A otto giorni dal RomaPride 2009 nessuna risposta dalle Istituzioni alla nostra denuncia sui tre percorsi negati al corteo.
Le oltre trenta sigle che compongono il Comitato RomaPride 2009 ribadiscono che il 13 giugno il Pride ci sarà, nonostante le difficoltà e le incertezze che i divieti continuano a creare al regolare svolgimento della manifestazione.
Lanciamo un appello a tutte le forze politiche, ai movimenti, alle associazioni, alla società civile, ad essere vicini alle persone lgbtq in questo difficile momento, sia mostrando solidarietà in questi giorni, sia sfilando tutti/e insieme il 13 giugno.
Quando si colpiscono minoranze o singole persone, limitandone le libertà, in realtà si colpiscono le libertà di tutti/e.
I divieti posti ai percorsi richiesti sono in effetti un modo furbo e burocratico per indebolire il corteo e quindi un attacco sostanziale alla libertà di manifestare, diritto costituzionale e base della democrazia.
Riteniamo che l’appuntamento per tutti e tutte il 13 giugno a Piazza della Repubblica sia ormai improrogabile.
Per questo sollecitiamo ulteriormente le Istituzioni ad una rapida risposta che permetta la manifestazione secondo quanto ragionevolmente richiesto.
Comitato RomaPride 2009Segreteria Organizzativa
HTTP://www.romapride.it
Al Leader della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista
(Per conoscenza, alle e ai rappresentati del governo italiano e dell’Unione europea)
Gentile Muammar Gheddafi,
noi non facciamo né vogliamo far parte delle 700 donne che lei ha chiesto di incontrare il 12 giugno durante la sua visita in Italia.
Siamo, infatti, donne italiane, di vari paesi europei e africani estremamente preoccupate e scandalizzate per le politiche che il suo Paese, con la complicità dell’Italia e dell’Unione europea, sta attuando nei confronti delle donne e degli uomini di origine africana e non, attualmente presenti in Libia, con l’intenzione di rimanervi per un lavoro o semplicemente di transitarvi per raggiungere l’Europa.
Siamo a conoscenza dei continui rastrellamenti, delle deportazioni delle e dei migranti attraverso container blindati verso le frontiere Sud del suo paese, delle violenze, della “vendita” di uomini e donne ai trafficanti, della complicità della sua polizia nel permettere o nell’impedire il transito delle e dei migranti.
Ma soprattutto siamo a conoscenza degli innumerevoli campi di concentramento, a volte di lavoro forzato, alcuni finanziati dall’Italia, in cui donne e uomini subiscono violenze di ogni tipo, per mesi, a volte addirittura per anni, prima di subire la deportazione o di essere rilasciati/e.
Alcune di noi quei campi li hanno conosciuti e, giunte in Italia, li hanno testimoniati.
Tra tutte le parole e i racconti che abbiamo fatto in varie occasioni, istituzionali e non, o tra tutte le parole e i racconti che abbiamo ascoltato, scegliamo quelli che anche Lei, insieme alle 700 donne che incontrerà, potrà leggere o ascoltare.
Fatawhit, Eritrea: “Il trasferimento da una prigione all’altra si effettuava con un pulmino dove erano ammassate 90 persone. Il viaggio è durato tre giorni e tre notti, non c’erano finestre e non avevamo niente da bere. Ho visto donne bere l’urina dei propri mariti perché stavano morendo di disidratazione. A Misratah ho visto delle persone morire. A Kufra le condizioni di vita erano molto dure (…) Ho visto molte donne violentate, i poliziotti entravano nella stanza, prendevano una donna e la violentavano in gruppo davanti a tutti. Non facevano alcuna distinzione tra donne sposate e donne sole. Molte di loro sono rimaste incinte e molte di loro sono state obbligate a subire un aborto, fatto nella clandestinità, mettendo a forte rischio la propria vita. Ho visto molte donne piangere perché i loro mariti erano picchiati, ma non serviva a fermare i colpi dei manganelli sulle loro schiene. (…) L’unico metodo per uscire dalle prigione libiche è pagare.”
