Suora scappa dal convento romano

http://aimiyi.deviantart.com/art/Iselen-Nun-20627270"Io, trattata come una schiava"

di MARINO BISSO e CARLO PICOZZA

ROMA

– Scappa dal convento e si rifugia in un centro contro la violenza alle
donne. È la storia di una suora trattata come schiava. Vittima di ricatti
psicologici, si sottopone a visita ginecologica per far certificare la sua
verginità. Angherie e vessazioni: cure mediche negate, mortificazioni e
punizioni come "il bacio al pavimento". Le accuse sono finite ora al centro di
un’inchiesta della procura di Roma che ha iscritto la madre superiora nel
registro degli indagati contestandole il reato di maltrattamenti.
Il racconto choc della suora è stato confermato da due consorelle sentite
ieri a palazzo di giustizia a Roma. L’inchiesta è coordinata dal sostituto
procuratore Nicola Maiorano che ha affidato le indagini alla polizia giudiziaria
diretta dal vicequestore Orlando Parrella.
Scenario dei presunti maltrattamenti è un convento, vicino all’ospedale
Gemelli, della Congregazione dello Spirito Santo, che funziona da "albergo a una
stella". Vittima, suor Maria (chiamiamola così), nata 48 anni fa nelle
Filippine e sbarcata a Roma nel giugno del ’97.

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NOTIZIE DAL MESSICO a cura del NODO SOLIDALE

