figlie del popolo mentre quelle
dei ricchi sono vendute per la loro dote… L’una la prende chi
vuole. L’altra la si dà a chi vuole.

Gli uomini più progressisti applaudono all’idea di uguaglianza dei sessi. Ho
potuto constatare che come prima e come sempre ancora gli uomini,
senza volerlo, vuoi per abitudini o vecchi pregiudizi, vogliono sì
aiutarci, però si accontentano solo di sembrarlo. Prendiamoci allora
il nostro posto e non aspettiamo d’averlo.

Sono quindi anarchica perché solo l’anarchia può rendere felici
gli uomini e perché è l’idea più alta che l’intelligenza umana
possa concepire, finché un apogeo non sorgerà all’orizzonte.

"Non voglio difendermi e non voglio essere difesa, appartengo
completamente alla rivoluzione sociale e mi dichiaro responsabile
delle mie azioni[…..]Bisogna escludermi dalla società, siete stati
incaricati di farlo, bene! L’accusa ha ragione. Sembra che ogni cuore
che batte per la libertà
ha solo il diritto ad un pezzo di piombo, ebbene pretendo la mia
parte!" [dichiarazione rilasciata durante il processo contro
i comunardi
]


Come si fa l’amore.

Dal “Pane e le Rose” del 1973.