Saberen, Eritrea: “Una volta stavo cercando di difendere mio fratello dai colpi di manganello e hanno picchiato anche me, sfregiandomi il viso. Una delle pratiche utilizzate in questa prigione era quella delle manganellate sulla palma del piede, punto particolarmente sensibile al dolore. Per uscire ho dovuto pagare 500 dollari.”
Tifirke, Etiopia: “Siamo state picchiate e abusate, è così per tutte le donne”. (Dal film “Come un uomo sulla terra”).
Siamo consapevoli, anche, che Lei e il suo Paese non siete gli unici responsabili di tali politiche, dal momento che gli accordi da Lei sottoscritti con il governo italiano prevedono ingenti finanziamenti da parte dell’Italia affinché esse continuino ad attuarsi e si inaspriscano nei prossimi mesi e anni in modo da bloccare gli arrivi dei migranti sulle coste italiane; dal momento, inoltre, che l’Unione europea, attraverso le sue massime cariche, si è espressa in diverse occasioni a favore di una maggiore collaborazione con il suo Paese per fermare le migrazioni verso l’Europa.
Facciamo presente innanzitutto a Lei, però, e per conoscenza alle e ai rappresentati del governo italiano, alle ministre e alle altre rappresentanti del popolo italiano che Lei incontrerà in questa occasione, così come alle e ai rappresentanti dell’Unione europea, una nostra ulteriore consapevolezza: quella per cui fare parte della comunità umana, composta da donne e uomini di diverse parti del mondo, significa condividere le condizioni di possibilità della sua esistenza.
Tra queste, la prima e fondamentale, è che ogni donna, ogni uomo, ogni bambino, venga considerato un essere umano e rispettato/a in quanto tale.
Finché tale condizione non verrà considerata da Lei né dalle autorità italiane ed europee noi continueremo a contestare e a combattere le politiche dell’Italia, della Libia e dell’Unione europea che violano costantemente i principi che stanno alla base della sua esistenza e fino a quel momento, quindi, non avremo alcuna voglia di incontrarla ritenendo Lei uno dei principali e diretti responsabili delle pratiche disumane nei confronti di una parte dell’umanità.
Il 28, 29 e 30 maggio prossimi si riuniranno qui a Roma i ministri degli interni e della giustizia degli 8 principali stati capitalisti.
Discuteranno e decideranno delle vite di milioni di persone, ed in particolar modo di chi in occidente è ben accett* solo se e fin quando serve ad ingrossare l’esercito degli sfruttati.
E’ la popolazione migrante a pagare il prezzo piu’ alto della crisi, subendo infami ricatti lavorativi, clandestinita’ obbligata e il razzismo costruito dalle istituzioni attraverso il terrorismo dei media e leggi
infami.
La detenzione nei lager chiamati C.I.E., la deportazione nei paesi di origine, il respingimento di massa e la reclusione nei campi di concentramento in Libia come in Marocco, sono la risposta che l’Europa di
Schengen ha scelto di voler dare alla questione della migrazione.
Nell’odierno clima di propaganda xenofoba si inserisce l’aggressione squadrista di venerdi’ scorso a Villa Gordiani ai danni di membri della
comunita’ bengalese, un’intimidazione razzista legittimata dall’ostilita’ e l’ostruzionismo attraverso cui le istituzioni locali
(Comune e Municipio VI) hanno posto ripetuti ostacoli burocratici ai festeggiamenti del capodanno Bangla non garantendo la liberta’ di espressione di migliaia di cittadini di Roma e innescando una spirale di
odio per il diverso.
