Pap! Martedì 19 h16 @ Via dei Lincei, 93

 

‘Una stanza tutta per sé Onlus’vi invita all’iniziativa:

“PaP! Prevenzione Anti Papilloma”

Martedì 19 Aprile 2011 alle ore 16:00
nella Sala del Municipio nel Consultorio di Via dei Lincei, 93

All’ iniziativa saranno  presenti due delle maggiori esponenti dello Screening che viene fatto a Roma in base ai risultati dei PapTest che vengono eseguiti nei consultori:

Dott. Maria Luisa Schiboni – Responsabile della diagnostica citologica dell’Ospedale S.Giovanni
Dott. Capparucci– Responsabile Screening Asl Roma C

Inoltre parteciperanno Il collettivo femminista Leribellule e il Laboratorio Erboristico di Zk

Il papilloma virus. Questa incognita! . Quello che si sa di sicuro è che se non se lo si cura provoca in età avanzata  il tumore al collo dell’utero. Attualmente è stato messo in commercio il vaccino (solo per le giovani dai 12 ai 26 anni) che ha rivelato diversi effetti collaterali.
Le cure una volta contratto il virus risultano spesso invasive e non comportano l’effettiva guarigiorne della malattia.
La realtà è che del Papilloma se ne sa poco  e niente e mancano gli spazi dove se ne possa parlare.
Insieme alle invitate all’iniziativa cercheremo di capire l’entità di questo virus e analizzeremo insieme l’informazione che viene fatta e i metodi che vengono adottati per scongiurarlo e per debellarlo. L’iniziativa viene fatta al consultorio proprio per rientrare in questo luogo troppo dimenticato. Un luogo nato nel 1975 dalla lotta e dalla forza delle donne che volevano creare uno spazio dove l’informazione, la prevenzione e la cura, la tutela e la salute della donna fossero messe in primo piano e dove finalmente si rifiutasse quella distanza che intercorre tra medico e paziente per crearne invece un nuovo  rapporto orizzontale e includente. Ultimamente vengono fatti attacchi ai diritti delle donne e i consultori vengono messi in discussione nella proposta di legge Tarzia che li vuole rendere privati.
Ci sembra allora necessario rientrare in questi luoghi e farli vivere di nuove idee, desideri e rivendicazioni delle donne. Come il diritto all’informazione sul Papilloma Virus e su tutto ciò che riguarda la nostra salute. Con questa iniziativa vogliamo tornare a quelle pratiche assembleari che hanno inventato il consultorio  escludendo ogni lezione frontale ma dove finalmente le donne si trovino partecipi alla discussione perché le informazioni sulla cura del proprio corpo vengono veramente condivise e messe alla portata di tutte.

CORTEO: TARZIA FUORI DALLE OVAIE!!! O+

CONSULTORI PUBBLICI E GRATUITI

UN CORTEO PER CONSEGNARE LE PRIME 80.000 FIRME

… e la petizione continua

 

PER DIRE Sì ALLA SALUTE E ALL’AUTODETERMINAZIONE DELLE DONNE

CONFERENZA STAMPA

In corteo raggiungeranno la sede della Regione Lazio in Via Rosa Raimondi Garibaldi per consegnare le prime 80.000 firme alla Presidente Renata Polverini. alle ore 10 giovedì 14 aprile sotto al Consultorio di Via dei Lincei, 93. Le donne, i comitati e i vari gruppi che hanno raccolto le firme della petizione popolare che dice NO alla proposta di legge Tarzia si danno appuntamento

per illustrate le ragioni del totale disaccordo con la proposta di legge e della necessità di aprire i 117 consultori che dovrebbero essere attivati nel rispetto alle norme vigenti nonché dell’urgenza di migliorare le strutture esistenti (carenti e con poco personale).Alle 11,00 davanti all’ingresso della Regione è indetta una conferenza stampa

Chiediamo che:

* i consultori rimangano strutture pubbliche e laiche, rivolte e aperte alle donne, libere da condizionamenti di qualunque natura
* i consultori possano continuare ad offrire la prevenzione e promozione della salute necessarie soprattutto agli adolescenti, alle donne e alle coppie in età fertile, anche a quelle provenienti da altri paesi
* continui ad essere garantita alle donne la piena autonomia di scelta in materia di salute e di riproduzione
* la responsabilità politica e amministrativa di una pesante limitazione delle libertà conquistate dalle donne con anni di lotte non debba essere attribuita ad una donna alla guida della Regione Lazio
* la proposta di legge Tarzia sia definitivamente ed immediatamente ritirata

Le donne e le famiglie che vogliono LIBERAMENTE PROCREARE attendono risposte concrete:

LAVORO DIGNITOSO, SERVIZI SOCIALI ADEGUATI, UNA POLITICA DELLA CASA.

