Amnistia per la polizia!

AMNISTIA PER LA POLIZIA!

 


Giovedì 13 novembre 2008 si è concluso l’ultimo dei tre grandi processi
di primo grado per gli eventi legati alle proteste contro il G8 del luglio
2001 a Genova.
Il processo a 29 funzionari di polizia per l’irruzione alla scuola Diaz che
terminò con 93 persone arrestate illegalmente e 61 di queste ferite
gravemente si è concluso con una sentenza esemplare: sedici assoluzioni e
tredici condanne.
Il tribunale ha deciso di condannare solo gli operativi e di assolvere a
pieno titolo chi ha pianificato un’operazione vendicativa e meschina. Di
assolvere le menti che per giustificare una carneficina hanno deciso di
piazzare due bombe molotov recuperate nel pomeriggio tra gli oggetti
rinvenuti, di mentire circa l’accoltellamento di un agente, di coprirsi
l’uno con l’altro raccontando incredibili resistenze da parte degli
occupanti della scuola e saccheggiando il media center che vi si trovava di
fronte. La ciliegina sulla torta del presidente Barone e delle sue due
giudici a latere Maggio e Deloprete: alle vittime di quella notte va
qualche spicciolo, tanto perché nessuno si lamenti di essere stato
tagliato fuori da una immaginaria torta.

Alla lettura della sentenza nessuno di noi si è meravigliato. Non siamo
delusi, non siamo tristi, né pensiamo alcuno dovrebbe esserlo. Siamo solo
furiosi.

Non abbiamo mai creduto che la giustizia fosse veramente "uguale per
tutti", non abbiamo mai creduto che chi esercita il potere avrebbe ammesso
di essere giudicato, di essere messo in discussione.
Ma il dileggio con cui è stata confezionata questa sentenza parla da sé:
l’amnistia per la polizia è la seconda parte di quell’operazione
vendicativa e meschina che ha portato alla Diaz.
E’ il secondo tempo della vendetta per la frustrazione e il terrore che lo
Stato e i suoi apparati hanno provato in quei giorni di rivolta. Non ce
l’hanno mai perdonata e non ce la perdoneranno.
La sentenza che chiude questo ciclo di processi di primo grado dovrebbe
essere una lezione di storia, e forse grazie ad essa restituiremo la
dignità a una vicenda che ne ha avuta molto poca, perché molti oltre a
noi si accorgeranno di
qualcosa che è la base di quanto è successo a Genova in quei giorni.
Esiste una posizione per cui parteggiare: quella degli insofferenti, quella
dei subalterni, degli sfruttati, dei deboli, di coloro che lottano per un
mondo migliore e più equo.
Ed esiste un’altra posizione, quella di chi comanda ed esegue, di chi
tortura e vìola, dei forti con i deboli e dei deboli con i forti, quella
di chi esercita il potere e lo coltiva.

Nella vita bisogna scegliere. Noi lo abbiamo fatto, oliando meccanismi di
memoria che altrimenti avrebbero condannato all’oblìo una pagina nera
della storia italiana e internazionale. Noi lo facciamo tutti i giorni. Non
abbiamo rimorsi e non abbiamo rimpianti per quanto è avvenuto.
Solo rabbia. E non siamo i soli.
Supportolegale

— contatti: info a supportolegale.org    http://www.supportolegale.org

Supporto Legale e’ una rete di persone che seguono i processi di Genova,
Cosenza, Napoli e Milano: quelli a manifestanti, quelli a pubblici
ufficiali accusati di violenza, torture, abuso di potere. Supporto Legale
trascrive le udienze, le trasforma in sintesi comprensibili, le pubblica e
le diffonde; inventa progetti, campagne e iniziative di informazione e
raccolta fondi. Supporto Legale, nato per iniziativa di alcuni
mediattivisti che partecipano alla rete di Indymedia, fa un lavoro di
informazione e comunicazione, di supporto tecnico e di finanziamento, con
una serie di campagne di raccolta fondi, versando integralmente il ricavato
per il lavoro delle segreterie e per le spese processuali. Perche’ la
memoria e’ un ingranaggio collettivo.