Negli ultimi due mesi solo nel centro di Ponte Galeria hanno perso la vita un uomo (Salah Souidani) e una donna (Nabruka Mimuni), entrambi vittime
della brutalita’ della Polizia di Stato e della complice indifferenza della Croce Rossa Italiana. Sono questi due apparati militari a dividersi la
responsabilita’ della gestione di questo lager della democrazia, in qualita’ di esecutori materiali delle politiche di discriminazione e sterminio applicate all’interno e all’esterno di esso.
In entrambe le occasioni i prigionieri e le prigioniere del C.I.E. hanno dato inizio ad uno sciopero della fame e dieci giorni dopo la morte di Nabruka riescono ad evadere due persone delle tre che ci avevano provato,
mentre all’interno la polizia si accanisce su un recluso a caso, pestandolo a sangue.
Per venerdi’ 29, durante i giorni del G8 su sicurezza e immigrazione, lanciamo un appello cittadino a partecipare ad un presidio solidale sotto al C.I.E. di Ponte Galeria, con amplificazione e microfono aperto agli interventi di chiunque voglia comunicare con i/le reclus*.
Facciamo sentire a chi e’ prigionier* dietro quelle sbarre la solidarieta’ di tutt* coloro che non sono piu’ dispost* a tollerare l’esistenza di questi lager, ne’ le torture e gli omicidi di stato che si
vorrebbero occultare al loro interno.
L’appuntamento è dalle 17 nel parcheggio della fermata "Fiera di Roma" del trenino per fiumicino aeroporto (via gaetano rolli lorenzini angolo via cesare chiodi)
SOLIDARIETA’ CON I/LE MIGRANTI IN LOTTA
CHIUDERE I C.I.E. SUBITO
NESSUNA GALERA, NESSUNA FRONTIERA
CONTRO IL G8 SIAMO TUTTE/I CLANDESTINE/I
Compagne e Compagni antirazziste/i
SICUREZZA?
CHI HA PAURA DEI FESTEGGIAMENTI DEL CAPODANNO BENGALESE?
RAID RAZZISTA A VILLA GORDIANI
Roma, 23 maggio 2009
Questa notte, intorno alle due del mattino, una ventina di 20 fascisti armati di mazze e bastoni hanno compiuto in pieno stile squadrista una violenta aggressione contro 4 giovani della comunità del bangladesh intenti a terminare l’allestimento degli spazi per il festeggiamento del capodanno Bangla concessi dal Municipio VI all’interno di Villa Gordiani.
Un giovane è stato ferito ed ora è in ospedale; stand e gazebo completamente distrutti. Mentre gli altri 3 ragazzi scampati all’aggressione sono presso il commissariato Tor Pignattara per formalizzare la denuncia dei fatti.
Nel mentre chiediamo un supporto legale, ci domandiamo, come mai tanto accanimento contro la festività della comunità bengalese? Nei giorni precedenti come comunità nazionale e associazione dhuumcatu abbiamo denunciato i ripetuti ostracismi da parte del Campidoglio e del Municipio VI atti ad impedirci i nosti festeggiamenti. Come sempre volevamo organizzare la nostra festività al parco di Centocelle (presso via Casilina).
Ma,di fronte ai vari divieti ed in assenza di una soluzione alternativa ci siamo visti costretti a fare un presidio all’interno di questo parco da cui siamo stati subito scacciati dalla forza pubblica prontamente allertata da una ordinanza del municipio.Alla fine Comune e Municipio VI ci hanno concesso di organizzare il capodanno a Villa Gordiani, luogo che abbiamo sempre rifiutato proprio perchè a rischio. Ed infatti, stanotte abbiamo ricevuto la spiacevole visita.A chi volesse far passare il raid di questa notte come un’azione di un gruppetto di "bulli", rispondiamo che essa è di matrice razzista ed anche istituzionale. Infatti, mentre da destra a sinistra, in Comune e nei Municipi si dà seguito nel territorio alle politiche nazionali in fatto di inSicurezza atte a criminalizzare e rendere invisibili i lavoratori e le lavoratrici immigrate, la stessa politica razzista leggittima ed espone alla bisogna i cittadini immigrati alle sue "ronde" extralegali.