Respingono al mittente la proposta di legge Tarzia, che è esattamente il contrario.

Assemblea permanente delle donne contro la legge tarzia

Stati generali della precarietà: Perfettamente inconciliabili

Strumenti e strategie per sabotare lo pseudo-welfare familista

Nel quadro complesso della crisi economica che attanaglia ogni giorno le nostre vite viene riproposto un sistema di governance che utilizza la famiglia come unico ammortizzatore sociale, ovvero come luogo di sostegno e riproduzione del sistema stesso.

In mancanza di un “vero” welfare il governo italiano, che interpreta le direttive europee come un invito a rincarare la dose, attraverso il Piano Carfagna Sacconi, definisce un modello di conciliazione lavoro-famiglia in cui le donne (mamme se possibile) sono le uniche a farsi carico delle necessità familiari e quindi sociali.

Viene proposta la conciliazione tra tempi di lavoro salariato e lavoro di cura in famiglia, senza considerare la realtà delle/dei precari/e e istituzionalizzando il fatto che il rapporto di moltissime donne italiane con il welfare è ormai stabilmente mediato dalla presenza delle donne migranti. Questa presenza ripropone su scala globale e rinnovata la questione della divisione sessuale del lavoro, rendendo il welfare non più solo un problema di prestazioni più o meno garantite, ma di rapporti di lavoro e precarietà.

Lasussidiarietà tra pubblico e privatosu cui si incentra il Libro bianco di Sacconi non solo punta allo smantellamento del welfare e alla delega del lavoro di cura alle donne ma decostruisce alla radice il concetto di Stato sociale stesso: il welfare perde la sua dimensione collettiva per tradursi in una sorta di assicurazione privatistica, sorretta dalla famiglia, dalla chiesa, dal volontariato, dal privato sociale, dal lavoro salariato delle donne, soprattutto, ma non solo, migranti. Tutto ciò si trasforma in un’ulteriore accelerazione della finanziarizzazione della previdenza, della salute, dell’istruzione.

Infatti il problema di trasformare stipendi sempre più magri e insicuri in risorse per la vita di figli, genitori e nonni, che è un problema sociale, è riproposto come “affare di donne”, anche quando il lavoro riproduttivo sia svolto non più solo gratuitamente ma in cambio di un salario. In questo senso vengono rafforzati i già ben strutturati ruoli sociali che ipotecano i progetti di vita di uomini e donne, deresponsabilizzando stato e imprese per tutto ciò che riguarda il tema del lavoro per la riproduzione sociale. La legge Bossi-Fini diventa uno dei pilastri di questo sistema nel momento in cui istituzionalizza la divisione sessuale del lavoro riproduttivo, mentre il tema della conciliazione non mette minimamente in discussione l’idea per cui la vita di cui si parla non è solo la cura degli altri, ma è soprattutto il mio/nostro tempo.

Partendo dall’inconciliabilità tra le nostre vite e questo modello vogliamo porci alcune domande:

Come rallentare e sabotare questo processo che ingabbia soprattutto le donne e privilegia soprattutto le imprese?

Come si passa dal riconoscimento, solo teorico, dell’enorme valore sociale del lavoro di cura svolto quasi esclusivamente dalle donne alla sua valorizzazione reale e alla piena condivisione del lavoro riproduttivo tra donne e uomini, dentro e fuori la famiglia?

Come si accede a diritti, e autonomia, senza passare per la subalternità alla famiglia e al lavoro produttivo?

Come riprenderci, donne e uomini, i nostri tempi e i nostri desideri?

Invitiamo tutte e tutti a discutere un nuovo Libro FUCKsia di desideri, aspirazioni e rivendicazioni che attacchi i privilegi e i profitti, e che si dia l’obiettivo di costruire strumenti effettivi per la liberazione di tempi e desideri di tutte e tutti, dentro e fuori il lavoro, dentro e fuori la famiglia.

