com’è finito il pride di bologna?

 questi sono i comunicati di facciamo breccia,di arcilesbica ed
 arcigay,del comitato del bologna pride e la lettera di Porpora
 Marcasciano, a seguito dello sgradevole episodio che ha visto coinvolta
 Graziella Bertozzo.
 Ovviamente ognun@ ha riportato la sua visione dell’accaduto,(come sempre
 succede in questi casi)e difficilmente ci sarà qualcun@ che si assumerà
 la responsabilità di ciò che è successo.
 Ma di chiunque sia la responsabilità, denunciamo apertamente la
 repressione che si è attuata nei confronti della Bertozzo. Ci sembra
infatti strano che il servizio d’ordine del pride non sia riuscito a
gestire una sola persona che voleva salire sul palco per dire la sua
(magari quella mattina aveva fatto colazione con gli spinaci???).
 Il servizio d’ordine non dovrebbe tenere


lontano chi vuole disturbare e chi è contro il pride, o la sua funzione
è remprimere chi vi partecipa (aderendo o meno alla piattaforma)? E se
fosse comparso un gruppo di fascisti? Le forze dell’ordine avrebbero
agito rapidamente come hanno fatto contro la Bertozzo?
Troviamo veramente preoccupante che si sia sentita l’esigenza di
consegnare una persona alle "forze dell’ordine", in piazza per
controllar(ci), senza cercare il dialogo.

 e’ veramente riprovevole ciò che è successo,soprattutto in un momento in
 cui il nostro paese dà solo segnali di repressione,razzismo ed
 omofobia,dove l’altro è il diverso e per questo va fatto tacere. e noi
 tutt@ che dovremmo dare prova di come la "diversità" sia una ricchezza ci
adeguiamo al sistema da cui non vogliamo essere rappresentati.

 

ecco  i comunicati…

Il Comunicato di Facciamo Breccia:

Facciamo Breccia esprime sconcerto e preoccupazione politica per quanto avvenuto ieri, 28 giugno 2008, alla conclusione del pride di Bologna, a Graziella Bertozzo, nostra compagna di lotta e figura storica del movimento lgbt italiano.

Durante gli interventi conclusivi, mentre parlava Porpora Marcasciano, vicepresidente del MIT e attivista di Facciamo Breccia, il nostro coordinamento saliva sul palco per aprire uno striscione con la scritta: “28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia” per rivendicare la storia del movimento lesbico, gay e trans che in quella data aveva ottenuto il Cassero di Porta Saragozza, prima sede assegnata da un’istituzione pubblica al movimento, poi restituita nel 2001 alla Curia.

Graziella Bertozzo, a differenza delle altre e degli altri attiviste/i di Facciamo Breccia, viene fermata all’ingresso del palco da una volontaria del Comitato Bologna Pride e da questa additata ad un uomo in borghese che non si è qualificato in nessun modo e che solo dopo avremmo appreso che era un funzionario della Digos. Graziella viene spintonata a terra e quindi cerca di rialzarsi (non sapendo che l’uomo che l’aveva fermata era un funzionario di polizia), intervengono allora altri poliziotti in divisa, la ammanettano e la trascinano fuori dalla piazza tenendole una mano sul collo, abbassandole la testa verso terra, la caricano a forza su un cellulare e la portano via a sirene spiegate. Altri compagni di Facciamo Breccia cercano di intervenire e altre persone presenti al pride o affacciate alle finestre gridano che la “signora” non aveva fatto niente e che la situazione era incomprensibile. Graziella viene rilasciata dopo tre ore di fermo, indagata per “Resistenza a pubblico ufficiale e lesioni finalizzate alla resistenza”.

Graziella stava partecipando ad un’azione di comunicazione politica con altri/e compagni e compagne che rientrava nei contenuti che Facciamo Breccia ha scelto di portare in piazza al pride di Bologna, mostrando uno striscione che due ore prima, durante il corteo avevamo aperto davanti al Cassero di Porta Saragozza, per rivendicare la storia del movimento lgbt che in questo periodo le destre e il Vaticano stanno tentando di oscurare e criminalizzare in ogni modo, per ridurre nuovamente le nostre soggettività al silenzio.