Come si fa l’amore? Alcuni credono di saperlo molto bene, in genere sono uomini dal sorriso facile, che di donne “ne mettono sotto” quante ne vogliono. Altri credono di aver imparato al terzo colpo, dopo l’angoscia della prima volta, consumata, magari, con qualche ragazzina dai gusti semplici, che non destasse imbarazzo o con una tardona vogliosa carica di iniziative, ma inferiore al partner, per le tare estetiche della maturità.
Le donne a far l’amore, per definizione, non imparano mai. Imparano a subire le effusioni maschili, prima. Poi si abituano, o imparano a mentire mugulando improbabili orgasmi cinematografici. Alcune col tempo ci provano gusto, pur mantenendo una passività di fondo, quell’atavico “stare sotto” ondeggiando appena i fianchi, come un delicato congegno che regola il flusso del piacere altrui.. Altre non ci provano gusto, non imparano, non si chiedono neppure perché diavolo non ci provino gusto.
A far l’amore, però, si continua, e non certo per non estinguere la stirpe, (preoccupazione tipicamente vaticana). Non è neppure soltanto un bisogno fisiologico, comparabile in tutto alla fame e alla sete, o a una cattiva abitudine, come l’alcool. Il fatto è che fare l’amore è bello, o almeno lo sarebbe, e tutti, proprio tutti, lo intuiscono più o meno confusamente fin da piccoli. Infatti si va in giro cercandosi dalla prima infatuazione da pianerottolo fino al matrimonio.
Sarebbe bello se fosse vero, cioè se fosse l’incontro fisico, emotivo, carnale di due individui diversi e simili, fisicamente complementari. Se fosse la spartizione del piacere, condividere, nel senso più profondo del termine, un’esperienza di felicità. Si diventerebbe complici, per aver fatto l’amore insieme, come ladruncoli fortunati (succede, in alcune occasioni felici, di guardarsi, dopo, con una solidarietà nuova), allora si parlerebbe anche meglio, con meno antagonismo. Fare l’amore sarebbe ad un tempo il presupposto e la sintesi del rapporto con un uomo, del rapporto con una donna. Non lo strumento del piacere, né lo strumento attraverso cui l’uomo conquista, la donna si fa accettare ed entrambi si difendono dalla solitudine (“se non gliela do non mi sposa”, “se non la soddisfo va con un altro”). Ma non è così. Una religione vecchia di secoli ci ha insegnato che il corpo è cosa ben diversa dallo spirito.
Ci spogliamo imbarazzati. Come in un rito recuperiamo la dimensione-anima con poche parole d’amore. Intanto ci prepariamo per una battaglia in cui, tra l’altro, bisogna vincere in due. Lui vuole il suo piacere, ma vuole anche offrire una prestazione degna, da stallone. Lei ha paura. Il piacere (le hanno detto) è una cosa da uomini, come la pipa e il dopo barba. Il piacere dell’uomo è il dovere della donna, e altre piacevolezze. Se, poi, ha la disgrazia di essere una compagna con fama di emancipazione deve ostentare fantasia e partecipazione, pur senza sottrarsi al suo ruolo di subordinata. Deve starci con tutti quelli che glielo chiedono, e, in genere, sono molti, perché la fama di emancipazione è un richiamo universale per uomini pigri e amanti del quieto vivere (“A questa almeno, non devo fare la corte”). Se si fa pregare, rischia una vibrante accusa di anticomunismo (“AH allora non sei liberata…”). Se si fa l’amore uno contro l’altra, controllandosi, se ti distrai e ti metti a pensare a qualche sciocchezza come prima di addormentarti, ti vergogni. Se l’orgasmo non compie il miracolo di chiudere l’amplesso in bellezza, ti senti malata, frigida, cretino, impotente, finocchio.
L’orgasmo non è obbligatorio e neppure la penetrazione, il corpo è grande e, se non fosse addormentato dalla repressione, sarebbe tutto sensibile e quanto e, magari, chissà, anche più sensibile di quei due tirannici organi addetti al piacere (in realtà solo alla procreazione). Non è obbligatorio arrivare insieme al culmine, urlare insieme, non è obbligatorio travestire la sessualità di parole dolci, spegnere le luci, accendere il giradischi (per caso, naturalmente perché la premeditazione non è gradita alle signore). Non è obbligatorio che sia di notte, che sia sabato, che ci sia un letto. Non è obbligatorio essere sposati, fidanzati, neppure amanti. Non è obbligatorio avere gli occhi chiusi e il corpo profumato. Fare l’amore è bello, non è uno strumento per qualcos’altro che magari è bello, ma è qualcos’altro.
Si arriva a letto come due naufraghi, carichi di colpe e aspettative. A nessuno viene in mente di fare l’amore per allegria, per simpatia, per tenerezza, è sempre un ricatto, un rapporto commerciale, la clausola di un contratto, oppure un prestito, un regalo, un’offerta. La battaglia ininterrotta del corpo e dello spirito: spontaneità zero. Come si fa l’amore? Non esiste un kamasutra di sinistra, una topografia delle zone liberate (“per favore, toccami qui che è più erogeno”). E se esistesse bisognerebbe affrettarsi a distruggerlo.
L’amore bisogna proprio reiventarselo. Non basta applicare le stesse tecniche tre centimetri più in là. Ma allora come si fa l’amore? In terra? Con la luce al neon negli occhi? In tre? Chiacchierando? Camminando? Con le mani legate? Con l’uomo sotto? Senza l’uomo? Azzardiamo alcune ipotesi, sotto forma di consiglio, anche noi siamo ancora in piena sperimentazione:
a) ricordare che nel letto non ci sono il suo organo sessuale e la sua testa, e neppure due organi sessuali, ma due persone con le loro teste e i loro sessi.
b) parlare, senza pudori o mistificazioni, del fatto che si fa, si è fatto, si sta facendo l’amore. Non è “sesso e silenzio” la consegna. Il rischio è di metterci otto anni a imparare cosa piace.
c) evitare la fretta, l’intervallo delle dieci, l’armadio delle scope, le situazioni, insomma, che richiedono un eccesso di tensione. Non si può far l’amore con l’occhio all’orologio.
d) sconfiggere a tutti i costi qualsiasi dimensione agonistica, io sono più bella, lui è più bravo, io sono più imbranato, adesso ti faccio veder io quanto duro…
e) evitare la falsa naturalezza tipo scivolare sul letto felpati e casuali, slacciarsi la camicetta a dieci gradi dicendo: “Ho caldo”, ecc…
f) liberarsi il più possibile dal proprio ingombrante ego, non per donarsi come dicono i cattolici, ma perché l’amore si fa in due
Tutto questo è vago, incerto e scarsamente indicativo, ma la verità vera è che l’amore si fa bene volendosi bene. Oltre l’individualismo l’amore. Ma non si può andare in bianco fino al socialismo, allora….

Nei C.I.E. la Polizia stupra!

Cariche della polizia nel pieno centro di Milano. Cariche determinate e violente, in mezzo ai passanti che affollano il piazzale della stazione Cadorna. Perché? Per sequestrare ad un gruppo di manifestanti lo striscione che vedete qui. Se questo striscione è stato difeso ed è ancora libero, la polizia è riuscita a catturarne un altro, un po’ più sintetico e più piccolo, insieme ad un megafono. Insomma è vietato scrivere in grande e dire ad alta voce che i Cie sono dei luoghi di tortura per tutti i reclusi, e che se i reclusi sono donne tortura vuole dire anche abusi sessuali da parte dei guardiani. Ed è vietato, anzi, vietatissimo, farlo durante la “giornata internazionale contro la violenza sulle donne”.


