Questo governo pretende di rispondere alla questione della sicurezza pubblica creando luoghi di detenzione in cui vengono perpetrate violenze. Il governo stanzia 138 milioni di euro per i CIE e solo tre milioni per l'assistenza alle vittime di violenza di genere... e 30 milioni per soli 6 giorni di G8 in Sardegna VOCI DAL BRACCIO FEMMINILE Dopo la morte di Nabruka, suicidatasi perchè aveva il terrore dell'imminente rimpatrio, la compagna di cella che ritrovò il corpo, nonostante la richiesta di essere trasferita, è rimasta nella stessa cella ed è stata imbottita di psicofarmaci. Molte delle donne rinchiuse nei CIE, in particolare quelle di nazionalità nigeriana, sono clandestine in quanto vittime di tratta al fine dello sfruttamento sessuale. Tra queste ci sono anche delle minorenni che, in barba ai trattati internazionali sulla difesa dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, finiscono in galera. Accade anche una promiscuità in cui vittime della tratta e sfruttatrici si trovano a stretto contatto, magari nella stessa camera. Nel clima di esasperazione e assenza di legalità spesso si verifica che vengano richieste prestazioni sessuali di vario tipo alle donne in cambio di un piccolo favore, come l'acquisto di uno specchietto o altri oggetti di uso quotidiano. Un altro caso allarmante e quello di donne che, dopo aver finalmente trovato il coraggio di andare a denunciare le violenze subite da anni dal marito, essendo clandestine (perchè prive di documento) è finita rinchiusa in un CIE. E TUTTO QUESTO PER LA SICUREZZA DI CHI? Sicuramente per il sicuro profitto di chi gestisce e orchestra gli appalti che girano intorno a questo perverso ingranaggio. Mantenere un clandestino in un CIE costa allo stato italiano ed ai contribuenti circa 70 euro al giorno, ma ai detenuti solo un litro d'acqua al giorno, cibo scadente e centellinato e lenzuola di carta. Per on parlare delle condizioni igieniche generali, in cui farsi una doccia diventa rischio di contrarre infezioni o malattie. LA LOTTA ALLA VIOLENZA ULLE DONNE NON HA CONFINI SOLIDARIETA' ATTIVA ALLE DONNE INTERNATE NEI CIE QUESTA “SICUREZZA” NON E' NEL NOSTRO NOME
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LIBERE TUTTE: PRESIDIO SOTTO REBIBBIA ORE 18
In solidarietà con le arrestate di ieri, tutte sotto Rebibbia, in contemporanea con il presidio con Regina Coeli.
PRESIDIO DAVANTI AL CIE DI PONTE GALERIA
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GIOVEDÌ 9 LUGLIO 2009, DALLE ORE 16.30
Nelle giornate in cui si svolgerà il G8 vogliamo stare a Ponte Galeria,
mentre i cosiddetti “grandi della terra” saranno nascosti dentro una caserma
a parlare della crisi. I governi del mondo chiamano a gran voce la libera circolazione
delle merci e dei capitali, pretendendo di fermare e controllare i flussi migratori,
mentre l'unica possibilità di movimento concessa alle persone sembra essere quella legata
al mercato del turismo o allo sfruttamento del lavoro.
Respingimenti, politiche securitarie e detenzioni indiscriminate sembrano essere le uniche
risposte che i cosiddetti paesi industrializzati sono intenzionati a praticare per fronteggiare
questa crisi economica e sociale che hanno contribuito a creare.
Vogliamo stare a Ponte Galeria perché nei CIE (Centri di identificazione ed espulsione)
finiscono persone rastrellate per strada mentre tornano a casa dopo una giornata
di lavoro sottopagato, mentre fanno la fila per rinnovare il permesso di soggiorno,
oppure mentre aspettano un amico per uscire la sera.
Puoi aver lavorato per vent'anni in Italia, puoi essere nata o nato qui,
ed essere recluso solo perché non hai il permesso di soggiorno.
All'interno dei CIE viene quotidianamente calpestata la dignità umana.
Non è garantita l'assistenza igienico-sanitaria: spesso manca l'acqua calda,
non c'è ricambio di asciugamani e le persone dormono su lenzuoli usa e getta
che sono costrette ad utilizzare per settimane.