Il Cassero è stato simbolicamente circondato di drappi rosa e arricchito di cartelli di rivendicazione politica, la polizia ha lasciato svolgere l’azione del tutto pacifica che ha riscosso molto riconoscimento dai/dalle partecipanti al corteo che hanno festosamente preso parte.

Siamo sconcertate/i che, alla conclusione di un grande corteo che pacificamente e festosamente voleva rivendicare diritti e cittadinanza per tutte/i, sotto il palco sia potuto accadere un simile fatto ai danni di Graziella Bertozzo, una delle prime lesbiche visibili del nostro movimento, per anni alla direzione di Arcigay – Arcilesbica, da sempre impegnata in tanti percorsi per i diritti di lesbiche, gay e transessuali e, tra le altre cose, una delle organizzatrici del Forum Sociale Europeo di Firenze del 2002. Non si era mai vista la polizia legittimata sul palco di un pride: il concetto di “sicurezza” messo in opera, – in una manifestazione dal clima del tutto pacifico – è risultato un’azione violentemente repressiva e diffamatoria contro un’attivista riconosciuta da tutte e tutti. Chiediamo oggi a tutte le componenti del movimento lgbt italiano e a tutte le soggettività politiche che si riconoscono nelle istanze di autodeterminazione, cittadinanza, diritti di assumersi la gravità di quanto avvenuto e di prendere posizione in merito ad accuse paradossali comminate ad una nostra compagna. Chiediamo a tutte e tutti, ed in particolare al Comitato Bologna Pride, di spendersi affinché la questione giudiziaria si chiuda immediatamente rendendo chiaro che l’azione di polizia è stata causata da un abnorme “equivoco”.

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Il Comunicato del Comitato Promotore del Pride 2008

A conclusione di un Pride straordinario e partecipato oltre ogni  aspettativa, durante gli interventi alla fine del corteo, è successo  ciò che non ci saremmo mai aspettati di vedere in quella che è  sempre stata una manifestazione pacifica e rispettosa a partire da  noi stessi e dalle relazioni interne tra chi il Pride lo costruisce  e lo vive.

Graziella Bertozzo, militante del movimento LGBT, e appartenente alla rete Facciamo Breccia, dopo avere chiesto in prima battuta il "permesso" di attaccare alle transenne uno striscione recante la  sigla Facciamo Breccia, non ai rappresentanti del Comitato organizzatore, ma a Porpora Marcasciano che glielo aveva negato, ha ripetutamente tentato di accedere al palco senza averne titolarità, lei, come tanti altri militanti ed esponenti di associazioni, che infatti sul palco non c’erano nè hanno chiesto di accedervi. In seguito al rifiuto delle giovani volontarie che stavano gestendo gli  ingressi, ha assunto atteggiamenti pesantemente offensivi e fisicamente violenti, supportata da altri componenti di Facciamo Breccia. L’improvvisa e incomprensibile violenza, tanto più incomprensibile perché espressa da una lesbica all’interno di un contesto pacifico come il Pride, ha fatto precipitare la situazione, rendendola ingestibile e costringendo una delle volontarie a  richiedere il supporto delle forze dell’ordine. Secondo quanto raccontato da testimoni oculari, l’arrivo della polizia ha reso la Bertozzo ancora più aggressiva e violenta determinando il suo fermo da parte della polizia appunto e il trasferimento in questura.

Il Comitato Pride ha dato notizia di questo fermo dal palco invitando la questura a un rilascio immediato della Bertozzo. Poco dopo, il presidente del Comitato Pride, e una dei tre portavoce, sono stati in Questura per cercare di facilitare il rilascio, attendendo l’uscita della Bertozzo avvenuta circa tre ore dopo. In questi due giorni il Comitato ha ascoltato alcuni diretti interessati, testimoni oculari del fatto. Il dato che emerge con più forza è la carica di aggressività perpetrata da una militante storica e da altri esponenti di Facciamo Breccia nei confronti delle giovani volontarie, coperte di insulti e sedicenti accuse di atteggiamento fascista, proprio da chi stava compiendo una vera e propria azione di sopraffazione.

L’intenzione della Bertozzo era probabilmente di raggiungere altri attivisti di Facciamo Breccia che erano riusciti a intrufolarsi e che, durante l’intervento di Porpora Marcasciano in rappresentanza  del MIT, reggevano un loro striscione sul palco. La Rete Facciamo Breccia non ha né aderito al Pride Nazionale 2008, né partecipato alla sua definizione politica e alla sua organizzazione, né lo ha  sostenuto attivamente.