Con l’azione di questa notte non si è voluto semplicemente compiere un atto razzista nei confronti di un immigrato isolato. Si è voluto colpire, invece, una comunità organizzata che vuole manifestare con il suo orgoglio e la sua dignità il proprio diritto ad esprimere la sua identità e la sua volontà di non avere paura.
Invitiamo, quindi, tutti i giovani, le donne, i precari e lavoratori, chi lotta per la casa e per il diritto allo studio, i cittadini di qualsiasi nazionalità e religione a partecipare alla nostra festa che si terrà comunque dal 23 al 31 maggio per condividere comunanza, solidarietà e una socialità al di fuori delle barriere con cui vogliono dividerci e per dire tutti insieme che noi non abbiamo paura.
Viva il capodanno bangla – 1416 ass Dhuumcatu Villa Gordiani – presso via prenestina 351 tutti i giorni musica, cucina tradizionale e spettacoli
piccolo breviario di consigli per la buona educazione dell’antifascista
L’antifascista nei cortei
Un antifascista coi fiocchi, quand’è a un corteo, tieneben presente che non tutt@ sono cintura nera e settimo dan di jujitsu enon mette in pericolo pacific* manifestanti facendol* trovare nel mezzodi un campo di battaglia, perché un antifascista sa che è del fascistala forza dei muscoli e dell’antifascista la forza delle idee. Unantifascista coi fiocchi sa di certo che la lotta corpo a corpo èplausibile, perché sono proprio i fascisti a cercarla e certamente nonporgerà l’altra guancia, l’antifascista sa resistere, ma sceglierà ilmomento e il luogo giusto permettendo a chi sa essere antifascistasenza sentirsi un hooligan di manifestare il suo antifascismo. Ilrisultato sarà sorprendente, si potrà manifestare sempre più numeros*senza disperdere nessun* de* compagn* (a quello ci pensa la polizia).Un antifascista coi fiocchi, quando intona i suoi cori allemanifestazioni, è consapevole che è meglio riservare allo stadio i corida stadio (si chiamano così per quello) e cerca nel profondo della suafantasia il modo più creativo per gridare a gran voce le proprie ideesenza riciclare cori che proprio dai fascisti sono stati ideati… (siconsiglia di leggere con attenzione la parte sul linguaggio per capirecome). Un antifascista coi fiocchi non storce il naso o non guarda inmalo modo quegli enormi volatili che gli cornacchiano a fianco duranteun corteo, quando in realtà questi rapaci sono compagne e compagni benorganizzati e creativi; sarebbe un buon passo verso l’attuazione dipratiche antifasciste, sorridere e felicitarsi per quell’estensionedisgraziata e graffiante delle compagne e dei compagni e magariaccennare o provare ad accennare un gracchio: questo sì che è uncomportamento antifascista. Quando viene organizzato un momento distudio o di approfondimento sulla memoria, come quello sulla resistenzaa giurisprudenza sarebbe antifascista mischiare accuratamente gliinterventi e non lasciare quello delle “minoranze” (che minoranze nonsono) alla fine, ovvero quando tutti vanno via o quando il livello diattenzione è bassissimo. Un buon antifascista chiede consiglio a chi èesperto per le occasioni speciali, manifestazioni e feste, su cosaindossare, magari avanzare la scelta di capi e colori più audaci,chiede aiuto per il trucco per essere visibili, divertiti eappassionati!
Salute e bellezza dell’antifascista
Amic@ antifa… Sei già bell@ dentro, lo sappiamo tutt*…sei femminista, antirazzista, anticapitalista, antisessista… E pertutto ciò sei già favolos@, è importantissimo dirlo. Ma non èsufficiente… Non lasciare le/gli altr* essere bell* al tuo posto.