APPELLO MANIFESTAZIONE NAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

 
MANIFESTAZIONE NAZIONALE
CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE
Corteo di donne autorganizzato

ROMA, 22 NOVEMBRE 2008 – P.zza della Repubblica, ore 14.00

INDECOROSE E LIBERE!

La violenza maschile è la prima causa di morte e di invalidità permanente delle donne in Italia come nel resto del mondo. La violenza fa parte delle nostre vite quotidiane e si esprime attraverso la negazione dei nostri diritti, la violazione dei nostri corpi, il silenzio.
Un anno fa siamo scese in piazza in 150.000 donne, femministe e lesbiche per dire NO alla VIOLENZA MASCHILE e ai tentativi di strumentalizzare la violenza sulle donne da parte di governi e partiti, per legittimare politiche securitarie e repressive. Torneremo in piazza anche questo anno perché i governi cambiano ma le politiche restano uguali e, al giorno d’oggi, peggiorano.
In un anno gli attacchi alla nostra  libertà e autodeterminazione sono aumentati esponenzialmente, mettendo
in luce la deriva autoritaria, sessista, e razzista del nostro paese.
Ricordiamo il blitz della polizia al policlinico di Napoli per il presunto aborto illegale, le aggressioni contro lesbiche, omosessuali e trans, contro immigrate/i e cittadine/i di seconda generazione.
Violenza legittimata e incoraggiata da governi e sindaci-sceriffi che vogliono imporre modelli di comportamento normalizzati in nome del “decoro” e della “dignità” impedendoci di scegliere liberamente come condurre le nostre vite.
La violenza maschile ha molte facce e una di queste è quella istituzionale: vorrebbero risolvere la crisi economica e culturale che stiamo vivendo smantellando lo stato sociale.
Per salvare le banche, rifinanziare le missioni militari all’estero e militarizzare le nostre città, tagliano i fondi ai centri antiviolenza, ai consultori e a tutti i servizi che garantiscono alle donne libertà, salute e indipendenza.
Con la legge 133 tagliano i fondi alla scuola e all’università pubblica per consegnare l’istruzione nelle mani dei privati,  determinando la fine del diritto ad una istruzione gratuita e libera per tutte/i.
Con il decreto Gelmini, migliaia di insegnanti, maestre precarie, perdono il posto di lavoro, e viene meno  un sistema educativo – il tempo pieno – che sostiene le donne, consentendo loro una maggiore libertà di movimento e autonomia.
L’obiettivo delle riforme del lavoro, della sanità, della scuola e dell’università è di renderci sempre più precarie e meno garantite: mogli e madri “rispettabili” rinchiuse nelle case, economicamente dipendenti da un uomo, che lavorano gratuitamente per badare ad anziani e bambini. Non pagheremo noi la vostra crisi!
Vogliamo reagire alla violenza fisica, psicologica, economica, normativa, sociale e religiosa agita verso di noi, in famiglia e fuori, “solo” perché siamo donne. Vogliamo dire basta al femminicidio.  

SABATO 22 NOVEMBRE
SAREMO DI NUOVO IN PIAZZA COME FEMMINISTE E LESBICHE


PER RIBADIRE

con la stessa forza, radicalità e autonomia che la VIOLENZA MASCHILE non ha classe né confini, NASCE IN FAMIGLIA, all’interno delle mura domestiche, e NON È UN PROBLEMA DI ORDINE PUBBLICO, MA E’ UN PROBLEMA CULTURALE E POLITICO!

E AFFERMARE CHE

al disegno di legge Carfagna, che criminalizza le prostitute e impone regole di condotta per tutte, che ci vuole dividere in buone e cattive, in sante e puttane, in vittime e colpevoli, noi rispondiamo che SIAMO TUTTE INDECOROSAMENTE LIBERE!
al decreto Gelmini che ci confeziona una scuola autoritaria e razzista, noi rispondiamo che VOGLIAMO  TUTTE 5 IN CONDOTTA!
ai pacchetti sicurezza e alle norme xenofobe che ci vogliono distinguere in cittadine/i con e senza diritti, rispondiamo che SIAMO TUTTE CITTADINE DEL MONDO E ANDIAMO DOVE CI PARE!