Gli organizzatori hanno cercato di coinvolgere Facciamo Breccia nell’elaborazione del documento politico di questo Pride nazionale accogliendo anche alcune istanze poste durante l’ultima assemblea del movimento LGBT da diverse soggettività che fanno parte anche della Rete e che dopo averle poste in quella sede si sono rifiutate di collaborare direttamente alla loro integrazione, come gli era stato proposto. Ci è risultata incomprensibile la mancata chiara adesione di Facciamo Breccia al  Pride Nazionale, sostituita a due ore dal termine ultimo della chiusura delle adesioni da una lettera che si limitava a comunicare  la partecipazione al corteo, peraltro già nota al Comitato Pride in virtù della presenza del loro carro.

Quello striscione non era previsto, nel senso che nessuno degli organizzatori sapeva che sarebbe apparso: Facciamo Breccia ha scelto di non aderire, ma ha voluto "parlare" dal palco comunque senza condividere questa "scelta" con nessuno degli organizzatori o dei  responsabili politici. Scelta per noi assolutamente incoerente, irrispettosa e prevaricante.

Siamo certi che entrambe le situazioni avrebbero potuto essere discusse e risolte con modalità diverse, senza arrivare nè al  coinvolgimento delle forze dell’ordine nè alla "presa" simbolica del  palco, quasi si trattasse di un luogo del potere istituzionalizzato da contrastare e conquistare, mentre eravamo semplicemente noi, pezzi del movimento LGBT.

Il comunicato scritto da Facciamo Breccia strumentalizza consapevolmente l’accaduto assegnando ruoli di vittime e carnefici del tutto aleatori. E’ falso parlare di polizia sul palco: non c’era, ma era presente nel backstage, che era un’area estesa del Parco della Montagnola, controllato su responsabilità della Questura. E’ vergognoso attribuire a una volontaria intenti repressivi di qualunque natura: i volontari e le volontarie hanno lavorato duramente per quasi un anno con l’unico scopo di contribuire in prima persona alla riuscita del Pride avvicinandosi alla militanza attiva LGBT. E’ disonesto intellettualmente focalizzarsi sulle presunte logiche securitarie che avrebbero  animato il Comitato Pride, sviando l’attenzione da quello che è il vero problema, e che in questa occasione è emerso in tutta la sua drammaticità: la mancanza di rispetto da parte di Facciamo Breccia  nei confronti di chi, all’interno del movimento LGBT, ha altre  pratiche politiche e altri modi di agire. Ringraziamo tutte e tutti coloro che hanno partecipato al Pride in modo pacifico e non violento, contribuendo al suo straordinario successo.

Direttivo Comitato Bologna Pride

Paola Brandolini
Lorenzo "Q" Griffi
Flavia Madaschi
Elisa Manici
Flavio Romani
Emiliano Zaino

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Il Comunicato di Arcigay e Arcilesbica

Arcilesbica e Arcigay giudicano assolutamente inqualificabili le ripetute provocazioni nei confronti degli organizzatori da parte di Facciamo Breccia, rete che non ha aderito al Pride nazionale di Bologna. Dalla performance davanti a Porta Saragozza con parole d’ordine e modalità fuorvianti la realtà storica, all’aver voluto salire sopra il palco con uno degli striscioni utilizzati appunto durante l’azione svolta davanti al Cassero, mentre stava parlando Porpora Marcasciano a nome del Mit e non di Facciamo Breccia. E in questo senso ci stupisce e ci addolora l’atteggiamento avuto da Marcella Di Folco, presidente nazionale del Mit e portavoce del Pride, che ha permesso che ciò accadesse.

Facciamo Breccia non ha partecipato in alcun modo né all’elaborazione politica, né all’organizzazione del Pride nazionale di Bologna. Nonostante questo, esponenti di Facciamo breccia, non paghi delle scorrettezze e delle manipolazioni della realtà e quindi con la volontà di lasciare ad ogni costo un segno negativo su un Pride che è stato stupendo, hanno strumentalizzato un episodio fatto scattare non dagli organizzatori né tantomeno dai volontari del Pride, ma dall’atteggiamento gratuito di sfida di Graziella Bertozzo nel pretendere di essere fatta passare oltre le transenne attorno al palco. A coloro di Facciamo breccia che chiedevano "Ma come si fa a non sapere chi è Graziella Bertozzo?" rispondiamo che ci dispiace ma al di fuori della sua cerchia non tutti ne possono conoscere l’identità, i passati ruoli o l’attività attuale.