Ogni persona ha diritto a un solo litro d'acqua al giorno, anche nei periodi più caldi.
Molto spesso le persone detenute vengono imbottite di psicofarmaci,
cosa che ha portato a collassi fisici, mentre viene rifiutata la possibilità di farsi
visitare da un medico. Persone affette da malattie contagiose vengono lasciate a
contatto con le altre, aumentando il rischio di epidemie, nell'indifferenza del personale
sanitario e delle forze di polizia.
Chi è detenuto denuncia una carenza di comunicazione pressoché totale e le poche
informazioni che sono disponibili non vengono tradotte nelle diverse lingue.
L'assistenza legale minima non è garantita.
Le decisioni sulla detenzione e sulle espulsioni sono affidate ad avvocati civilisti
e giudici di pace, che non hanno le competenze necessarie per gestire i casi che si trovano
di fronte.Pestaggi e abusi da parte della polizia e della Croce Rossa
(che gestisce il CIE di Ponte Galeria) sono all'ordine del giorno e chiunque si trovi
a protestare subisce violenze fisiche e intimidazioni.
Solo a Ponte Galeria negli ultimi tre mesi si sono registrate due morti: Salah Soudani,
morto in circostanze poco chiare dopo che il personale sanitario ha rifiutato di fornirgli
l’assistenza medica, e Nabruka Mimuni, che viveva in Italia da trent'anni e che,
dopo aver ripetutamente minacciato di togliersi la vita piuttosto che essere rimpatriata,
è stata lasciata in balia del proprio destino.
Non è pensabile che persone che hanno scelto di andarsene dal proprio paese d’origine,
mettendo spesso a rischio la propria vita per costruirsi un futuro migliore,
o per fuggire da un presente di oppressione, si trovino ad essere rinchiuse in un lager di stato.
La clandestinità non é un reato, ma una condizione imposta da politiche razziste, xenofobe,
basate sullo sfruttamento. Noi non ci consideriamo “italiani” o stranieri ma siamo tutti e
tutte abitanti del mondo.Reclamiamo la libertà di movimento di tutte e tutti.
Vogliamo la chiusura di tutti i Centri di Identificazione ed Espulsione.
Rifiutiamo la società dei recinti e delle frontiere.
GIOVEDÌ 9 LUGLIO, DALLE ORE 16.30
PRESIDIO A PONTE GALERIA: MUSICA, VOCI, PAROLE.
Portiamo tutta la nostra creatività, la nostra rabbia e la nostra forza davanti a quelle mura.
L'appuntamento è nel parcheggio della fermata "Fiera di Roma" del trenino per
Fiumicino aeroporto(Via Gaetano Rolli Lorenzini angolo Via Cesare Chiodi).
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Incontro internazionale per la libera circolazione delle persone: lotte contro i CPT, CIE, e frontiere.
Barcellona 1-4 Ottobre
L’esistenza delle frontiere implica la necessità di trasgredirle.
E’ importante problematizzare lo spazio dal quale si parla, la Fortezza Europa, fondata e rifondata attraverso secoli di politica colonialista, che ridefinisce la repressione di una forma selettiva, inseguendo e penalizzando la libera circolazione delle persone, trasformando ad alcuni in produttori sotto controllo e altri in “illegali”, inseguiti e rinchiusi.
Per la sua ridefinizione, la Fortezza Europa crea fronti di guerra, territori militarizzati; sviluppa tecnologie di controllo sociale ogni volta più sofisticate; incentiva la figura del nemico interno, controllato, scovato , eliminato e deportato; criminalizza atti di solidarietà con gli immigrati, ed estende un rete di lager che, mediante la complicità e la collaborazione dei paesi di origine degli immigrati, inizia molto prima di arrivare alle frontiere e si estende per tutta la Unione Europea.
La definizione dell’altro è fondamentale per la gestione della guerra capitalista, è il nemico necessario. Gli stessi che sfruttano gli immigrati, formano i vari secondini di turno, mentre i mezzi di comunicazione massiva non smettono di propagandare messaggi di un razzismo protetto e “politicamente corretto”, che la popolazione accetta attraverso il discorso del multiculturalismo e quando no, attraverso la paura dell’insicurezza, creando la figura del cittadino sbirro che denuncia e collabora con il meccanismo dell’espulsione.