Brigata di strada: sesso, rivoluzione e cambiamento sociale La alleanza tra
indigeni zapatisti, lavoratrici sessuali e travestiti mostra la potenza del
cambiamento sociale in chiave culturale, ancorata nella vita quotidiana. In
Messico, uno degli anelli forti del patriarcato e del maschilismo più
prepotente, il Subcomandante Marcos ha aperto le porte al dibattito sopra
la discriminazione in un tema urticante. Che senso ha, nella logica
rivoluzionaria classica, percorrere migliaia di chilometri per riunirsi in
un remoto paesino con un pugno di prostitute e travestiti? Che possono
apportare tali alleanze per potenziare la "accumulazione di forze", compito
principale dei politici professionisti? Sembra evidente che, da uno sguardo
ancorato nel rapporto costi-benefici, simile sforzo deve essere condannato
come inutile. Tuttavia il Subcomandante Marcos si è impegnato dal gennaio
dell’anno passato a realizzare questo tipo di incontri nel segno dell’Altra
Campagna e cercando di trovare nuove forme di fare politica. E ciò avviene
attraverso spazi lontani dal mondano rumore e con attori che, come gli
indios, intendono il cambiamento sociale come affermazione della
differenza. La Brigata di Strada di Appoggio alla Donna è un collettivo
che è stato capace, negli ultimi 15 anni, di tessere un’ampia rete di
lavoro sociale con prostitute e travestiti, denominata Rete Messicana del
Lavoro Sessuale. Questo ha implicato superare il ruolo di vittima e
convertirsi in soggetti che cercano di essere riconosciuti come lavoratori
parificati agli altri e non come esseri "caduti" nel lavoro più antico del
mondo a causa dell’ignoranza, della povertà o della sottomissione. Un
breve percorso attraverso le sue iniziative rivela la profondità di un
lavoro emancipatorio. Educazione, cliniche e preservativi. Una
caratteristica differente della Rete è che non vuole dipendere dallo
Stato, anche se gli formulano costanti richieste. La Brigata cominciò il
suo lavoro 15 anni fa con un gruppo di sociologi dell’Università Nazionale
Autonoma del Messico (UNAM). Il piccolo nucleo iniziale – Elvira Madrid,
Jaime Montejo e Rosa Icela – cominciò a tessere una rete che oggi
raggiunge 28 stati della federazione. Col tempo scelsero di lavorare in
modo orizzontale, però non per motivi ideologici. "Il governo intercettò
e corruppe molte coordinatrici statali, una pratica abituale nella cultura
di questo Paese, e così abbiamo visto che è meglio che il lavoro sia
orizzontale, di carattere assembleario e cercando di non avere
rappresentanti", annota Elvira. La rete incoraggiò le donne a formare
cooperative per eludere la dipendenza e farsi padrone della propria fonte
di guadagno. Affittarono hotel e distribuirono gli introiti fra le socie. I
primi furono i travestiti che formarono la cooperativa "Angeli in Cerca
della Libertà". "Gli alberghi cooperativi funzionano in vari stati però
alcuni fallirono perchè le socie finivano col riprodurre gli stessi
meccanismi di comportamento contro i quali si stavano organizzando",
commenta Rosa. Però il progetto diamante, il più apprezzato dalle
lavoratrici, sono le cliniche. Già sono attive due nel Distretto Federale,
sono autogestite e gratuite. Nacquero per colpa della discriminazione e la
corruzione degli organismi statali che solo gli consegnavano il permesso
corrispondente in cambio di una bustarella. Inoltre, segnala Elvira,
"Avevano paura delle analisi perchè poteva significare la perdita dei
propri ingressi, dato che quando una ragazza ha l’AIDS alcuni governi
statali mettono la sua foto negli alberghi affinché non gli affittino le
stanze". Al contrario, nelle cliniche della Rete le analisi sono volontarie
e confidenziali, però insistono sempre nell’educazione. "La maggior parte
delle lavoratrici sessuali sono analfabete e molte sono indigene. Per
questo dedichiamo la maggior parte dei nostri sforzi nella formazione, a
tal punto che la maggioranza di quelle che partecipano nella Rete diventino
promotrici di salute affinché a loro volta facciano formazioni alla
proprie colleghe, che è molto più efficace". Le cliniche, una delle quali
situata in pieno centro della città, cioè nella stessa "zona rosa", fanno
pap-test, colposcopia e anche elettrochirurgia perchè, come dice Rosa, "in
Messico il virus del "papiloma humano" provoca più morti dell’HIV". Mentre
gli inefficienti ospedali pubblici tardano fino a due mesi per riceverle e
fino a un anno per una chirurgia, nelle cliniche della Rete si ricevono i
risultati in una settimana appena. Le prostitute e i travestiti sembrano
entusiasti delle "proprie" cliniche, dove spesso portano i loro partner e
alcune trascinano anche i propri clienti. "La parte fondamentale del nostro
lavoro è il rispetto, non discutiamo perchè si sono infettate ma
piuttosto ci concentriamo nell’educarle affinché non le risucceda,
affinché non siano pazienti ma anzi siano attive nella cura della propria
salute", dice Elvira. L’assistenza si completa con un programma di
alimentazione per le donne con scarse risorse o per quelle che per
qualsiasi motivo non possono lavorare, un programma di aiuto scolastico per
i figli e un altro per far terminare gli studi alle madri. I progetti della
Rete si finanziano con il "Mercato sociale del preservativo". I
profilattici si vendono a prezzi differenziati secondo le possibilità o
gli accordi con il consumatore, e rappresenta l’85% delle entrate della
Rete. Non hanno dipendenti e gli unici che ricevono denaro per la propria
prestazione sono i medici. "Non siamo d’accordo con il commercio