Ci sentiamo offese ed offesi dalla strumentalità del comunicato emesso da Facciamo Breccia e rispediamo al mittente insinuazioni ed accuse gratuite. La verità è che si è voluto scientemente cercare l’incidente, per tentare di mettere in difficoltà un Pride che probabilmente dava fastidio fosse partecipato ed allegro. Graziella Bertozzo non è una neofita e le sue azioni ed atteggiamenti aggressivi e violenti verso le volontarie del Pride e gli agenti di Polizia poi hanno portato al fermo e alle conseguenti denunce. Per carità di patria e per non alimentare nella piazza scoramento rispetto al fatto che sul palco si capiva che era in atto un grave problema, abbiamo fatto appello alle forze dell’ordine perché rilasciassero la Bertozzo. In nessun modo però vogliamo esprimere solidarietà nei confronti di una militante storica del movimento che invece del dialogo e delle modalità non violente, ha scelto di prendersela con ragazze volontarie, una persona che invece di richiedere agli organizzatori di salire è data in escandescenza pretendendo dalle volontarie che la lasciassero passare per salire su un palco dove non avrebbe avuto diritto di essere, data la continua campagna di Facciamo breccia contro lo svolgimento del Pride nazionale di Bologna.

Nondimeno, il presidente del Comitato Organizzatore (nonché presidente di Arcigay Emilia-Romagna) si è recato in Questura, accompagnato dagli avvocati contattati dagli organizzatori, da Vladimir Luxuria e Paola Brandolini (segreteria nazionale Arcilesbica) e ha fatto sì che la Bertozzo fosse rilasciata, così come sempre avvenuto in situazioni analoghe e così come è stato da subito assicurato agli esponenti di Facciamo breccia presenti al Pride.

Ciò che è gravissimo è che Facciamo Breccia ometta di dire che Riccardo Gottardi è stato preso a schiaffi da Elena Biagini e altri militanti gli hanno messo le mani addosso in segno di sfida. Il Segretario nazionale di Arcigay è stato minacciato e tutta l’associazione insultata, nella migliore tradizione del fascismo violento. Per quanto riguarda Arcigay ed Arcilesbica non è a questo punto possibile intrattenere alcun rapporto politico con una rete che indipendentemente dalle proprie posizioni politiche, si pone in posizione di scontro violento a priori con l’organizzazione di un Pride nazionale e con le principali associazioni lgbt italiane. Un atteggiamento ingiustificato politicamente e frutto di astio e rancori che dovrebbe essere discusso più appropriatamente in una seduta psichiatrica, non certo fatto oggetto di una battaglia politica pretestuosa e priva di fondamento, portata avanti da personaggi inaffidabili e non credibili.

Per quanto ci riguarda la non violenza è la discriminante per poter appartenere a pieno titolo al movimento lgbt e non intendiamo in alcun modo retrocedere né farci intimidire. Denunciamo, quindi, davanti a tutto il movimento ciò che è realmente accaduto, che per quanto ci riguarda avrà immediate e ferme conseguenze politiche oltre che giuridiche. Tutta la nostra solidarietà va alle persone ed ai volontari fatti oggetto di insulti, minacce, aggressioni verbali e fisiche che hanno lavorato indefessamente per la buona riuscita del Pride e si sono adoperate a che la natura festosa e non violenta del Pride non venisse snaturata.

*Aurelio Mancuso Presidente nazionale Arcigay Francesca Polo Presidente nazionale Arcilesbica*

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Il comunicato di risposta di Facciamo Breccia

*Dissidi politici? Risposta repressiva!*

*Facciamo Breccia esprime la propria indignazione su quanto accaduto sabato scorso a Bologna e  rigetta le insinuazioni calunniose contenute nel comunicato di Mancuso e Polo e in quello del Comitato Pride Bologna. Solidarietà a Graziella Bertozzo*

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L’espressione del dissenso è una normale pratica nella dinamica politica che non c’entra niente con la violenza. L’uso della polizia per la gestione del dissenso interno ad un movimento è la fine della politica, significa scivolare verso lo stato di polizia.