 


Ascolta questa diretta, registrata tra una carica e l’altra:


http://www.autistici.org/macerie/?p=22953


E quest’altra, che riassume il pomeriggio milanese:


http://www.autistici.org/macerie/?p=22953


Per avere una idea dell’aria che tira a Milano vi consigliamo di ascoltare lo speciale appena editato da Radiocane. E sempre su Radiocane potete ascoltare
“Sebben che siamo donne? Speciale donne e Cie”


Milano non è stata l’unica città in cui il 25 novembre è stato dedicato alla condizione delle donne nei Cie. Iniziative simili ci sono state in maniera coordinata anche a Bologna, a Roma, a Catania e altrove (noinonsiamocomplici.noblogs.org). Nei prossimi giorni vi racconteremo anche queste iniziative più nei dettagli: per ora sappiate solo che, proprio mentre fuori dal Centro di Ponte Galeria si svolgeva il presidio in solidarietà con le recluse, un prigioniero dell’area maschile ha provato ad impiccarsi tre volte, fino ad essere portato via dalle guardie. Ora che scriviamo è ancora in infermeria, o in isolamento, non sappiamo. Ascoltate la presentazione della giornata, fatta da una compagna di Bologna ai microfoni di Radio Blackout:


http://www.autistici.org/macerie/?p=22953


(A proposito di cose vietate e celerini, anche a Venezia la polizia ha mostrato i muscoli per evitare che i passanti potessero ammirare troppo a lungo tre pupazzi che stavano a rappresentare i tanti migranti morti in mare per colpa delle politiche assassine dei governi. Niente cariche vere e proprie ma spintoni e qualche manganellata, il tutto sotto gli occhi severi degli inviati del ministro Maroni.)
macerie @ Novembre 26, 2009

da noinonsiamocomplici.noblogs.org

Che poi questo sia un paese complice degli stupratori – Montalto di Castro docet – poco ce ne importa: noi continueremo a nominare le cose come stanno, pane al pane, senza farci spaventare da logiche mafiose e minacciose in dotazione alle forze dell’ordine o alle altre forze patriarcali.
Le compagne di Milano oggi non erano sole: altre donne erano in contatto diretto e continuo con loro, da altrove, carica dopo carica; le testimonianze delle compagne milanesi intanto correvano in rete, e correvano le immagini dello striscione insanguinato.
Cerchiamo di esserne consapevoli, una volta per tutte: è necessario un rovesciamento. Chi deve aver paura non siamo noi, ma chi pensa di essere legittimato a stuprare in nome del proprio potere e delle connivenze di cui gode. Anche, e ancor più, se veste una divisa o se è un familiare o un datore di lavoro.
Siamo al fianco delle compagne milanesi e, con loro, siamo al fianco delle donne che nei Cie si ribellano alle condizioni disumane di vita cui vorrebbero piegarle, e si ribellano a molestatori e torturatori in divisa.
NEI CIE LA POLIZIA STUPRA. Non serve aggiungere altro: scegliamo da che parte stare. Ora!

Aspettando il take back the night…

 

 

Per maggiori info, scaricare spot e volantini: takebackthenight.noblogs.org

*MARTEDì 10 N0V*

ore 13.30: Pranzo Sociale @ la Sapienza

-Città Universitaria- Pratone

*VENERDì 12 NOV*

ore 19.00: Aperitivo @ Volturno – Via Volturno 37- Stazione Termini

*DOMENICA 15 NOV*

ore 13: Pranzo Sociale- Menu MultiEtnico @ Lucha y Siesta

– Via Lucio Sestio 10- MetroA –

*LUNEDI’ 16 NOV*

ore 13: Pranzo Sociale-InFoPoint-Assemblea 

@Lettere Rm3-Via Ostiense 234- MetroB-Marconi 

 

—–*SABATO 21 NOV*——

finalmente TAKE BACK THE NIGHT!!
ore 18.30 @ Piazza Vittorio

Iniziativa sulla RU486 13/11 @S.Lorenzo

 

Pillola RU486:

 

– che cos’è?

– come agisce?

– quali vantaggi offre?

E’ chiara la criminalizzazione della libera scelta femminile: i lunghissimi tempi di approvazione parlamentare, le ossessioni vaticane, la disinformazione dei media, la violenza fisica e verbale da parte della destra clerico-fascista.

 

ASSEMBLEA CITTADINA

13 NOVEMBRE 2009 H 17.00

AL GRANDE COCOMERO

VIA DEI SABELLI 88/A (S. Lorenzo)

Partecipano:

– Graziella Bastelli (Operatrice sanitaria, Policlinico Umberto I)

– Lisa Canitano (Ginecologa, Vita di Donna)

– Marco Sani (Ginecologo)

– Silvio Viale (Ginecologo, ospedale S.Anna di Torino)

LIBERE DI SCEGLIERE!

