L’obiettivo del workshop che abbiamo proposto era interrogarsi collettivamente sul proprio corpo come simbolo, veicolo di contenuti, strumento di lotta e autodeterminazione.
Siamo partite dalle “Slut Walk” che, da Toronto (3 aprile 2011), sono diventate un fenomeno internazionale.
Ci siamo chieste quale sarebbe stata la Slut Walk che avremmo voluto costruire e ci siamo dette che il punto non era se e come sfoggiare i requisiti della “femminilità” , visto che la libertà di camminare svestite può non rappresentare per tutte la libertà tout court.
Il nodo gordiano ci è sembrato piuttosto ciò che ci impongono a livello di vestiario e comportamenti (educati, remissivi…), cosa introiettiamo senza averne coscienza, cosa ci frustra perché vorremmo fare diversamente ma alla fine per quieto vivere, abitudine, paura, vergogna non facciamo.
Abbiamo pensato ad un laboratorio pratico-teorico per elaborare insieme ad altre queste tematiche e provare a liberarci, forti di una collettività che aspira all’autodeterminazione e lo fa attraverso il conflitto, delle inibizioni che non vorremmo avere.
Abbiamo scelto il nome di “my” slut walk per sottolineare la non conformità a nessuno stereotipo. I vari momenti del laboratorio volevano essere tappe di un percorso che, dal riconoscimento dei giudizi che subiamo fino ad assimilarli, terminava con la consapevolezza e rivendicazione dei propri desideri e bisogni. Nella “passeggiata” in giro per Livorno avremmo cercato di sperimentare una pratica di liberazione individuale attraverso la potenza collettiva.
I giorno
Abbiamo fissato un tetto di 30 persone per rendere possibile e gestibile il ws, ci scusiamo con chi è rimasta fuori!
Abbiamo iniziato con un gioco di conoscenza, abbiamo letto un racconto e fatto “un giro” di impressioni. (Racconti erotici per ragazze sole o male accompagnate di Slavina, Giulio Perrone Editore,2012) E’venuto fuori un mix di costatazioni , auto narrazioni e smadonnamenti. Questo momento ha preso più del tempo previsto, ma ne è valsa la pena.
Abbiamo fatto un gioco sui desideri, la loro frustrazione e l’auto inibizione. (Lettura di uno stralcio in Fuori dal Sistema- le parole della protesta di Vittorio Giacopini, Minimum Fax, 2004)
Il workshop prevedeva a questo punto una parte costruttiva che abbiamo deciso di rimandare al giorno dopo. Abbiamo, quindi, avviato una discussione sull’eventualità di un’uscita collettiva.
II giorno
Dopo un confronto con le Stregatte abbiamo deciso di non uscire, ma di porre la questione delle pratiche come problema politico nella plenaria.
Il ws si è trasformato in un’assemblea in cui, a partire dalla cronaca di un’uscita mancata, ci siamo confrontate sulle possibilità di espressione femminista nella sfera pubblica (a prescindere dalla politica istituzionale, chiaramente, maledette black block!).
E’ emersa la voglia di fare una Slut Walk ,non necessariamente con questo nome, nazionale o locale con parole d’ordine comuni. Le “Vengo Prima” hanno proposto all’assemblea un esercizio pratico: provare ad immaginare una prima “slut” a Venezia, anche considerando le vicende regionali relative alla 194. Purtroppo la suggestione non è stata accolta (maledetta domenica mattina!) e ce ne rammarichiamo, anche visto il ruolo del tribunale di Venezia nella legittimazione dell’infamità che chiamano Pas, con le conseguenze che seguono.
Plenaria
Il report di femminismo a sud ci sembra esauriente, quindi:
Conclusioni:
Grazie al Fbc e all’ex caserma, ci siamo divertite assai!
Non aver portato a termine il workshop che avevamo immaginato ci è dispiaciuto, la decisione di non proseguire è stata dettata dalla volontà di non sovradeterminare le compagne di Livorno e non metterle in condizione di rispondere delle nostre azioni senza condividerle.
La discussione sulle dinamiche territoriali non ci ha convinte del tutto. Riconosciamo che fare politica a Roma è diverso dal farlo in altri contesti, ma quello che vogliamo scardinare sono i meccanismi che ci condizionano/opprimono, e quelli sono gli stessi ovunque. Cambiano le modalità per combatterli, ma accettare che debbano rispettare o collimare con l’humus che li determina ci sembra una negazione di quello che ci proponevamo.
Per dirla in modo esemplificativo, pensavamo di leggere, prima di uscire, Carla Lonzi: “noi cerchiamo l’autenticità del gesto di rivolta e non lo sacrificheremo né all’organizzazione né al proselitismo.” Non vogliamo dimostrare niente con una frase tirata fuori ad hoc dalla cassetta degli attrezzi del femminismo, ma solo raccontare che la costatazione di non poterla leggere ci ha provocato sentimenti contrastanti.
Critica e confronto sono imprescindibili in politica (oltre al disturbo della quiete pubblica), speriamo che anche questa vicenda contribuisca alle nostre riflessioni.
Love!
p.s. i commenti senza sapere stanno nelle cose, ma a margine suggeriamo di non apporre etichette stereotipizzanti prese da carta stampata e tv per definire chi non si conosce. Niente contro le black block ma semplicemente non abbiamo mai rivendicato di esserlo. Accettiamo un’identità definita solo se ci autorappresentiamo così.
p.p.s. a bigliardino? Quanno ve pare!