La presenza, non prevista, di alcuni/e attivisti/e di Facciamo Breccia "intrufolatisi" sul palco del pride per aprire uno striscione che, ricordiamo, recitava "28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia" – per rivendicare la storia del movimento lesbico, gay e trans che in quella data aveva ottenuto il Cassero di Porta Saragozza, sede poi "restituita" nel 2001 alla Curia – intendeva con ogni evidenza esprimere dissenso politico utilizzando pratiche di movimento e pacifiche. Lo stesso dissenso che Facciamo Breccia aveva cercato di esprimere nei mesi scorsi avendo difficoltà a riconoscersi in un pride, a nostro avviso, troppo blando e "neutrale", tutto giocato sulla trasversalità politica, senza un chiaro posizionamento antifascista (nonostante l’importante adesione dell’ANPI), arrivando a proporre come uno dei pupazzi che campeggiavano su manifesti e cartoline la stilizzazione di un gay neofascista partecipante al pride.

Alla fine Facciamo Breccia aveva scelto di aderire al pride di sabato 28 giugno esprimendo però, in un documento intitolato "Adesione al Bologna Pride", tutte le proprie perplessità, riserve e contrarietà. L’adesione critica non è stata accettata dal Comitato Bologna Pride che non ha mai spiegato ufficialmente il rifiuto. Inoltre il Comitato Bologna Pride ha scelto di non permettere di intervenire sul palco alle realtà che non avevano formalmente aderito, scelta legittima ma non includente anche a fronte di altri eventi quali il Biella Pride dove il Coordinamento organizzatore ha dato la parola a tutte le soggettività lgbt che lo richiedessero, al di là della posizione di queste sulla piattaforma o sull’adesione. Ugualmente Facciamo Breccia ha partecipato al Bologna Pride, organizzando uno spezzone collegato allo spezzone lesbico e femminista e portando in piazza molte persone, contribuendo così alla riuscita della manifestazione. Durante il corteo abbiamo organizzato un’azione di comunicazione politica che avrebbe dovuto avere il suo epilogo nell’apertura dello striscione sul palco come espressione pacifica di dissenso: avevamo aperto lo stesso striscione davanti al Cassero di Porta Saragozza, per rivendicare la storia del movimento lgbt.

Il Cassero è stato simbolicamente circondato di drappi rosa e arricchito di cartelli di rivendicazione politica, la polizia ha lasciato svolgere l’azione del tutto pacifica che ha riscosso molto riconoscimento dai/dalle partecipanti al corteo che hanno festosamente preso parte in centinaia.