Sommosse – Rete Nazionale di femministe e lesbiche
www.flat.noblogs.org,

 
PER SOSTENERE LA MANIFESTAZIONE: 
 Associazione Donne in Genere Onlus CARIRI Ag. 4 ROMA
IBAN: IT97H0628003205000003010136
causale: MANIFESTAZIONE
 

Chi paga per i peccati dell’uomo?

 
chi paga per i peccati dell'uomo?

Una (bella) donna distesa e semi-nuda su un letto (di dolore?).* A
braccia aperte. La scritta poi toglie ogni dubbio: «Chi paga per i
peccati dell’uomo?». Evidente, così, il riferimento al crocifisso e al
martirio cristiano. È bufera sulla campagna pubblicitaria di Telefono
Donna, onlus fondata nel 1992 e insignita dal Comune una decina d’anni
fa con tanto di benemerenza civica. La donna crocifissa avrebbe dovuto
campeggiare su cinquecento spazi pubblicitari. Testimonial choc (la
campagna è dell’agenzia internazionale Arnold WorldWide) in vista della
giornata mondiale contro la violenza sulle donne, in calendario per il
25 novembre. Tutto fermo, congelato. Perché da Palazzo Marino le
pressioni sono fortissime.


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Salute e Servizi: Articoli sulla prevenzione di service4sexworkers

     ATTENZIONE fate girare
al link quì sotto sono inserito alcuni testi in italiano e in inglese per
infomare le lavoratrici di strada su come devono comportarsi di fronte ai
fermi di polizia e alle multe.
Potete farli circolare e distribuirli alle vostre amiche che lavorano in
strada.

 http://www.services4sexworkers.eu/s4swr/prevenzioni

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O tu santo manganello!

La Madonna del manganello è una rappresentazione iconografica della figura cristiana della Madonna, diffusa a Vibo Valentia durante il ventennio fascista e caduta in disuso con la deposizione del regime.

Pur non avendo mai avuto un riconoscimento ecclesiastico ufficiale, la
Madonna del manganello rientrò in un insieme di rappresentazioni
diffuse, principalmente in forma di statue e santini, negli anni trenta
del XX secolo nell’ottica dello spirito clericofascista voluto
dalla Chiesa e dal regime stesso. Nell’ambito di questa corrente, si
arrivò ad alcune aberrazioni quali san Francesco proclamato "precursore
del Duce" nel 1926, o l’icona di santa Chiara in trionfo sui fasci
littori.
Sempre in questa corrente si possono contestualizzare le numerose
"preghiere per il Duce" che vennero composte in quegli anni, divulgate
proprio tramite il retro di questi santini.
La statua della Madonna del Manganello fu realizzata dallo scultore
leccese Giuseppe Malecore come arredo sacro per una chiesa non
parrocchiale di Monteleone, attuale Vibo Valentia.

La statua rappresentava una Madonna con bambino, nella tipica iconografia della Madonna del Soccorso
che mentre nella mano sinistra sorreggeva il figlio Gesù, con la destra
sollevava un manganello nodoso. Ai piedi della donna si trovava un
secondo bambino in piedi. La statua era realizzata in cartapesta
colorata, e da questa rappresentazione furono in seguito realizzati con
metodo fotografico alcune serie di santini.


 


 
Asvero Gravelli, giornalista del regime, fascista intransigente e
direttore della rivista Antieuropa, compose anche uno stornello come
preghiera per il retro dell’immagine, che citava
:

« O tu santo Manganello
tu patrono saggio e austero,
più che bomba e che coltello
coi nemici sei severo.
O tu santo Manganello
Di nodosa quercia figlio
ver miracolo opri ognor,
se nell’ora del periglio
batti i vivi e gli impostor.
Manganello, Manganello,
che rischiari ogni cervello,
sempre tu sarai sol quello
che il fascista adorerà. »

La statua scomparve da Monteleone, e fu presumibilmente distrutta, alla fine della seconda guerra mondiale, con essa svanì la sua venerazione. La figura della Madonna del manganello è stata citata da Corrado Guzzanti nel film Fascisti su Marte.

 
fonte:http://romanticinismo.blogspot.com/2007/12/o-tu-santo-manganello.html