Sabato 16, @ GENERAZIONE_P RENDEZ-VOUS [via alberto da giussano, 59]:
dalle 10 alle 20 tavoli di discussione e workshop

Ribellule Roma — http://leribellule.noblogs.org/

Precaria.org Milano — www.precaria.org

MeDeA Torino — http://medea.noblogs.org/

Fuxia block Padova — http://fuxiablock.blogspot.com/

Migrande Bologna — migranda2011@gmail.com

assemblea cittadina di donne il 6 aprile alla Sapienza h 17:30

A TUTTE LE INDECOROSE E LIBERE: DONNE, STUDENTESSE, LAVORATRICI, PRECARIE, LESBICHE!
Dopo la mobilitazione dell’8 Marzo in cui siamo scese in piazza per rivendicare diritti,
autodeterminazione e welfare e la partecipata assemblea cittadina di donne del 23 marzo alla Sapienza,
il percorso autorganizzato delle donne ha deciso di riconvocarsi per il giorno 6 aprile alle ore 17.30 in una assemblea pubblica.

L’ordine del giorno sarà:
– Costruzione di una campagna contro la violenza sulle donne
– Costruzione della giornata di consegna delle firme contro la Legge Tarzia alla Regione Lazio il 14/04
– Future prospettive di mobilitazione
Apriamo uno spazio comune di discussione: autodeterminarci coinvolge tutte!
Vi aspettiamo tutte e numerose
MERCOLEDì 6 APRILE
ORE 17.30
UNIVERSITA’ SAPIENZA – DIPARTIMENTO DI FISICA – AULA MAJORANA
(piano terra, vecchio edificio di fisica, città universitaria)
per info:

mercoledì 23/3 assemblea pubblica l’otto tutto l’anno

a tutte le indecorose e libere!

L’assemblea cittadina di Mercoledì 23 Marzo in aula 1 h 17:30  a Lettere- La Sapienza (città universitaria), sarà l’occasione per aprire uno spazio di discussione, dibattito,  ripresa di parola e di azione delle donne come abbiamo fatto nelle strade e nelle piazze,  il 13 febbraio e l’8 marzo.
Tutte sono invitate a partecipare alla discussione e a portare nuove riflessioni al percorso,
nuovi desideri da realizzare, per rivendicare libertà di scelta e autodeterminazione per tutte, per reclamare diritti e welfare, per boicottare la paura e le parate bipartisan perchè la violenza maschile sulla donne non è un problema di etnia o sicurezza ma una questione culturale e politica.

appello donne migranti verso il primo marzo

 