Ma la conclusione del pride per noi è stata inverosimile: l’area del palco (backstage lo chiama il Direttivo Comitato Bologna Pride), cioè l’area interna del palco, delimitata da transenne, era "protetta" da volontari/e insieme a poliziotti, alcuni in divisa, altri (avremmo scoperto in seguito) in borghese, presenza che, se non è stata richiesta dal Comitato Bologna Pride, è stata da questo per lo meno avallata.  Questo in una manifestazione politica non si era mai visto movimenti: la sicurezza interna gestita dalla polizia di stato. E questa è stata la prima causa di quello che Aurelio Mancuso sul palco (evidentemente senza crederci) definiva il terribile "malinteso" che ha fatto fermare e ammanettare Graziella Bertozzo, leader storica del nostro movimento certo (lo rivendichiamo a lettere chiarissime) e riconosciuta come tale da tutte/i (o quasi), ma che non ha assolutamente usato la sua storia per presentarsi nell’area palco: Graziella stava partecipando ad un’azione di comunicazione politica con altri/e compagni e compagne che voleva esprimere il dissenso di cui sopra. Le altre e gli altri "si sono intrufolati/e" tranquillamente mentre Graziella (che non aveva certo chiesto niente a Porpora Marcasciano visto che in quel momento teneva il suo intervento e con la quale in precedenza aveva parlato – essendo compagne di percorso – ma certo non le aveva chiesto il permesso per salire su un palco di cui Porpora non aveva la gestione). Rimane da capire la ragione per la quale solo la persona più rappresentativa di Facciamo Breccia sia stata fermata all’ingresso del palco, mentre le altre venivano lasciate passare. Inoltre Facciamo Breccia non attacca nessuna volontaria ma condanna fortemente il ruolo della polizia sul palco ed il fatto che sia stata chiamata per risolvere un dissidio politico, rifiutando ripetutamente, anche di fronte a esplicita richiesta di attivisti/e di Facciamo Breccia, di evitare il fermo di polizia. Chi ha scelto questa modalità? Chi non ha colto l’occasione offerta da Facciamo Breccia con il comunicato reso pubblico in data 29 giugno di agire tutte/i per evitare di fare di Graziella un capro espiatorio di un conflitto tutto politico, e sta invece cercando di farla finire strumentalmente in tribunale invece di riportare il dibattito sul piano  politico? Il Comitato Bologna Pride, che ha già finito il suo "processo" ascoltando "alcuni diretti interessati, testimoni oculari del fatto". Non certo "la condannata" Graziella Bertozzo… A questo punto la responsabilità è chiara e dichiarata. E’ questa riteniamo che sia il risvolto più vergognoso della vicenda: l’attacco ad una persona, una lesbica, un’attivista in carne ed ossa, cercando di screditarla, diffondendo calunnie, usando contro di lei tutte le armi che la repressione ha sempre usato contro le lesbiche e le donne in generale: l’accusa di isterica violenta. E così è stata consegnata una componente del nostro movimento alla polizia, una lesbica dichiarata in mani a poliziotti che non hanno certo tardato, com’era presumibile, a cercare di piegarla psicologicamente e fisicamente. A Graziella oltretutto è stata tesa una trappola: un uomo in borghese che mai si è qualificato l’ha aggredita, lei ha cercato con le sue forze di non farsi prendere, non sapendo che fosse un pubblico ufficiale, come qualunque donna nelle mani di un uomo che l’aggredisce avrebbe fatto. Quindi non esiste nessuna resistenza a pubblico ufficiale né tanto meno esistono le lesioni visto che il sedicente lesionato è stato visto da decine di testimoni pronti/e a testimoniare sul palco e fuori prendere di peso Graziella e camminare tranquillamente prima e dopo il fermo. Le altre e gli altri di Facciamo Breccia hanno dovuto insistere accoratamente perché il terribile fatto fosse annunciato sul palco e per sapere dove era stata portata, davanti a esponenti del Comitato Bologna Pride e di Arcigay che continuavano a rispondere che se l’avevano fermata (quando loro stessi avevano chiesto il fermo additandola come pericolosa) sicuramente aveva fatto qualcosa di male, con la stessa logica che porta molti a dire che se una donna è stata violentata qualcosa avrà fatto, se lo sarà meritato, se lo sarà cercato.

Facciamo notare che tra le firme del Comitato Bologna Pride manca quella di una delle tre portavoci, Marcella Di Folco, che non ha sottoscritto il documento, oltre, ovviamente, a quelle di tutte le realtà aderenti al Comitato stesso che non fanno parte del Direttivo.

Non abbiamo, invece, niente da aggiungere riguardo al comunicato di *Aurelio Mancuso, Presidente nazionale Arcigay e di Francesca Polo, Presidente nazionale Arcilesbica visto che si tratta solo di un lungo elenco di falsità e diffamazioni, caso mai da dirimere a mezzo querela visto che questo sembra essere il piano scelto dalle due associazioni nazionali. Facciamo Breccia viene screditata perché ha da sempre avuto il coraggio di rendere nota la lotta verso quelle nicchie di privilegio di cui certe associazioni si nutrono e sopravvivono. Accusare Facciamo Breccia di violenza, maschilismo e slealtà  è solo una ridicola baggianata (dimostrata tra l’altro dagli ottimi rapporti istaurati con gli organizzatori e le organizzatrici di tutti gli altri pride), che dovrebbe solo far arrossire chi lo scrive. Semmai ci appelliamo a tutte le socie ed i soci di Arcigay e Arcilesbica  e i loro circoli perché si dissocino da tali infamie. Speriamo invece che queste associazioni dimostrino altrettanta violenza alla prossima aggressione omofoba e fascista di quanta ne hanno dimostrata nel loro comunicato contro Facciamo Breccia, dato che siamo sicure/i che la tradizionale piagnulocosità che dimostrano in tali occasioni non sia utile.*

