Suora scappa dal convento romano

http://aimiyi.deviantart.com/art/Iselen-Nun-20627270"Io, trattata come una schiava"

di MARINO BISSO e CARLO PICOZZA

ROMA

– Scappa dal convento e si rifugia in un centro contro la violenza alle
donne. È la storia di una suora trattata come schiava. Vittima di ricatti
psicologici, si sottopone a visita ginecologica per far certificare la sua
verginità. Angherie e vessazioni: cure mediche negate, mortificazioni e
punizioni come "il bacio al pavimento". Le accuse sono finite ora al centro di
un’inchiesta della procura di Roma che ha iscritto la madre superiora nel
registro degli indagati contestandole il reato di maltrattamenti.
Il racconto choc della suora è stato confermato da due consorelle sentite
ieri a palazzo di giustizia a Roma. L’inchiesta è coordinata dal sostituto
procuratore Nicola Maiorano che ha affidato le indagini alla polizia giudiziaria
diretta dal vicequestore Orlando Parrella.
Scenario dei presunti maltrattamenti è un convento, vicino all’ospedale
Gemelli, della Congregazione dello Spirito Santo, che funziona da "albergo a una
stella". Vittima, suor Maria (chiamiamola così), nata 48 anni fa nelle
Filippine e sbarcata a Roma nel giugno del ’97.

 

 

Un anno fa, l’otto marzo giorno
dedicato alle donne, la religiosa lo ricorda così: "Sono stata costretta ad
allontanarmi dal convento perché gravemente ammalata e vittima di
maltrattamenti da parte delle mie superiore". "Ora", continua, "ho trovato
rifugio in un centro antiviolenza". Le sue sofferenze sono condensate in una
denuncia presentata dall’avvocato Teresa Manente, dell’ufficio legale di
"Differenza donna".
Al centro antiviolenza era stata accompagnata da due connazionali
dell’associazione "Donne filippine". Una ventina di giorni dopo, "colpita da
una grave emorragia", era stata costretta a lasciare il centro alla volta
dell’ospedale San Camillo per essere operata. "Nonostante fossi gravemente
malata da tempo", racconta, "la madre superiora mi privava di qualsiasi cura e
assistenza medica, delle medicine e mi ordinava di continuare a lavorare". Già,
i lavori: "Quando sono arrivata a Roma con altre consorelle", ricorda suor
Maria, "mi era stato detto che avrei dovuto imparare l’italiano e dedicarmi
all’apostolato con periodi di formazione e meditazione". "Ma – continua – ho
sempre e solo lavorato nel convento che, in realtà, è una pensione a una
stella, "Albergo suore dello Spirito Santo", con oltre 50 stanze". All’inizio,
"da sola, dovevo preparare ogni giorno colazione, pranzo e cena per almeno 15
persone: al lavoro alle 6 per far mangiare le consorelle; alle 6.30 preghiera
e messa e alle 8.30 servivo le colazioni in refettorio. Poi di nuovo ai
fornelli per il pranzo delle 12.30. Quindi rassettavo la cucina per tornarvi
alle 17 a preparare la cena". "Tre giorni a settimana, tra le 15 e le 17,
pulizie in chiesa".
Cinque mesi e, "nel dicembre 1997, mi comparvero spaccature della pelle sulle
mani: "Dermatite grave", diagnosticò il dermatologo", invitandola a tenere al
riparo le mani. Ma la superiora minimizza e prescrive un’altra terapia: "Crema e
guanti di gomma". "Le ferite facevano molto male ma non avevo il coraggio di
chiedere di cambiare mansioni per paura che la superiora si arrabbiasse e mi
accusasse di non aver voglia di lavorare". Ma le piaghe si infettano. Arriva la
febbre. "Allora mi accompagnò in ospedale: il dermatologo avvertì che
l’infezione metteva a rischio le dita". A suor Maria viene assegnato un altro
lavoro: "Lavare e stirare biancheria di consorelle e ospiti". Tra le mura della
Congregazione, suor Maria viene "sottoposta a continue aggressioni e
umiliazioni". "Mi venivano consegnati 20 euro al mese", racconta, "e di ogni
acquisto dovevo mostrare alla superiora gli scontrini". Quest’ultima, alcune
settimane fa, è stata interrogata. Assistita dall’avvocato
Stefano Merlini ha negato gli addebiti dicendo di essere vittima di una
vendetta e di accuse inventate dalle tre suore.