Donne migranti verso il Primo Marzo

giovedì 24 febbraio 2011

PER L’ACCECANTE VISIBILITA’ DELLE DONNE, CON LE DONNE MIGRANTI
Il 20 febbraio diverse donne migranti e italiane si sono incontrate a Bologna per ragionare insieme sul conquistare una visibilità verso lo sciopero e le manifestazioni del prossimo primo marzo, ma non solo.
Già l’anno scorso molte donne hanno scioperato e sono scese in piazza, accettando la sfida di mostrare che cosa succede se i migranti e le migranti che vivono in Italia decidono di incrociare le braccia per un giorno, e con loro tutti gli italiani e le italiane stanchi di vedere attaccati il loro lavoro e i loro diritti, stanchi del razzismo istituzionale.
Già l’anno scorso c’erano molte donne ma non quante avrebbero potuto, e soprattutto non quante avrebbero voluto esserci. Perché scioperare, determinare la propria presenza, far sentire la propria voce è per le donne, migranti e italiane, una doppia sfida.
L’assenza delle donne è determinata dal doppio incarico al quale sono costrette: il lavoro di cura e domestico (pagato o non pagato) e lo sfruttamento nei posti di lavoro che colpisce soprattutto le donne migranti.
Questa situazione, determinata da un sistema patriarcale (che non ha né cultura né nazione, né religione, ma che è universale) passa attraverso l’attacco quotidiano alle operaie della casa, alle mogli, alle lavoratrici isolate, e si articola in svariate maniere.
In Italia, la legge Bossi-Fini è lo strumento utilizzato per riaffermare, in forme sempre nuove e violente, il linguaggio del patriarcato. Una legge che colpisce due volte le donne migranti tramite il contratto di soggiorno per lavoro che le rende lavoratrici ricattabili (sia nelle fabbriche sia nelle case), sempre a rischio di diventare “clandestine”, di essere rinchiuse nei Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE) ed espulse.
E ancora: la legge Bossi Fini rafforza il patriarcato che è nelle case perché le donne migranti che sono in Italia per ricongiungimento famigliare dipendono dal permesso di soggiorno del marito e per loro è difficile o impossibile – anche in assenza di supporti concreti – liberarsi dalla subordinazione o dalla violenza domestica che, come capita anche a moltissime donne italiane, spesso esercitano i mariti.
Inoltre la legge Bossi-Fini riproduce su scala transnazionale la divisione sessuale del lavoro riproduttivo. Il lavoro domestico e di cura è sempre destinato alle donne, migranti o italiane che siano, anche se una parte delle donne è riuscita a liberarsi almeno parzialmente da questo «destino domestico» pagando un’altra donna. Finché le donne migranti saranno riconosciute solo come «ruoli» (mogli, prostitute che possono riscattarsi solo come vittime, badanti e colf sulle quali si amministra il nuovo welfare privato, pagato dalle donne) la libertà di tutte le donne è sotto attacco.
Per questo è necessario oggi conquistare la parola e la visibilità politica delle donne, soprattutto di quelle migranti. Perché le migrazioni delle donne mettono in discussione le strutture sociali e patriarcali sia nei paesi di partenza sia in quelli di arrivo. Da questa potenza, oltre le reali difficoltà, dobbiamo muovere insieme il passo verso una presenza politica. Una presenza che ci faccia prendere e riprendere la parola!
A Bologna è stato chiaro che noi donne, migranti e italiane, non siamo più disposte ad accettare che il nostro sfruttamento e la nostra subordinazione siano giustificati da stati, culture, tradizioni o religioni. Non siamo più disposte ad accettare un antirazzismo neutro o il linguaggio politicamente corretto di un multiculturalismo che giustifica le aggressioni contro le donne che accadono all’interno delle comunità e delle famiglie. Criticare questa realtà non vuol dire fare una crociata razzista colpendo indiscriminatamente tutta le comunità migranti ma vuol dire criticare le pratiche patriarcali esercitate da uomini sia immigrati sia italiani. Vuol dire riaffermare una battaglia per la libertà delle donne, migranti e italiane.
Per questo chiamiamo il nostro sfruttamento e la nostra subordinazione (quelli imposti dalla legge Bossi-Fini e quelli raccontati come “tradizione”) con il loro vero nome: patriarcato.
Proponiamo alle donne, dentro e fuori il movimento dei migranti e antirazzista, a tutte coloro che stanno scendendo nelle piazze per affermare la propria libertà di donne contro un potere che si esercita prima di tutto sui loro corpi, di costruire una propria visibilità accanto alle donne migranti, prima di tutto nelle piazze del primo marzo.
Ma proponiamo di avviare un percorso di assemblee, a livello locale e nazionale, per far valere anche oltre il primo marzo la voce e la presenza delle donne, con le donne migranti. Perché la loro assenza dalle piazze è un silenzio assordante. Perché la visibilità che le donne si riprendono sarà accecante.
Le Donne del Coordinamento Migranti Bologna e Provincia.
Associazione Todo Cambia, Milano.
Associazione Trama di Terre, Imola.
Rete Intrecci: Associazione Donne in Cammino per la Famiglia, Forlì-Cesena; Associazione. Il Ventaglio, Bologna; Associazione ANNASSIM, Bologna; Associazione Che la Festa continui, Casalecchio (Bo); Associazione Donne del Mondo, Forlì-Cesena; Associazione UDI, Modena; Ass. Differenza Maternità, Modena, Ass. Donne in nero; Ass Vagabonde, Parma.

Per adesioni: migranda2011@gmail.com

 

 

 

8marzo: Riprendiamoci le nostre vite indecorose e libere! – CORTEO NOTTURNO

Corteo Notturno Martedi 8 marzo

Appuntamento ore 18:00 @ —->           Bocca  (di Rosa) della Verità

—–>>>percorso fino a Campo de fiori!

riprendiamoci le nostre vite …indecorose e libere!

Siete tutte invitate al corteo carnevalesco per le strade del centro di roma

per reclamare diritti e nuovo welfare,

riprenderci le piazze e i nostri desideri,

boicottare la paura e le parate bipartisan!

…mettete qualcosa di rosso!

Negli ultimi mesi un’energia nuova e dirompente è emersa dalle mobilitazioni delle università e dei precari, dalla resistenza degli operai e dei migranti, fino a giungere alle ribellioni dell’Egitto e delle coste del Mediterraneo.