Noi siamo tutte/i con Graziella insieme a centinaia di donne, uomini, lesbiche, gay, trans,  femministe, attivisti/e e soggettività politiche, oltre che a decine di testimoni oculari come dimostrano le molte mail di solidarietà arrivate a Graziella, e consultabili sul sito www.facciamobreccia.org

Noi abbiamo scelto la politica, le pratiche di movimento e di non abbassarci mai all’uso del paradigma  securitario né tanto meno alla rinuncia della politica e dell’azione in nome dello stato di polizia.

Coordinamento Facciamo Breccia.

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La lettera di Porpora Marcasciano

Carissime e carissimi
Ho tanta voglia di scrivere! Ho proprio voglia di scrivere e senza farmi troppe seghe mentali ho acceso il computer e comincio perché così scrivo di pancia e non di testa…del resto il mio stile è questo! Non vengo da una scuola di partito ma dalla scuola favolosa della vita, da quella che, attraverso percorsi o "transiti" difficili e faticosi, mi ha portato qui dove sono adesso a scrivervi, dove ero sabato 28 Giugno 2008 su un palco del "Nostro Orgoglio": del mio, del vostro, degli organizzatori, delle tante e tanti che favolosamente gioivano per le strade di Bologna! Tante e tanti che sono fuori dalle contorsioni che ci affliggono, che affliggono di calcoli, di strategie,  di piani, di chiacchiere questa nostra triste realtà italiana, quella realtà sempre più lontana dai miei/nostri sogni, da quell’idea di mondo in cui io contino a credere.

Ero lì, che ci crediate o no, a dirlo "favolosamente" senza nessun calcolo e senza nessuna strategia se non quella di festeggiare al meglio il nostro Pride (il nostro, non il mio o quello del MIT o di Arcigay o di Elisa Manici o Marcella Di Folco o Elena Biagini) il NOSTRO … chiaro come concetto? Non ho mai creduto che un Pride sia monopolio di chi lo organizza e mai ci crederò, perché fa parte del mio percorso, della mia pratica, nello spirito di Stonewall! Sono rimasta sul prato (il Bakstage come lo chiamano gli organizzatori), a chiacchierare e divertirmi felice e spensierata con tutt* coloro che li stavano: Francesca Polo, Paola Brandolini, Vanni Piccolo, Beppe Ramina, Daniele Del Pozzo, Valerie, Nicole e tante/i altri. Ribadisco spensierata perché fino a quel momento non avevo nulla di cui preoccuparmi….per farvi capire…non c’era nulla di cui dovevo preoccuparmi se non dell’ emozione che avevo (come tutti gli altri) del dover parlare dal palco.

Ricordo di aver detto a Francesca Polo che sembrava di essere a Woodstock! Forse, se avessi avuto qualche piano diabolico come si tenta di far passare, non avrei pensato di stare a Woodstock bensì  a Genova durante il G8! Ma ero tranquilla, come lo erano tutt* i e le trans che mi avevano raggiunto (nel famoso bakstage) per condividere con me la favolosità (che a voi piaccia o no). Vladimir mi presenta e io salgo sul palco del NOSTRO PRIDE con tanto di tacco a spillo in mano per ricordare quello che Sylvia Rivera (la conoscete vero?!) scagliò contro i poliziotti e che noi tutt* stavamo lì a festeggiare….eppure incredibilmente una nostra compagna proprio li sotto viene arrestata perché qualcuno si è sentito aggredito dalla sua favolosità! Ho visto Graziella li sotto insieme a Massimo Mele (gli unici brecciaroli presenti al varco) esattamente 15 minuti prima che venisse portata via violentemente e non era ubriaca, né fuori di testa….aveva solamente tanta voglia di festeggiare il NOSTRO PRIDE!  Peccato che la sua favolosità è stata scambiata per pericolosità (questo il clima dell’Italia che da i suoi frutti) mentre ricordavo quel 28 Giugno 69, veniva srotolato alle mie spalle uno striscione con su scritto 28 Giugno 1982 indietro non si torna a firma Facciamo Breccia, che ricordava (guarda un po’) la presa del Cassero. Le trans che lo reggevano erano orgogliose per riuscire a dare un contributo e essere visibili in quel favoloso scenario. L’immenso pubblico della piazza ha visto questo e non le contorsioni che ci avete visto voi. Non abbiamo seguito il protocollo e abbiamo rotto il giocattolino proprio a chi, del contenuto di quello striscione, doveva essere orgoglioso!