ASSEMBLEA DELLE DONNE E DEI CONSULTORI DI ROMA E CASTELLI

info e contatti: dammidellei@gmail.com

Take Back The Night! Riprendiamoci la notte!

*Take back the night!* 
*Riprendiamoci la /notte/!*

Dopoanni di politiche sempre più restrittive per la libertà di tutti masoprattutto di tutte, abbiamo pensato di dover ribadire cosa vuol diresicurezza per noi. Nell´immaginario comune, la notte è sempre stataassociata all’insicurezza, alla violenza, alla paura e col tempo noistesse abbiamo imparato a introiettare l´idea del pericolo del mondoesterno.

Con i /loro/ mezzi di comunicazione assordanti voglionoinculcarci l´idea del terrore della vita che troviamo fuori dalla casa(italiana). Una casa che non dovremmo mai lasciare perché sinonimo diprotezione e sicurezza. Ma noi non ci caschiamo. Non ci rinchiuderannonella prigione delle mura domestiche per far godere l´uomo padr(on)e emarito, che cerca di approfondire sempre più il senso di controllo sulcorpo e sulla libertà delle donne. Non resteremo i nostri corpi pergiustificare le politiche sicuritarie e razziste di questo paese ormaialla frutta.

Siamo pronte a uscire nelle strade e a dirlo aridosso del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulledonne. Poiché la sicurezza non viene da un maggior numero ditelecamere, né dall´emarginazione, incarcerazione ed espulsione degliimmigrati (e delle immigrate), ma dalla nostra stessa libertà eautodeterminazione dentro e fuori le mura domestiche.

Vogliamovivere le nostre strade anche di notte e vogliamo che sia questo afarci sentire sicure. Vogliamo non sentirci mai da sole. Vogliamo direquesto da donne alle donne, alle lesbiche, alle trans, perché non èsicurezza una città militarizzata, non è sicurezza una città fatta dironde e lame, perché la nostra arma è la solidarietà.

Questacrisi tanto temuta e così poco ammessa viene sfruttata, come è semprestato, per restringere le libertà acquisite in anni di lotte. In tempodi crisi le classi dirigenti tentano in ogni modo di minare alla base idiritti umani più elementari: prove ne sono i respingimenti in mare deimigranti, come quelli delle donne nelle case, la negazione del dirittoal dissenso attraverso censura mediatica e divieto di manifestazione,la distruzione della scuola pubblica, la criminalizzazione e lasvalutazione delle donne sututti i fronti, specie in campolavorativo. Infatti precarietà o pratica delle dimissioni in biancorestano principalmente problemi femminili,impedendo alle donne, chevogliano sfuggire a situazioni di violenza infamiglia, di farlo.Nessuno si chiede perché i famosi assenteisti di Brunetta fossero inmaggioranza donne, dato che sulle donne ricade tutto ilpeso di un/welfare/ sempre meno efficiente.

Tutto questo accade mentre laChiesa continua a proporre un modello familiare in cui la donnaconservi il ruolo di incubatrice e balia, mentre la società diventasempre più fascista, ribadendo, tra gli altri, il vecchio schema delladonna o santa o puttana. Così la violenza è palese solo quandoacompierla è il tossico, l’immigrato o il rom e si arriva a giustificarel´ubriachezza dei "bravi ragazzi", che agiscono per soddisfare bisognidovuti, mentre lo stesso comportamento rende la donna un´incoscienteche "se l´è cercata".

Ma in tutti questi casi non si indaga laviolenza alle radici, la giustificazione è sempre la devianza, mentrenoi sappiamo bene che laviolenza è diffusa e propagandata dai media edalla cultura.

Si sistematizza una violenza più subdola, in unpaese in cui escort eprostitute sono messe alla berlina, umiliando edenigrando la donna attraverso comportamenti di certi personaggipolitici che vengono imposti come modello vincente.

*E tra l´affanno dei giornali e dei politici preoccupati, anche noi vogliamo dire la nostra.*

*Invitiamodonne, puttane, trans, migranti e rom, lesbiche, gruppi e collettivifemministi a partecipare all’assemblea che si terrà il 27 ottobre nell’occupazione di Porto Fluviale (vicino Piramide) alle 18per costruire una street parade notturna e momenti di riappropriazionedelle nostre città attraverso musica, arti di strada e grafiche, il 21 novembre come tutti i giorni, aspettando il corteo nazionale contro la violenza sulle donne.

x info: takebackthenight(at)grrlz.net