Le forme di controllo, oggi, convergono verso un modello unico ogni volta sempre più repressivo e totalitario. Questo sistema impone delle condizioni che ai migranti e ai reclusi non lasciano altra alternativa che lo scontro e la ribellione. A Ceuta e Melilla centinaia di “sin papeles” si sono uniti per assaltare le frontiere dello stato Spagnolo. A Lampedusa (Italia), a Vincennes (Francia), a Patras (Grecia), a Steenokkerzeel (Belgio) e in molti altri luoghi sono stati gli stessi detenuti che si sono ribellati e organizzati per bruciare le proprie strutture di reclusione. Conseguentemente a questi fatti, compagni con o senza permesso di soggiorno, ci siamo mobilizzati di fronte alle frontiere e ai lager di stato, realizzando azioni, campagne e lotte autorganizzate in distinti paesi.
Per questo sentiamo l’ urgenza di condividere esperienze di lotta e abbiamo deciso di convocare un incontro internazionale di discussione e dibattiti. Vi invitiamo a condividere le vostre idee, tattiche ed esperienze, e a discutere proposte di strategie future durante le giornate dal 1 al 4 ottobre.
*RESPINGIAMO IL PACCHETTO SICUREZZA! [Mercoledì 1 luglio sotto il Senato]
Mercoledì 1 luglio, dalle 15:30, tutte e tutti sotto il Senato
ogni forma di protesta, il governo Berlusconi si appresta ad approvare
definitivamente in senato il disegno di legge 733, noto come "pacchetto
sicurezza": una legge che nega i diritti fondamentali delle persone,
siano esse migranti o native.
Il pacchetto introduce il reato d’ingresso e soggiorno illegale, che
colpisce le persone migranti, cancellando il loro diritto a esistere,
all’assistenza sanitaria, all’istruzione e alla casa. Se il ddl sarà
approvato, chi è senza permesso di soggiorno non potrà più ricevere cure
mediche, riconoscere figlie e figli alla nascita, sposarsi o inviare i
soldi a casa. Si introducono le ronde mentre in nome del "decoro urbano"
continuano gli sgomberi e la ghettizzazione degli insediamenti rom e le
aggressioni di stampo razzista e xenofobo. Le ordinanze dei sindaci
limitano il diritto a incontrarsi nei parchi e nei luoghi pubblici o a
manifestare per le strade e nelle università.
Prima ancora di essere approvato, il pacchetto sicurezza ha già ucciso:
dalla donna incinta morta dissanguata a Bari per la paura di essere
denunciata in ospedale, alle persone morte nei CIE (centri di
identificazione ed espulsione) per le violenze, perché non ricevono
un’assistenza sanitaria adeguata o per la disperazione di vedersi
consegnare un decreto di espulsione, che significa essere rispedite/i in
luoghi di conflitto o nelle carceri libiche, spesso dopo aver vissuto e
lavorato duramente e senza diritti per molti anni nel nostro paese.
Ma c’è una parte della società che in questi mesi ha espresso nei modi
più disparati il proprio dissenso: medici e insegnanti, migranti,
rifugiati/e e richiedenti asilo, scuole d’italiano, donne, femministe e
lesbiche, gay e trans, studenti e occupanti di casa, singoli/e e
associazioni vogliono respingere al mittente il pacchetto sicurezza e le
politiche razziste di questo governo. A Roma, come in molte altre città
italiane, si sono moltiplicate le iniziative che hanno denunciato con
forza le condizioni di vita nei CIE e la brutalità delle politiche dei
respingimenti, protestando contro una legge che, dietro una falsa
esigenza di sicurezza, nasconde la chiara volontà politica di gestire in
maniera repressiva la crisi che stiamo vivendo.
Crediamo che sia necessario sentirsi tutte e tutti coinvolti in quanto
sta accadendo, creare spazi di dibattito sempre più ampi e moltiplicare
le iniziative di protesta in ogni città, a partire dalle giornate di
discussione e approvazione del pacchetto sicurezza.
Vogliamo prendere la parola, per lottare insieme, italiane/i e migranti,
a partire dai nostri territori, perché desideriamo una società aperta
all’incontro tra tutte le differenze, perché l’unica sicurezza che
vogliamo è libertà e diritti per tutte e tutti.