Ecco le tendenze del 25 aprile 2009:
La prima regola è che non ci sono regole. Divertiti,sorridi, godi un po’… Ti giuro sullo style di Coco Chanel che tisentirai ancora più splendid@. La Moda? Ma chi se ne frega… La paroladi (dis)ordine è SII CREATIVA; facci sognare un po’, e non avere pauradi fare paura, il ridicolo non uccide. Prendersi sul serio è troppoanni2000. Poi, non lo diremo mai abbastanza: devi prenderti cura di testesso. Devi essere solidale col tuo corpo, perché lui ti vuole bene…
Compagn*, il sesso sicuro è molto molto attuale.Bisogna ripeterlo di nuovo? Il sesso sicuro è molto molto di tendenza.Il sesso sicuro ti fa e ti farà bene… sempre. Non lo si può negare,quindi non ascoltare MAI gli stronzi che ti dicono il contrario; non nesanno niente né della salute e della bellezza antifascista, né delsesso.
Un’altra cosa che ci piace sempre è il movimento dellasinistra per una pelle sana: una doccia ogni tanto, un po’ di sport,verdure per pranzo… Prova a non bere tutte le sere (lo so, èdifficile). Una volta all’anno, vai dal medico, due volte all’anno faiun test HIV-epatite-sifilide (se hai dubbi, fallo immediatamente). E ilkarma baby, il tuo corpo te lo restituirà.
Ma la bellezza antifascista non è soltanto una questioneestetica. È un fatto di respirazione, Darling, di attitudine… Devisapere che per essere chic c’è bisogno di molto rispetto. Per se stessie per le/gli altr*. Per esempio, non si chiede MAI il genere a unapersona. Se non riesci a scoprirlo, serba le tue domande per te, se nonvuoi sembrare completamente "has been"… E la stessa cosa vale perl’identità sessuale, l’origine etnica… Credimi, non si fa. Ascolta unpo’ le/gli altr*, dimostra pazienza e simpatia, e resisti, sempre,quando è necessario. Ecco la chiave della stagione per la bellezza inuna società antifascista.
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Nabruka Mimuni, questo è il nome della donna che si è tolta la vita nella notte tra il 6 e il 7 maggio nel lager di Ponte Galeria, alle porte di Roma. 227, le persone delle quali non conosciamo il nome né la sorte respinte verso la Libia nella stessa notte, inaugurando la linea dura del ministro Maroni sui respingimenti in mare. Inutile parlare di diritti umani inviolabili, illusorio appellarsi a una qualche convenzione internazionale, insufficiente erigersi a difesa ella Costituzione italiana.
Classi separate, autobus separati, medici spia, presidi spia, reato di clandestinità, sindaci sceriffo, “sicurezza partecipata”, esercito nelle strade, militarismo civico, checkpoint metropolitani: il mondo intorno a noi sembra evolversi rapidamente in un’escalation di razzismo e violenza istituzionale che mirano a stringere tutte e tutti noi nella morsa della paura, dello sfruttamento e del controllo. Il governo blinda il pacchetto sicurezza. Berlusconi non vuole un’Italia multietnica e lo spettro dell’apartheid si fa realtà.
Le politiche razziste e securitarie sono pratiche di governo nella crisi economica. In assenza di politiche anticrisi l’unica risposta è la sicurezza che si traduce nella riduzione di libertà e diritti. Come fermare altrimenti le resistenze se non ingabbiando (preventivamente) la società, producendo separazione e odio razziale? Queste misure colpiscono in particolare le persone migranti ma riguardano tutte e tutti e puntano a dividere e a rompere i rapporti di solidarietà tra le persone, alimentando la paura e rendendo tutte e tutti più ricattabili.
Ma il futuro non è scritto. Le rivolte nei centri di detenzione per migranti (CIE), da Lampedusa a Torino, da Milano a Ponte Galeria, accendono un fuoco di speranza e libertà. Le voci e le mobilitazioni contro il pacchetto sicurezza gridano che sono molte/i a sfidare la paura. Le lotte sociali non si fermano, anzi si moltiplicano.
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