La vita è proprio strana, paradossale, veramente assurda! E pensare che anche nell’ufficialissimo parlamento è diventata quasi una prassi srotolare striscioni mentre a Bologna tutto ciò diventa un attentato al Pride. E lì sotto Graziella Bertozzo veniva arrestata, senza che in tutto questo ci fosse stata quella regia o premeditazione che parte degli organizzatori ci hanno voluto vedere.  E che cosa abbiamo fatto di tanto grave? E che cosa ha fatto di tanto grave Graziella? Vi prego portatemi davanti la tipa che ha chiamato la polizia per curiosità, perché mi piacerebbe farle alcune domande….la prima delle quali è se aveva scambiato Graziella per Swarzenegher….chissà, forse nell’agitazione della giornata! Ma ce l’avete presente la Bertozzo, lo chiedo a Francesca e lo chiedo a Aurelio! E avrebbe rotto una gamba al poliziotto, aggredito le security girls e magari fatto un doppio salto mortale sostenuta da Massimo Mele!?

In altri tempi, tutto quello che sto dicendo, sarebbe stato impensabile…non il contenuto, ma il fatto stesso di dirlo, il fatto di dirlo ai rappresentanti delle massime associazioni italiane. Ledere la maestà mi sarebbe parso fuori luogo, ma davanti a quello che sta succedendo carissimi Aurelio e carissima Francesca la mia coscienza me lo impone. Lo so che non ci credete o non vi piace crederci, ma dietro a tutto quello che è successo non c’era nessun piano, nessuna premeditazione che neanche lontanamente si avvicina alle strategie di cui parlate. Rilassatevi! I nostri nemici sono altri! Lo abbiamo dimostrato tante volte, in quelle che voi definite pratiche violente e maschiliste (grazie Aurelio Mancuso, grazie Francesca Polo, grazie organizzatori lo abbiamo fatto anche per voi), fino ad ora nei nostri appening non ho mai visto una rissa come purtroppo si assiste spesso nelle serate del Cassero (quel posto che occupammo il 28 Giugno 1969 come scritto sullo striscione), dove chiamare la polizia sembra sia diventata una pratica usuale (dovreste rispondere anche di questo no! E ve lo chiede una che quel posto ha contribuito a prenderlo).

Per rinfrescarvi la memoria vorrei elencarvi qualcuna, e non tutte, delle pratiche maschiliste e violente di Facciamo Breccia (spesso insieme anche a compagne di Arcilesbica) durante le quali di solito ci prendiamo fermi e denunce: sit in di tre mesi contro Don Benzi alle ore 6 del mattino al Sant’Orsola, Sit-in davanti alla cattedrale di Bologna il 17 Maggio 2007, sit in con aggressione da parte dei fasci davanti alla chiesa dell’opus Dei nel giorno della santificazione dei martiri franchisti, orgoglioso antifascismo a Catania per rispondere a Forza Nuova che aveva bloccato il Pride….continuo? Sit in davanti al congresso sulla famiglia organizzata dalla Bindi, i vari Non Vat (osteggiati e offuscati chissà da chi). Sentirsi dire fascista e maschilista non ci stò….il mio orgoglio FROCIO si ribella.

Ritornando al nostro orgoglio, quello del 28 Giugno 2008 quello che è successo è veramente incredibile…alla festa della nostra liberazione viene fatta arrestare una compagna che ha speso la sua vita per quella liberazione. Di questo dovete rispondere e non delle tante bugie che avete inventato per trovare una scusante al suo arresto. Mi dispiace dire queste cose ma dopo aver letto i vostri comunicati diffamanti, come trans, come gay, come libertaria, come orgogliosa e soprattutto favolosa vi chiedo di ripensarci. E di tutto questo sicuramente ne riparleremo perché fa parte della nostra storia…. come dire: i nodi vengono al pettine!

Nello Spirito di Stonewall
Porpora Marcasciano