*Respingiamo il pacchetto sicurezza!
Mercoledì 1° luglio, dalle ore 15:30 in poi,
tutte e tutti sotto il Senato
durante la discussione finale del ddl 733 *
RETE CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA
http://nopacchettosicurezza.noblogs.org
pacchettosicurezza@anche.no
Magnitudo Lady
Magnitudo Lady nasce
dall’incontro tra donne di vari percorsi e provenienze de L’Aquila e di
Roma, che da subito dopo il terremoto hanno avviato una riflessione su
quale potesse essere l’intervento più efficace per rilanciare sul
territorio aquilano spazi, pratiche e un lavoro politico di e per le
donne, cercando di rimerrere in moto anche quelli esistenti prima del
sisma.
Dopo aver vissuto i campi, condiviso esperienze con le compagne de
L’Aquila e aver appreso informazioni l’idea di mettere in piedi un
punto_info è sembrata a tutte la cosa più utile ed importante in questo
momento.
Magnitudo Lady risponde al desiderio di creare uno spazio che
rimetta al centro dell’attenzione le problematiche e le questioni
legate al genere. Un luogo che parta dalla prevenzione e dalla
promozione della salute della donna e dalla sessualità per farsi
strumento di diffusione di informazioni e di mediazione tra le donne e
i servizi presenti sul territorio.
Uno degli obiettivi è realizzare una “mappa aquilana dei servizi”
(consultori, centri antiviolenza ecc…), una cartina su cui segnalare le
strutture che faticosamente ricominciano le attività sul territorio,
materiale che potrà essere volantinato e distribuito nei campi per
socializzare la presenza dello sportello e allo stesso tempo dare delle
indicazioni utili alle donne.
Naturalmente lo sportello va valorizzato con tutte le risorse di cui
disponiamo e con tutti gli strumenti di sensibilizzazione e
controinformazione che ci vengono in mente (opuscoli, volantini),
perchè è necessario creare le premesse affinchè quel luogo arrivi a
rappresentare anche una possibilità altra di socializzazione e di
incontro, di scambio e di discussione per le donne, dal quale far
partire nuove sinergie e nuovi contributi da convogliare verso un
progetto a lungo termine.
É per questo che abbiamo pensato che la creazione di una biblioteca
di genere potesse andare nella direzione di potenziamento
dell’info.point. Un tale “angolo culturale” ha bisogno del sostegno di
tutte/i per prendere forma ed è per questo che a breve vorremmo far
partire una raccolta libri di e per le donne.
Magnitudo Lady è un work in progress, che ci vedrà coinvolte dalla
mattina di domenica 28 giugno nella costruzione fisica dell’info in
legno, e nel pomeriggio in un momento di discussione e confronto per
nuovi contributi e nuove idee.
Napoli. Ragazza pestata a sangue, rischia di perdere l’occhio
La
folla pietrificata dalla paura, Piazza Bellini, skinheads scatenati:
hanno insultato ragazzi omosessuali, solo la 27enne è intervenuta.
Omofobia, ma soprattutto indifferenza. A meno di una settimana dalla
diffusione del video della morte del suonatore romeno Petru a
Montesanto (spirato in mezzo alla folla che fuggiva), ancora una volta
i napoletani devono interrogarsi sulla difficile conciliazione tra
paura e senso civico. In piazza Bellini, intorno alle due di notte, un
gruppetto di delinquenti con il capo rasato ha malmenato alcuni giovani
omosessuali e mandato all’ospedale una ragazza che era intervenuta
(unica a farlo) in loro soccorso. Tutto si è svolto all’aperto, al
centro di Napoli, sotto gli occhi di centinaia di persone che non hanno
mosso un dito. Solo quando il raid omofobo è terminato, qualcuno si è
avvicinato alla ragazza ferita, offrendo dell’acqua, ma lei ha
rifiutato rispondendo sdegnata: «L’acqua mi serviva prima».
Già dal loro ingresso nella piazza si è capito quali fossero le loro
intenzioni. I bulli skinheads hanno cominciato a dare fastidio a un
gruppo di giovani, che frequentano la sede dell’Arcigay. Prima hanno
cominciato con gli insulti, poi è volato qualche schiaffo. Le parole
sono diventate sempre più pesanti, come gli schiaffoni, inferti in
mezzo al divertimento dei membri del gruppo.