sessuale, però esiste e continuerà ad esistere. E nel frattempo dobbiamo
fare qualcosa. Eravamo un gruppo abolizionista però poi abbiamo visto che
non si trattava di salvare nessuno ma di lavorare insieme", interviene
Jaime. Per quelle che cercano un’alternativa abbiamo creato un’area di
progetti produttivi tra i quali risaltano artigianato, produzione e vendita
di vestiti e sexy shop. Alcuni progetti sono risultati non praticabili,
però con la collaborazione delle famiglie, hanno ottenuto che due terzi
delle iniziative rimangono in piedi. Un manuale nella Selva Nel 2004 i
membri della Brigata di Strada si misero in contatto con il "Collettivo
Salute per Tutti e Tutte", studenti universitari che coordina i progetti di
salute nei municipi autonomi zapatisti in Chiapas. Per due anni hanno
lavorato con un gruppo di promotori di salute delle comunità, indigeni
designati dal proprio villaggio per specializzarsi nell’assistenza
sanitaria. "Uno dei primi obbiettivi fu rompere la paura alla supposta
resistenza culturale sul tema degli anticoncezionali, dei diritti sessuali
e delle malattie sessualmente trasmettibili", raccontano. Durante queste
riunioni e questi workshop decisero i temi che successivamente abbordarono
nell’elaborazione di un manuale dal nome lungo e denso: L’Altra Campagna
della Salute Sessuale e Riproduttiva per la Resistenza Indigena e Contadina
in Messico. Nel corso di 270 pagine, questo testo corredato di
illustrazione e destinato al lavoro con donne indigene, si ripercorrono
temi abituali di anatomia e fisiologia degli organi riproduttivi, uso degli
anticoncezionali, gravidanza, malattie sessualmente trasmettibili e altre
malattie. E parlano anche di aborto, anche se i catechisti lo condannano.
"Samuel Ruiz, un vescovo e un uomo molto vicino agli indigeni, quando gli
zapatisti depenalizzarono l’aborto, percorse le comunità dicendo che era
un crimine", ricorda Jaime. Però ci sono anche schede imbevute di diverse
corrente della medicina alternativa. Una di queste è dedicata alla
"autonomia corporale delle donne", che passa attraverso l’educazione per
prevenire le malattie, scegliere quanti figli tenere e godere della
sessualità (un tema quasi tabù tra le indigene). L’autonomia del corpo
prevede, secondo questo manuale, l’esplorazione dei sensi, la connessione
con il linguaggio corporale e le differenti reazioni del corpo nelle
situazioni estreme. Esplorazioni che passano per massaggi collettivi e
automassaggi estremamente vincolati a una concezione olistica della salute
e della guarigione. L’elaborazione di questo manuale dovette vincere non
poche resistenze. Per quanto riguarda la pianificazione familiare apparvero
tre distinti modelli, vincolati a esperienze concrete della comunità: gli
schemi governativi di pianificazione familiare, di carattere repressivo e
autoritario; il divieto religioso degli anticoncezionali; e
"l’atteggiamento guerriglierista di popolare la terra con ogni figlio
guerrigliero". Da tre prospettive differenti, le tre visioni passarono al
di sopra della volontà delle donne. Il manuale è adesso utilizzato da
centinaia di promotori che lavorano nelle decine di cliniche costruite
dagli zapatisti, in più di dieci anni, nelle mille comunità che li
appoggiano. Contrariamente a quanto pensava all’inizio del suo lavoro,
raccontano Elvira e Rosa, le donne delle comunità della Selva Lacandona
erano avide di anticoncezionali. E poco a poco si aprono altri temi. "Noi
sviluppiamo la promozione della salute sessuale e riproduttiva come una
pratica di libertà e non come una imposizione o un divieto". Per questo
lavoriamo per il rispetto delle persone omosessuali, lesbiche, bisessuali e
transgender. Non è facile, pero si cominciano a vedere coppie di ragazzi
camminare mano nella mano nella propria comunità. O donne che decidono di
divorziare, quando prima dello zapatismo erano i genitori quelli che
sceglievano il marito. Questo è un cambiamento sociale, e che
cambiamento!" Possono i travestiti cambiare il mondo? E gli indio? Un
secolo e mezzo fa uno dei fondatori del cosiddetto "socialismo
scientifico", che in realtà era un romantico imperterrito, scrisse che i
proletari potevano cambiare il mondo perchè non avevano niente da perdere
"salvo che le proprie catene". Oggi gli eredi di quei proletari si mostrano
restii a perdere privilegi come il lavoro fisso e la pensione, rifiutano di
pagare le tasse e fanno scioperi per evitare che gli impongano una tassa
sopra l’affitto. In questo senso proprio Marcos "da una pista" nell’epilogo
del manuale, mettendo a nudo come l’alleanza tra salute e sesso è uno dei
nuclei duri del controllo sociale. "Il capitalismo converte la salute in
merce e gli amministratori di questa salute, medici, infermieri,
infermiere, e tutto l’apparato di ricovero o di distribuzione della salute
si converte in una specie di “caporale” di questo affare e converte, di
fatto, il paziente in un cliente al quale bisogna sottrargli più denaro
possibile senza che questo implica necessariamente che otterrà più
salute". Non sembra casuale che, in questo cammino per rompere dipendenze,
gli zapatisti si siano incrociati nel terreno della salute con le
prostitute e i travestiti organizzati, gruppi che si sono trovati forzai a
prendere nelle proprie mani il controllo della salute. Visti così, gli uni
e le altre appartengono alla categoria dei "vuoti a perdere", che solo
hanno catene, materiali e simboliche, da perdere.
_______________________________________________ Nodo_solidale

