L’obiettivo del workshop che abbiamo proposto era interrogarsi collettivamente sul proprio corpo come simbolo, veicolo di contenuti, strumento di lotta e autodeterminazione.
Siamo partite dalle “Slut Walk” che, da Toronto (3 aprile 2011), sono diventate un fenomeno internazionale.
Ci siamo chieste quale sarebbe stata la Slut Walk che avremmo voluto costruire e ci siamo dette che il punto non era se e come sfoggiare i requisiti della “femminilità” , visto che la libertà di camminare svestite può non rappresentare per tutte la libertà tout court.
Il nodo gordiano ci è sembrato piuttosto ciò che ci impongono a livello di vestiario e comportamenti (educati, remissivi…), cosa introiettiamo senza averne coscienza, cosa ci frustra perché vorremmo fare diversamente ma alla fine per quieto vivere, abitudine, paura, vergogna non facciamo.
Abbiamo pensato ad un laboratorio pratico-teorico per elaborare insieme ad altre queste tematiche e provare a liberarci, forti di una collettività che aspira all’autodeterminazione e lo fa attraverso il conflitto, delle inibizioni che non vorremmo avere.
Abbiamo scelto il nome di “my” slut walk per sottolineare la non conformità a nessuno stereotipo. I vari momenti del laboratorio volevano essere tappe di un percorso che, dal riconoscimento dei giudizi che subiamo fino ad assimilarli, terminava con la consapevolezza e rivendicazione dei propri desideri e bisogni. Nella “passeggiata” in giro per Livorno avremmo cercato di sperimentare una pratica di liberazione individuale attraverso la potenza collettiva. Continua a leggere