Coloro che erano intorno hanno fatto finta di non vedere. Solo una
ragazza di 27 anni, non ce l’ha fatta a trattenere lo sdegno per
l’aggressione verbale che si stava compiendo. Ha avvicinato il
gruppetto e ha urlato: «Basta fermatevi! Ma che volete? Perché non ci
lasciate in pace?». Per tutta risposta, la giovane ha ricevuto uno
spintone, è caduta per terra ed è stata presa a calci. La violenza dei
colpi è stata così forte che la ragazza, ora ricoverata in ospedale,
rischia di perdere un occhio».
Le associazioni omosessuali napoletano hanno fatto un comunicato
congiunto, denunciando l’insicurezza vissuta dai gay in piazza Bellini:
«La vera vergogna che denunciamo è la “licenza di aggredire” che viene
così indirettamente concessa a chi viola i corpi e la dignità di altri
esseri umani e la deriva violenta di false propagande: un “Decreto
sicurezza” che non tutela un bel nulla, le istigazioni allo squadrismo
violento e la cancellazione dell’omofobia dal novero degli allarmi
sociali di questo Paese». (Giorgio Mottola – il Corriere della Sera)
http://www.notiziegay.com/?p=31169
folla pietrificata dalla paura, Piazza Bellini, skinheads scatenati:
hanno insultato ragazzi omosessuali, solo la 27enne è intervenuta.
Omofobia, ma soprattutto indifferenza. A meno di una settimana dalla
diffusione del video della morte del suonatore romeno Petru a
Montesanto (spirato in mezzo alla folla che fuggiva), ancora una volta
i napoletani devono interrogarsi sulla difficile conciliazione tra
paura e senso civico. In piazza Bellini, intorno alle due di notte, un
gruppetto di delinquenti con il capo rasato ha malmenato alcuni giovani
omosessuali e mandato all’ospedale una ragazza che era intervenuta
(unica a farlo) in loro soccorso. Tutto si è svolto all’aperto, al
centro di Napoli, sotto gli occhi di centinaia di persone che non hanno
mosso un dito. Solo quando il raid omofobo è terminato, qualcuno si è
avvicinato alla ragazza ferita, offrendo dell’acqua, ma lei ha
rifiutato rispondendo sdegnata: «L’acqua mi serviva prima».
Già dal loro ingresso nella piazza si è capito quali fossero le loro
intenzioni. I bulli skinheads hanno cominciato a dare fastidio a un
gruppo di giovani, che frequentano la sede dell’Arcigay. Prima hanno
cominciato con gli insulti, poi è volato qualche schiaffo. Le parole
sono diventate sempre più pesanti, come gli schiaffoni, inferti in
mezzo al divertimento dei membri del gruppo.
Coloro che erano intorno hanno fatto finta di non vedere. Solo una
ragazza di 27 anni, non ce l’ha fatta a trattenere lo sdegno per
l’aggressione verbale che si stava compiendo. Ha avvicinato il
gruppetto e ha urlato: «Basta fermatevi! Ma che volete? Perché non ci
lasciate in pace?». Per tutta risposta, la giovane ha ricevuto uno
spintone, è caduta per terra ed è stata presa a calci. La violenza dei
colpi è stata così forte che la ragazza, ora ricoverata in ospedale,
rischia di perdere un occhio».
Le associazioni omosessuali napoletano hanno fatto un comunicato
congiunto, denunciando l’insicurezza vissuta dai gay in piazza Bellini:
«La vera vergogna che denunciamo è la “licenza di aggredire” che viene
così indirettamente concessa a chi viola i corpi e la dignità di altri
esseri umani e la deriva violenta di false propagande: un “Decreto
sicurezza” che non tutela un bel nulla, le istigazioni allo squadrismo
violento e la cancellazione dell’omofobia dal novero degli allarmi
sociali di questo Paese». (Giorgio Mottola – il Corriere della Sera)
http://www.notiziegay.com/?p=31169
RESPINGIAMO IL PACCHETTO SICUREZZA!