IL VATICANO MARCIA SU ROMA di Facciamo Breccia

    Domenica 28 ottobre 2007, anniversario della marcia su Roma, saranno beatificati in San Pietro 498 franchisti, tra appartenenti al clero e laici, saranno beatificati perché, secondo i prelati spagnoli, sono “martiri della Repubblica”. Sarà la più numerosa delle beatificazioni mai realizzate, è prevista una folla di fedeli (filofranchisti) dalla Spagna e il battage pubblicitario delle grandi occasioni sui media italiani.
La gerarchia vaticana con questa azione di massa entra violentemente nel dibattito politico spagnolo: il governo Zapatero sta per varare una legge sulla memoria che condanni il franchismo e la chiesa cattolica spagnola, supportata da Ratzinger, prende posizione in questo modo.Ma d’altro canto, attraverso questa iniziativa, le gerarchie vaticane continuano a fare politica in supporto al fronte clerico fascista: la scelta della data della marcia su Roma allarga il significato dell’operazione e la colloca nel tentativo sempre più visibile di sdoganamento e legittimazione del fascismo, tentativo operato dall’integralista Ratzinger per affermare un modello di società chiuso e reazionario, patriarcale, omofobico e razzista.
La beatificazione di 498 franchisti presentati come martiri è un esempio vergognoso di revisionismo storico, la strategia vaticana è ancora il vittimismo: si costruisce un’iniziativa per mostrare il clero come vittima di sanguinari comunisti quando la realtà storica racconta che la chiesa fu parte di una reazione fascista che portò in Spagna alla guerra civile e all’instaurazione della dittatura. D’altra parte in Italia conosciamo bene questa tattica vaticana: negli ultimi mesi si cerca di far passare la chiesa cattolica, gli esponenti del clero e persino i politici che dichiaratamente ne supportano le istanze come vittime di una campagna anticlericale, quando, al contrario, la chiesa cattolica condiziona in modo sempre più palese la vita culturale, politica e sociale del nostro paese e conduce una campagna di istigazione all’odio e alla violenza contro donne, lesbiche, gay e trans che produce aggressioni, stupri, omicidi e diffusa intolleranza.
Dall’operazione revisionista che verrà celebrata domenica 28 ottobre esce rafforzata la marcia del dissolvimento della laicità (voluto dal Vaticano e operato dalla politica istituzionale) e la fascistizzazione della società, basata sulla creazione della paura e sulla caccia alle streghe dello scontro di civiltà; ne fanno le spese, ancora una volta, tutte le soggettività non conformi al modello unico dominante, la verità storica, l’antifascismo fondamento del nostro vivere civile.                                                                                       

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