E’ un grido di rivolta che denuncia un sistema sociale ingiusto e si rifiuta di pagarne i costi.

Il 13 febbraio scorso noi donne ci siamo opposte alle politiche che soffocano le nostre vite e che hanno portato al progressivo restringimento dei nostri diritti e dei nostri spazi di libertà. Abbiamo attraversato piazza del Popolo, invaso le strade di Roma e ci siamo spinte fino a Montecitorio per “restituire al mittente” le leggi contro le donne approvate negli ultimi anni dai governi sia di centrodestra che di centrosinistra: le dimissioni in bianco, il collegato lavoro, la legge 40 sulla procreazione assistita, l’innalzamento dell’età pensionabile, il pacchetto sicurezza e tante altre.

Anche l’8 marzo vogliamo riportare in piazza la stessa voce e, con lo stesso linguaggio impetuoso, rimettere al centro la questione della redistribuzione delle ricchezze: tra chi fa i profitti e chi sta pagando questa crisi, tra chi possiede palazzi e chi non ha casa, tra chi si giova di stipendi milionari e chi non ha un lavoro.
Vogliamo contestare chi mette in discussione la nostra autodeterminazione saturando le strutture pubbliche di obiettori di coscienza, limitando la diffusione della pillola RU486 o sostenendo la privatizzazione delle strutture sanitarie come i consultori (vedi la proposta di legge Tarzia per la regione Lazio), luoghi che noi invece vorremmo reinventare partendo dai nostri attuali bisogni.

Vogliamo ribellarci a una cultura e a un immaginario usati per controllare e disciplinare i nostri corpi e la nostra sessualità. Dal lavoro alla sanità, infatti, l’unico ruolo legittimato per le donne è quello di moglie e madre. Eppure spesso nel momento dell’assunzione ci vengono fatti firmare fogli di “dimissioni in bianco” che il datore di lavoro potrà tirar fuori nel momento in cui dovessimo dichiarare di essere incinte.

Viviamo nel Paese della doppia morale, dove l’unico modello accettato e promosso è la famiglia eterosessuale, quella stessa famiglia in cui, come le statistiche ufficiali ci raccontano, avvengono la maggior parte delle violenze sulle donne attuate da mariti, compagni e padri. E’ anche per questo che rifiutiamo la precarietà: perché ci obbliga a dipendere economicamente e culturalmente da un modello relazionale che ci impedisce di poter scegliere dove, come, quando e con chi essere o NON essere madri.

Eppure la stessa retorica familista che dichiara di promuovere e sostenere la genitorialità, di fatto ne ostacola la possibilità a lesbiche, single, gay, trans e a tutti quei soggetti che sfuggono alla norma eterosessuale e cattolica. Ed è sempre la stessa logica che da un lato stigmatizza e criminalizza le sex workers attraverso pacchetto sicurezza e campagne moraliste e sul “decoro”, e dall’altro ne fa un uso “spettacolarizzato” e strumentale al piacere maschile diffuso all’interno dei Palazzi del potere, ma non solo.

L’8 marzo scenderemo in piazza anche per smascherare le politiche razziste di questo governo che sfrutta il lavoro di cura svolto per la maggior parte da donne migranti e contemporaneamente le trasforma in “pericolose” protagoniste dell’“emergenza immigrati” oppure le priva della libertà e le rende vittime di violenze nei CIE.

Per tutte queste ragioni saremo in piazza l’8 marzo, per rivendicare diritti e libertà, perchè i nostri desideri non hanno né famiglia né nazione, noi non siamo “italiane per-bene”: siamo precarie, studentesse, lesbiche, trans, siamo donne che rifiutano il modello di welfare familistico, nazionalista, cattolico ed eterosessista.

Vogliamo riappropriarci delle nostre voci e dei nostri corpi e anche delle strade, della notte e delle nostre relazioni: rivendichiamo diritti, welfare e autodeterminazione.

Siamo tutte DONNE in CARNEvale e OSSA!!
L’otto… m’arzo e m’arivorto!

Centro Donna Lisa, Donnedasud, le Facinorosse, Infosex-Esc, Lucha y Siesta Action-A, le Malefiche, la Meladieva, le Ribellule, SuiGeneris

www.riprendiamociconsultori.noblogs.org/
Per info e adesioni : lottotuttolanno@gmail.com