GIOVEDÌ 25 GIUGNO, ORE 18.00
ASSEMBLEA PUBBLICA IN PIAZZA DELLA MARRANELLA
Dopo mesi di discussioni, rinvii e voti di fiducia che hanno ignorato
ogni forma di protesta, il governo Berlusconi si appresta ad approvare
definitivamente in senato il disegno di legge 733, noto come "pacchetto
sicurezza": una legge che nega i diritti fondamentali delle persone,
siano esse migranti che native.
Il pacchetto introduce il reato d’ingresso e
soggiorno illegale, che colpisce le persone migranti, cancellando il
loro diritto a esistere, all’assistenza sanitaria, all’istruzione e
alla casa. Se il ddl sarà approvato, chi è senza permesso di soggiorno
non potrà più ricevere cure mediche, riconoscere figlie e figli alla
nascita, sposarsi o inviare i soldi a casa.
Si introducono le ronde mentre in nome del "decoro
urbano" continuano gli sgomberi e la ghettizzazione degli insediamenti
rom e le aggressioni di stampo razzista e xenofobo. Le ordinanze dei
sindaci limitano il diritto a incontrarsi nei parchi e nei luoghi
pubblici o a manifestare per le strade e nelle università.
Prima ancora di essere approvato, il pacchetto
sicurezza ha già ucciso: dalla donna incinta morta dissanguata a Bari
per la paura di essere denunciata in ospedale, alle persone morte nei
CIE (centri di identificazione ed espulsione) per le violenze, perché
non ricevono un’assistenza sanitaria adeguata o per la disperazione di
vedersi consegnare un decreto di espulsione, che significa essere
rispedite/i in luoghi di conflitto o nelle carceri libiche, spesso dopo
aver vissuto e lavorato duramente e senza diritti per molti anni nel
nostro paese.
Ma c’è una parte della società che in questi mesi ha
espresso nei modi più disparati il proprio dissenso: medici e
insegnanti, migranti, rifugiati/e e richiedenti asilo, scuole
d’italiano, donne, femministe e lesbiche, gay e trans, studenti e
occupanti di casa, singoli/e e associazioni vogliono respingere al
mittente il pacchetto sicurezza e le politiche razziste di questo
governo. A Roma, come in molte altre città italiane, si sono
moltiplicate le iniziative che hanno denunciato con forza le condizioni
di vita nei CIE e la brutalità delle politiche dei respingimenti,
protestando contro una legge che, dietro una falsa esigenza di
sicurezza, nasconde la chiara volontà politica di gestire in maniera
repressiva la crisi che stiamo vivendo.
Crediamo che sia necessario sentirsi tutte e tutti
coinvolti in quanto sta accadendo, creare spazi di dibattito sempre più
ampi e moltiplicare le iniziative di protesta in ogni città, a partire
dalle giornate di discussione e approvazione del pacchetto sicurezza.
Vogliamo prendere la parola, per lottare insieme,
italiane/i e migranti, a partire dai nostri territori, perché
desideriamo una società aperta all’incontro tra tutte le differenze,
perché l’unica sicurezza che vogliamo è libertà e diritti per tutte e
tutti!
-
Per coordinarci e organizzare momenti di denuncia pubblica sulle norme razziste del pacchetto sicurezza, nella giornata di martedì 30 giugno, nelle modalità che ognuna/o deciderà di mettere in pratica;
-
per dire che noi non siamo spie, che noi non denunciamo, che l’unica
cosa che respingiamo è il pacchetto sicurezza e che saremo davanti al
senato mercoledì 1° luglio, durante la discussione del ddl 733, per gridare forte la nostra rabbia; -
per costruire insieme una mobilitazione nazionale contro i lager che chiamano CIE e il razzismo di Stato nel prossimo autunno;
la Rete contro il pacchetto sicurezza invita tutte e tutti a partecipare a un momento di incontro pubblico: giovedì 25 giugno, alle ore 18.00,
in piazza della Marranella, nel quartiere di Torpignattara, dove
convivono tanti/e cittadini/e del mondo e dove il razzismo
istituzionale sta tentando di alimentare l’odio per la diversità e la
guerra tra poveri/e.
RETE CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA
http://nopacchettosicurezza.noblogs.org
pacchettosicurezza@anche.no
Carosello ce l’ha insegnato, vendere il corpo delle donne non è reato (sic!)…
http://www.youtube.com/watch?v=DDZfPNtw7GE